Commento al Vangelo – III Domenica del T.O. C 2013 (Lc 1,1-4;4,14-21)
La predicazione di Gesù in Galilea
San Luca premette al racconto del
Vangelo un breve prologo che ne è come l’introduzione. Comincia ad indicare
perché scrive e da quali criteri è guidato nel suo lavoro: molti, ascoltando la
predicazione degli apostoli, avevano preso appunti per conservarne la memoria,
ed avevano disteso dei racconti più o meno particolareggiati dei fatti della
vita di Gesù Cristo, secondo le testimonianze oculari di quelli che vi avevano
assistito e avevano poi avuto il mandato di predicarli. Questi appunti e questi
racconti, però, riguardavano la vita pubblica del Redentore, e non erano
scritti con un disegno particolare, diremmo con un disegno storico; erano
episodi staccati che ad uno, ignaro dei fatti, non potevano dare un quadro
chiaro dei grandi avvenimenti.
Il
santo evangelista, forse spintovi dalle insistenti domande di un suo illustre e
carissimo amico convertito alla fede, Teofilo, si accinse a fare indagini
accurate sui fatti fin dal loro principio, affinché egli e i pagani convertiti
alla fede avessero potuto avere un racconto sicuro, attinto direttamente alle
sue fonti storiche, ordinato e particolareggiato, in modo da confermare, nei
loro cuori, la fede ricevuta attraverso la predicazione apostolica. È evidente
che lo Spirito Santo lo spinse principalmente a scrivere, e che utilizzò le
circostanze umane per determinarlo al lavoro.
L’azione
di Dio non esclude mai la nostra cooperazione; anzi, in certi casi sembra quasi
che Dio ne tenga conto con amoroso rispetto. L’autore ispirato mette il suo
lavoro, e, lavorando, diventa così lo strumento libero e attivo nelle mani del
Signore. Il lavoro e la cooperazione umana sono guidati certamente dallo
Spirito del Signore, e sono facilitati dalla sua grazia, di modo che l’autore
ispirato è come condotto soavemente nelle sue indagini, ed è poi illuminato in
pieno dalla divina ispirazione nel compiere il lavoro voluto da Dio.
Il
prologo del Vangelo di san Luca non è indifferente per noi, perché è una
testimonianza precisa del valore della tradizione della Chiesa. Quelle parole: come
ci hanno tramandato coloro che videro di persona e furono ministri della Parola, sono perentorie contro
quelli che negano la Tradizione, poiché è evidente che il Vangelo ci è venuto
proprio attraverso la Tradizione e la parola viva. Questa tradizione non può
essere affidata a chiunque, ma a quelli che la custodiscono in nome di Dio, e
quindi alla Chiesa cattolica e a quelli che la reggono per mandato dello
Spirito Santo. Molti possono conoscere le tradizioni della Chiesa, come molti
si erano sforzati di stendere il racconto dei fatti evangelici; ma chi ha
l’autorità da Dio può determinare l’autenticità e la verità. Una tradizione
abbandonata al capriccio individuale non potrebbe essere fonte di luce e di
verità né potrebbe dare la certezza delle cose che insegna.
San
Luca spinse le sue ricerche storiche fin dall’origine dei fatti, e trattò
certamente non solo con gli apostoli, ma con la beatissima Vergine Maria. Il
sapore orientale dei cantici che egli riporta e il loro carattere psicologico,
così proporzionato a Maria, a san Zaccaria e al santo vecchio Simeone, come
vedremo, mostra chiaramente che egli li attinse dalle labbra medesime della
Vergine purissima, e che non ne mutò parola, abituato com’era alla precisione
scientifica per la sua stessa professione medica. La sua memoria era addestrata
a sentir raccontare dagl’infermi le storie cliniche dei loro malanni e a
ritenerle con esattezza, per poi studiarne il rimedio.
Gesù
Cristo, dopo aver vinto la tentazione di satana,
cominciò il suo ministero nella Giudea, come dice san Giovanni (2, 3 e 4), e vi
fece parecchi prodigi, dei quali furono testimoni alcuni Galilei. Poi, spinto
dallo Spirito Santo, andò in Galilea, dove già si era sparsa la fama dei suoi
miracoli e della sua Parola, di modo che cominciò intorno a Lui un concorso
grande di popolo che lo seguiva per ascoltarlo nelle sinagoghe dov’Egli
insegnava, e lo acclamava. L’acclamazione del popolo ci fa intendere che
la divina Parola penetrava il cuore di tutti con fascino straordinario.
Percorrendo
le città della Galilea, Gesù andò anche a Nazaret, dov’era stato allevato e che
amava come sua patria, e si recò nella sinagoga di sabato per leggervi la Scrittura e insegnare.
Era uso, infatti, nei sabati, leggere nelle sinagoghe qualche tratto della
Legge o dei Profeti, per poi spiegarlo al popolo. Quando era presente,
nell’adunanza, una persona autorevole le si dava l’incarico di leggere, e le si
consegnava il libro, cioè il rotolo di pergamena avvolto intorno ad un asse di
legno, sul quale era scritta, da un lato solo, la Parola di Dio, affinché
avesse scelto il testo. Chi leggeva rimaneva in piedi per rispetto, e dopo,
ripiegato il rotolo, cominciava il suo discorso.
Nella
sinagoga di Nazaret fu consegnato a Gesù il libro del profeta Isaia, ed Egli,
spiegatolo, vi trovò quel passo che si riferiva proprio alla missione che stava
compiendo. Il profeta parlava in nome del Messia futuro, dicendo: Lo Spirito
del Signore è sopra di me, perciò mi ha unto per evangelizzare i poveri, mi ha
mandato a sanare i contriti di cuore, ad annunciare agli schiavi la
liberazione, a dare ai ciechi la vista, a rimettere in libertà gli oppressi, a
predicare l’anno accettevole del Signore e il giorno della retribuzione.
Era
il programma dell’opera sua fino alla consumazione dei secoli; era la sintesi
della sua missione spirituale e delle opere mirabili che l’avrebbero
accompagnata. Egli, unto dallo Spirito Santo, doveva annunciare la verità
eterna ai poveri, cioè al popolo, ai peccatori e agl’ignoranti, tutti
poveri di luce e di grazia soprannaturale; doveva sanare i contriti di cuore, cioè gli afflitti, i
pusillanimi, e quelli che, essendo avviliti nei peccati, desideravano risorgere;
redimendo gli uomini, Egli avrebbe annunciato la liberazione ad essi, e alle
anime che erano nel Limbo in attesa della salvezza.
Con
la parola della verità avrebbe dato la vista ai ciechi, con la propagazione del
Vangelo per tutta la terra avrebbe ridonato la libertà agli oppressi,
riempiendo di gioia i cuori per la grazia di Dio; con la diffusione delle
divine misericordie avrebbe predicato l’anno accettevole, cioè il tempo di grandi
grazie per le anime, e infine avrebbe annunciato il giorno della retribuzione, cioè il Giudizio finale.
Nelle
parole di Isaia c’era l’annuncio profetico dell’opera del Redentore e dello
sviluppo di questa immensa misericordia per i secoli futuri, sino al termine
dei secoli. Egli avrebbe anche beneficato il popolo, e avrebbe realmente
consolato gli afflitti, guarito gl’infermi, dato la vista ai ciechi, ecc.; ma
questi benefici erano figura di benefici più grandi che avrebbe diffusi per la
sua Chiesa nei secoli.
Sette
grandi annunci che possono considerarsi come profezia dei sette periodi della
storia della Chiesa:
1°
l’evangelizzazione dei poveri;
2°
il rinnovamento della società umana, avvilita dal paganesimo mediante il
sacrificio dei martiri, i grandi contriti dall’iniquità umana;
3°
il trionfo della Chiesa, prima ridotta in servitù sanguinosa dai Cesari;
4°
l’illuminazione della verità a tutto il mondo, per mezzo dei dottori della
Chiesa;
5°
la liberazione dalle nuove persecuzioni, nel periodo dell’apostasia delle
nazioni, ed il trionfo della Chiesa oppressa dalle tirannidi;
6°
l’anno accettevole, cioè
un periodo di grandi grazie, e un trionfo grande della Chiesa nel regno di Dio;
7°
infine, l’ultima prevaricazione e il Giudizio finale.
Gesù
Cristo, ripiegato il rotolo, lo rese al ministro della sinagoga, e si pose a
sedere.
Splendeva dal suo volto la verità, perché guardava a tutto il
tempo futuro, e perciò tutti gli occhi erano fissi in Lui, attratti dal suo
fulgore. Il suo aspetto conquideva, e la sua Parola era affascinante, e perciò
tutti lo guardavano, per non perdere una parola di ciò che stava per dire.
Egli, guardandoli per raccoglierli nel suo Cuore, esclamò: Oggi le vostre
orecchie hanno udito l’adempimento di questo passo della Scrittura
Padre Dolindo Ruotolo