Commento
al Vangelo della XXIV Domenica TO 2017 A
(Mt
18,21-35)
Il
valore del perdono agli occhi di Dio
San Pietro, come capo già
eletto della Chiesa, e come colui al quale dovevano far capo le cause
dei fedeli, accostatosi a Gesù gli domandò fino a quante volte
dovesse perdonare un peccato, e subito, credendo di proporre un
limite di generosità, domandò se doveva farlo fino a sette volte.
Ma Gesù gli disse: Fino
a settanta volte sette,
cioè quasi senza
confini, perché la misericordia usata verso i peccatori attrae la
misericordia di Dio verso la Chiesa e i suoi membri, avendo tutti dei
debiti più o meno gravi, innanzi al cospetto divino.
La
parabola del debitore dei diecimila talenti
Per confermare questa verità,
Gesù raccontò la bella parabola del debitore dei diecimila talenti
e di quello di cento denari. Diecimila talenti, se computati col
talento antico d’argento, usato in Palestina ai tempi di Gesù,
equivalevano a circa 55 milioni, se computati col talento ebraico,
equivalevano al doppio.
Il servo infedele, dunque, era
debitore di una somma enorme, impagabile nonostante ogni suo sforzo.
Simbolo bello questo del peccato diretto contro Dio che non può
soddisfarsi senza una misericordia infinita. Cento denari
equivalevano a circa 86 lire, e stabiliscono nella parabola la
proporzione dell’offesa fatta a noi in confronto di quella fatta a
Dio.
Se il Signore è tanto
misericordioso con noi da perdonarci con un semplice atto di
supplicante penitenza, anche noi dobbiamo essere misericordiosi verso
chi è debitore verso la società, verso la Chiesa, o verso di noi di
offese, o di danni.
Gesù condanna assolutamente la
spietatezza verso i poveri peccatori, anche se questa spietatezza
sembrasse giustificata dalla necessità di conservare l’ordine. La
spietatezza non produce alcun bene: soffoca, opprime, toglie la
libertà di rinsavire, inasprisce, ottenebra.
Bisogna dunque compatire e
perdonare, poiché questo è l’esempio che ci dà Dio, e questo è
il retaggio che Gesù Cristo ha lasciato alla sua Chiesa, perdonando
sulla croce anche ai suoi crocifissori. Dobbiamo avere, sì, orrore
del peccato; riproviamolo, condanniamolo, ma abbiamo misericordia per
il peccatore, pensando che anche Dio ci ha usato tante misericordie,
molto maggiori di ogni nostra valutazione. Certe
forme di zelo spietato non piacciono a Dio, e praticamente non
giovano a nulla, poiché la durezza inasprisce e incancrenisce le
piaghe. Se invece di essere spietati si pregasse per i poveri
traviati, quanti frutti di penitenza si raccoglierebbero nella
Chiesa!
Don Dolindo Ruotolo
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