Commento al Vangelo della XX Domenica TO 2012 B (Gv 6,51-58) -
San Giovanni Eudes
Il nostro atteggiamento innanzi al dono di Gesù
La promessa di Gesù Cristo per noi è una realtà, poiché lo abbiamo vivo e vero con noi. Il fuoco sacro del tempio che non si estingueva mai era una pallida figura di questa fiamma divina d’amore e di carità che si accese nell’Ultima Cena e non si è spenta mai più. Il pensiero d’avere Gesù con noi dovrebbe farci mutare in angeli adoranti, e dovrebbe rende-re i sacerdoti serafini d’amore.
Invece, ahimè, è ancora notte nel nostro spirito, e dobbiamo fare quasi uno sforzo per non rinnegare il dono mirabile. Siamo come ciechi assiderati che stanno nei raggi del sole e non lo vedono, stanno esposti al suo calore e finché dura il gelo non se ne accorgono.
Da che deriva questa nostra insensibilità?
Seguiamo di nuovo il discorso di Gesù per scoprirne la causa, per-ché è di suprema importanza, per noi, porre un termine alla nostra ingratitudine.
Alla turba che lo cercava Gesù disse: Voi mi cercate perché avete mangiato i pani e ve ne siete saziati. Procuratevi non quel cibo che pas-sa, ma quello che dura sino alla vita eterna. Noi cerchiamo tanto spesso Gesù per cercare il pane materiale, per ottenere grazie temporali, per avere un conforto, e non intendiamo che l’Eucaristia è un cibo ordinato alla vita eterna.
Dobbiamo dunque andare da Gesù per vivere soprannaturalmente in Lui e per Lui, per unirci a Lui, trasvolare la terra e andare verso il Cielo. Questo ci scopre i veli che nascondono il dono di Dio. I pensieri della ter-ra ce lo nascondono, e quando non lo vediamo più possiamo dire con certezza che l’anima non è ancora orientata all’eternità.
È questa la ragione per la quale gli uomini specialmente, assillati dal-la ricerca del pane materiale, ne vivono tanto lontani, quasi che fossero estranei alla mensa dell’amore.
Quello che fu la manna per gli Ebrei è l’Eucaristia per noi: sostenta la vita dell’esilio, e ci fa giungere alla meta. La nostra vita senza la comunione quotidiana è un deserto senza manna, è una vita da affamati e da assetati.
Questa è l’opera di Dio – disse Gesù –, che voi crediate in Colui che Egli ha mandato. Bisogna credere veramente in Gesù Sacramentato, e rinnovare questa fede in Lui, ripetendogli spesso: Io credo in te vivo e vero in quest’Ostia d’amore, credo e t’adoro. È il Padre che ci attrae a Gesù, e Gesù ci accoglie per compiere la volontà del Padre; noi, dunque, andiamo a Dio compiendo la sua volontà nelle tribolazioni dell’esilio. Cerchiamo la sua gloria e il suo amore, ed Egli ci attrarrà a Gesù.
Gesù Cristo è il pane della vita, Egli alimenta e sostenta chi è vivo alla grazia, e impedisce che possa cadere nella morte. Il mondo è morto alla grazia perché è lontano da Gesù Eucaristia, e ne è lontano perché è morto; non vive che di carne, e l’impurità è ostacolo terribile all’intimità quotidiana con Gesù. È necessario purificarsi, e cercare non la soddisfa-zione di un momento, ma le gioie celesti.
Siamo esiliati, e tutto quello che possiamo raccogliere quaggiù non ci appartiene, è provvisorio, passa. Abbiamo solo un tesoro vero che ci appartiene, e che è come gemma venutaci dall’alto: il pane vivo disceso dal cielo. Questo è nostro, e questo ci alimenterà in eterno, svelandoci le meraviglie di Dio.
Ora, come potremo essere così stolti da attaccarci a quello che passa e non è nostro, e stare lontani dall’unica vera ricchezza che abbiamo nell’esilio? Quante volte insiste Gesù nel suo discorso che il suo Corpo e il suo Sangue ci donano la vita! Ora come possiamo noi rifiutarla, cercan-do la morte nelle misere cose della terra o, peggio, nel peccato? Quanti si ritirano da Gesù come i discepoli infedeli, perché sembra loro duro il rinunciare alla carne e al peccato! Che cosa terribile e spaventosa: rinunciare alla carne divina che dà la vita eterna, per non rinunciare alla carne del peccato che produce l’infelicità e la morte eterna! Dove compariranno quegli uomini che sono stati e sono lontani da Gesù, e che rifiutano l’unica vera e sublime felicità della vita, per non rifiutare i ceppi dell’infelicità?
È davvero impazzita l’umanità che affolla i ritrovi dove si perde la vita, e lascia deserto il tabernacolo dove la si trova e la si gode! Se si ac-quista familiarità con Gesù, e si orienta a Lui tutta l’anima, senza riserve, oh quanto è dolce conversare con Lui cuore a Cuore, nel placido silenzio che avvolge il tabernacolo!
Tu ci hai privilegiati, o Gesù, in una maniera mirabile; Tu sei con noi vivo e vero, Tu supplisci la nostra vita interiore, Tu sei nel tabernacolo rifulgente d’amore, e noi ti dimentichiamo, e tante volte riguardiamo come segreto di normale tranquillità stare lontano da te, o l’accomunarsi alle abitudini di quelli che non ti amano, o ti amano poco! Aprici gli occhi, non permettere più che siamo ingrati, castigaci se occorre, ma tienici fedeli all’amor tuo per sempre.
Padre Dolindo Ruotolo
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