Commento al Vangelo
– XXXIII Domenica del T.O. B 2012 (Mc
13,24-32)
I segni delle grandi tribolazioni
La fine dei tempi sarà caratterizzata da tribolazioni
sociali che imporranno di fuggire precipitosamente; le guerre che si
succederanno saranno guerre di sterminio e, per mettersi in salvo, occorrerà
fuggire senza indugio in luoghi deserti.
Questo, oggi
si capisce bene, quando si pensa alle incursioni degli aeroplani, alle bombe
incendiare o asfissianti, e alla guerra cosiddetta batteriologica, fatta con la
diffusione di microbi pestilenziali. Vi saranno, inoltre, mestatori di popoli,
falsi profeti di nuove ideologie che cercheranno di indurre all’apostasia
tutti, anche i più fedeli cristiani. Di questi falsificatori della vita noi
vediamo già come le avanguardie, nei pretesi creatori di nuovi ordini sociali.
Negli ultimi tempi, questi scellerati si moltiplicheranno e culmineranno
nell’anticristo, il più perfido e il più astuto di tutti.
L’ultima parte
del discorso di Gesù riguarda solo la distruzione del mondo mediante lo
sconvolgimento di tutte le forze della creazione: il sole si oscurerà, forse
perché comincerà a raffreddarsi; la luna non darà la sua luce perché non
la riceverà dal sole e avrà solo riflessi e bagliori di sangue; cadranno le
stelle dal cielo, cioè si sconvolgeranno, e faranno cadere bolidi
infiammati sulla terra, consumandola col fuoco. Allora avverrà la risurrezione
dei morti, verrà dal Cielo il Redentore con grande potenza e gloria per giudicare
tutti gli uomini e, con l’ultima sentenza di benedizione o di condanna eterna,
terminerà la scena di questo mondo.
Gli apostoli
avevano domandato a Gesù quando sarebbero avvenute la distruzione del tempio e
la fine del mondo; ma il Redentore, a questa domanda, non rispose, dicendo che
il giorno e l’ora di quelle catastrofi erano noti solo al Padre. È evidente che
Egli, come Dio, lo sapeva, essendo una sola cosa col Padre, ma come uomo poteva
dire d’ignorarlo, perché il computo del tempo della giustizia finale non sta
nelle possibilità umane, dipendendo dall’intreccio di tutte le responsabilità
occulte dell’umana coscienza e dell’umana libertà. Solo Dio che guarda
dall’alto, e al quale tutto è manifesto, può valutare quando le iniquità umane
raggiungono l’estremo limite, e fanno traboccare il peso della giustizia.
La libertà
umana, infatti, può influire sugli eventi della storia e può affrettarli o
ritardarli; una sola azione buona può arrestare un castigo, e una sola iniquità
può darvi l’ultima spinta; ciò che succederebbe in quest’anno può essere
trasportato in un altro o in tempi lontani per l’intreccio di un’azione libera
che interferisce gli eventi.
Ora, se si
tiene presente il numero stragrande degli uomini dal principio del mondo ad
oggi, e gl’innumerevoli intrecci della loro azione, delle loro responsabilità,
e dei loro meriti, se si pensa al coordinamento di queste azioni con tutto
l’ordine morale e fisico dell’universo, si capisce che il calcolo del giorno e
dell’ora di avvenimenti definitivi nella storia di un popolo o in quella del
mondo può farlo solo Dio.
I segni
prossimi o remoti della fine del mondo in particolare, possono distare anche
secoli dall’evento, quando qualche anima privilegiata, controbilancia con
azioni sante il tracollo della giustizia.
È uno dei
tratti delicati della divina provvidenza.
Così si spiega
come, in tante epoche della storia, si è creduto di veder i segni della fine
del mondo, senza che nulla sia avvenuto dopo. È impressionante che, fin dai
tempi di san Gregorio Magno, si parlasse della fine del mondo come di evento
vicino, ed è impressionante che lo stesso santo ne parlasse con convinzione;
non è improbabile che allora gli eventi realmente precipitassero, e che le
preghiere della Chiesa l’abbiano ritardato. Non è cosa che può sembrare strana,
ma è cosa che deve farci essere pensosi, considerando che noi abbiamo sul capo
questa spada di Damocle.
Gesù Cristo ci
esorta ad essere attenti, a vigilare e a pregare perché questo interessa
all’anima nostra. Gli eventi li regola il Signore, e conoscerli anticipatamente
con certezza potrebbe anche essere per la nostra malizia un pretesto o
un’occasione di maggiore spensieratezza. L’incertezza angosciosa che in ogni
secolo può determinarsi sull’imminenza della fine può spingerci più facilmente
a pensare ai beni eterni, e a distaccare l’anima da tutto quello che è vana
illusione della vita del mondo.
Chi può
convergersi, fino a dimenticare l’anima nelle stesse discipline della vita
presente che appaino ideali? Arte, scienze, lettere, dominio, monumenti
grandiosi che cosa sono di fronte all’eternità?
Vale la pena
affannarsi tanto nelle cose della vita, quando si sa che esse periscono?
Dobbiamo, sì, compiere la missione che Dio ci ha assegnata, dobbiamo operare
per la sua gloria, ma non possiamo farci assorbire talmente dalle idealità
terrene da trascurare quelle eterne.
Chi
potrebbe essere così stolto da consumarsi per fare un’opera d’arte con una
materia che si disfa? Le opere dello spirito rimangono in eterno; quelle della
materia periscono, e quelle del tempo fugace sono vanità; dobbiamo, dunque,
nell’operare, tener presente la fine di tutto, per fissare il nostro pensiero
al Fine ultimo della nostra vita. Padre Dolindo Ruotolo
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