Commento al Vangelo – IV Domenica di Avvento 2013 (Mt 1,18-24)
La nascita di Gesù Cristo
La
Vergine Santissima fu sposata a san Giuseppe per obbedienza, perché, come si
usava presso gli Ebrei, il matrimonio veniva trattato dai genitori o dai parenti
più prossimi della fanciulla, a volte senza che ella lo sapesse.
Giunta
all’età da marito che era quasi sempre al dodicesimo anno, veniva promessa al
giovane che ne faceva richiesta, e celebrava gli sponsali, prendendo impegno
con giuramento, ella e lo sposo, di contrarre le nozze.
Il
periodo degli sponsali durava un anno per le vergini e un mese per le vedove e,
in questo tempo, benché dimorassero ognuno a casa propria, i promessi sposi si
riguardavano legittimamente coniugati, e un figlio che fosse stato generato in
questo periodo era riguardato come legittimo anche legalmente. Nel tempo degli
sponsali, gli sposi corrispondevano fra loro per un intermediario di fiducia
che era chiamato amico dello sposo. Dopo un anno si celebravano le nozze,
e la sposa veniva accompagnata solennemente in casa del marito. Maria
Santissima era stata sposata a san Giuseppe, giovane di circa ventisei anni,
modello di virtù che il Vangelo caratterizza con una sola parola chiamandolo giusto, ossia santo. Probabilmente
fu san Zaccaria che trattò il suo matrimonio sia perché sacerdote e sia perché
i genitori della Vergine Santissima dovevano essere già morti.
Sposata,
non era stata ancora accompagnata a casa dello sposo. Ella aveva promesso a Dio
con voto di conservarsi vergine, e aveva consentito alle nozze per obbedienza,
confidando che il Signore l’avrebbe custodita, e confidando anche nella virtù
dello sposo che doveva esserle nota, essendo egli suo cugino.
Raccolta
nella preghiera, umiliata profondamente innanzi a Dio, aspettava che la
Provvidenza avesse pensato alla sua situazione. È evidente che non manifestò a
nessuno, e neppure a san Giuseppe il voto che aveva fatto, ma aveva la certezza
che il Signore sarebbe intervenuto con uno dei suoi tratti di misericordia, per
liberarla dalle sue angustie. Fu in questo periodo di attesa e di preghiera che
si trovò incinta del Verbo eterno per opera dello Spirito Santo.
San Matteo non racconta i precedenti di questa
concezione miracolosa: presenta il fiore verginale già fecondo senza opera
umana, intatto e purissimo, e dice solo che Maria fu trovata feconda senza che
convenissero insieme Ella e san Giuseppe, per mostrare che si era verificata la
profezia di Isaia sul parto verginale della Madre del Redentore.
San
Giuseppe si accorse di questo per le mutate condizioni dell’aspetto di Maria;
forse fu attratto a considerarla perché sentì da Lei una santità arcana; egli
non poté pensare male di una Vergine che conosceva illibata, ma non osò contravvenire
alla Legge che comandava di rimandare col libello del ripudio la consorte che
fosse venuta meno alla fedeltà. Ciò che si manifestava in Maria, la quale stava
già al quarto mese dalla concezione del Verbo, era umanamente inspiegabile, e legalmente
poteva solo apparire come una trasgressione.
Fu
un momento terribile di angustia nel quale il santo dovette pregare ardentemente.
La Vergine Santissima, dal canto suo, non osò rivelargli il mistero avverato in
Lei, e si rimise al Signore, sembrandole che poteva essere incredibile senza
una luce speciale di Dio. Il Signore intervenne e, attraverso il ministero di
un angelo, illuminò l’afflitto Giuseppe sulla concezione miracolosa del
Redentore. Il santo patriarca, semplice, silenzioso, umile, purissimo, compiva
in sé la figura dell’antico Giuseppe, e il Signore gli si rivelò nel sonno,
forse nella veglia, un’apparizione lo avrebbe troppo spaventato, forse avrebbe
potuto anche soffrirne per la sua profonda umiltà; il fatto è che il Signore
stimò più proporzionato a lui parlargli nel sonno.
Il
messaggio dell’angelo era eccezionalmente straordinario, ma san Giuseppe vi
prestò piena fede, e vide in esso, con esultanza, il compimento delle antiche
promesse. Capì perfettamente che egli era scelto come custode del Figlio divino
di Maria, e dell’illibata verginità di Lei. Le parole di Isaia, citate
dall’evangelista, furono luminosissime nell’anima sua, ed egli obbedì al
Signore con piena sottomissione.
Con
ogni probabilità e verosimiglianza san Giuseppe celebrò il matrimonio con Maria
Santissima per obbedienza, avendo anch’egli il fermo proposito di conservarsi
vergine. Non è solo una supposizione questa, ma è consono al modo di operare di
Dio che volle il matrimonio per celare il mistero ai profani e non esporlo alla
profanazione, ma che non poté non affidare, ad un purissimo giglio, il giglio
immacolato dal quale sbocciò il Redentore.
Spira,
dal racconto evangelico, un tale profumo di purezza che non può supporsi in
nessun modo che san Giuseppe si sia sposato con un ideale umano. Egli capì di
compiere la divina volontà, ed aspettò le disposizioni del Signore, consacrandosi
tutto a Lui. Forse per questo, dopo che furono celebrate le nozze, non condusse
ancora Maria a casa sua, ma lo fece solo al ritorno di Lei dalla casa di santa
Elisabetta, dopo la rassicurazione dell’angelo.
Il Vangelo insiste sulla verginità di san
Giuseppe, facendo rilevare che non fu insieme con la consorte in nessun modo né
quando Ella concepì il Redentore né dopo che l’ebbe partorito. L’espressione: ed
egli non la conobbe fino a quando partorì il suo figlio primogenito (che egli
chiamò Gesù), ha
questo preciso valore nel Testo e nel contesto. L’evangelista usa quell'espressione proprio per insistere sulla concezione miracolosa del
Redentore, e per escludere che nella sua nascita vi sia stato alcun concorso
umano. Egli chiama Primogenito Gesù Cristo non per far supporre che sia stato
il primo di una serie, ma per determinare le sue prerogative di primogenito che
gli spettavano pur essendo Unigenito, e per designare soprattutto il Primogenito
della nuova generazione dei figli di Dio, e del nuovo patto. Gesù Cristo è il
Primogenito di Maria, noi siamo i secondogeniti. Se l’espressione del Vangelo
sembra oscura – tanto da far disorientare i poveri protestanti e quelli che non
concepiscono le arcane bellezze della verginità –, la sua oscurità è solo
apparente, e serve a farci confessare per fede quello che è evidente perché è
una realtà storica.
Sacerdote Don Dolindo Ruotolo
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