Commento
al Vangelo – I Domenica di Avvento C
2012 (Lc 21,25-28.34-36)
La fine del mondo
Egli aveva detto che Gerusalemme sarebbe
stata calpestata dai pagani, fino al compimento del loro tempo, cioè fino a che anch’essi
avrebbero avuto il castigo delle loro iniquità; e, siccome questo avverrà alla
fine del mondo, accennò subito ai segni caratteristici e specifici che
l’avrebbero annunciata. Oltre ad una nuova e più spaventosa conflagrazione
delle nazioni, infatti, che desolerà la terra, vi saranno dei segni nel sole, nella luna e nelle stelle cioè,
com’è detto in san Matteo (24,29) e in san Marco (13,24), il sole si oscurerà,
e conseguentemente la luna apparirà rossa di sangue, e l’universo sarà scosso e
perturbato. Sulla terra vi saranno violentissimi terremoti, aeromoti, e
maremoti, e i popoli ne saranno costernati, non sapendo quello che potrà
accadere in mezzo allo sconvolgimento delle potenze dei cieli.
Nello sconquasso
spaventoso di tutte le forze della creazione la terra sarà distrutta e periranno
tutte le opere che l’uomo vi compì, staccandosi da Dio e inorgogliendosi
miseramente. Comparirà allora Gesù Cristo su di una nube del cielo, cioè
in un nembo di gloria, con grande potenza e maestà e verrà a giudicare tutti
gli uomini, per dare a ciascuno quello che avrà meritato.
Dopo il terribile annuncio della distruzione di Gerusalemme e
della fine del mondo Gesù Cristo si rivolge ai suoi uditori e agli uomini tutti
del mondo, per indicare loro quale dev’essere l’atteggiamento che devono avere
nelle grandi tribolazioni delle quali saranno testimoni. Il primo atto da
compiere sarà quello di elevare gli occhi al cielo e confidare in Dio,
aspettandosi le sue misericordie spirituali: Mirate in alto e alzate le
vostre teste perché si avvicina la vostra redenzione. Ogni
castigo ha un fine di misericordia nelle vie di Dio e il castigo finale
preluderà al regno del Signore e al trionfo pieno della Chiesa; dunque, quando
incominceranno a verificarsi le parole divine di Gesù, l’anima deve confortarsi
e sperare nel regno di Dio.
Questa dev’essere la nostra vita nei momenti delle grandi
tribolazioni che incombono già sulla terra e che incomberanno alla fine del
mondo: dobbiamo levare lo sguardo a Dio, sospirando al suo regno; dobbiamo
zelare la gloria del Signore e il bene delle anime e, senza farsi trascinare
dai sensi, dobbiamo mortificarci e pregare. Non si può rimanere indifferenti
quando Dio chiama, e se in ogni tempo – come disse Gesù –,
è necessario pregare, nel tempo della tribolazione è necessario farlo senza intermissione
per il proprio bene e per quello degli altri.
Gesù disse di vigilare,
pregando di essere fatti degni di schivare tutte le cose terribili che dovranno
avvenire; dunque,
certe tribolazioni possono evitarsi o per lo meno attenuarsi con la preghiera.
Se nei momenti di
sconvolgimenti le nazioni pensassero a promuovere la preghiera pubblica, quanto
gioverebbero di più ai popoli anziché con le loro preveggenze materiali, i loro
armamenti e la loro tirannica disciplina!
E se le anime
consacrate a Dio pensassero specialmente alla loro responsabilità innanzi al
popolo, con quanta cura baderebbero a conservarsi sante, mortificate, e in
continua preghiera!
Non
si provvede al bene comune con le chiacchiere, ma levando le mani supplichevoli
a Dio e implorando la sua misericordia.Commento
al Vangelo – I Domenica di Avvento C
2012 (Lc 21,25-28.34-36)
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