Commento
al Vangelo: V Domenica di Pasqua A 2014 (Gv 14,1-12)
Don
Dolindo Ruotolo
Signore,
facci vedere il Padre e ci basta
Gli
apostoli erano rimasti turbati e sconvolti da quello che Gesù aveva
loro detto che sarebbe stato con loro solo per poco, e che
l’avrebbero cercato, ma non avrebbero potuto seguirlo dov’Egli
sarebbe andato allora.
Il loro
turbamento era tanto più profondo, in quanto sembrava loro che
svanissero d’un tratto tutte le speranze che avevano concepite, e
gli ideali che avevano sognati. Speravano ancora che Gesù avesse
dovuto trionfare clamorosamente e politicamente dei nemici d’Israele,
e inaugurare un regno glorioso, nel quale essi avrebbero avuto posti
eminenti; speravano che questo dovesse presto avverarsi, e
pregustavano forse, fantasticamente, la confusione che avrebbero
avuta i suoi nemici; ora, il sentir parlare di tradimento, e
implicitamente di morte, li turbava e disorientava. Per questo Gesù,
rincuorandoli, disse: Il
vostro cuore non si turbi, abbiate fede in Dio e abbiate fede anche
in me; cioè:
abbiate fede in Dio che saprà compiere le sue promesse, ed abbiatela
anche in me che non vi lascerò delusi nella speranza che avete
riposta in me.
Al dolore
per la mancata realizzazione delle loro speranze e dei loro sogni si
univa, negli apostoli, quello per essi anche più penoso della
separazione dal loro amatissimo Maestro. Le sue parole, infatti,
erano un annuncio di prossima morte, ed essi pensavano, angosciati,
che non l’avrebbero più visto. Per questo Gesù soggiunse che Egli
se ne andava per preparare loro il posto, perché nella Casa del
Padre suo c’erano molte dimore. Se
non fosse così –
soggiunse
–, ve
l’avrei detto,
cioè mi sarei licenziato da voi definitivamente; ma io verrò di
nuovo, vi prenderò con me, e sarete anche voi dove io sarò.
Come
padre amoroso, per non scoraggiarli, prospettò l’epilogo del loro
pellegrinaggio ed il premio che avrebbero avuto un giorno, ma certo
questo epilogo di gioia non sarebbe avvenuto né presto né senza
lunghe e penose prove, delle quali, tante volte, aveva parlato loro,
e delle quali dava l’esempio, e perciò soggiunse: Voi
sapete dove io vado e ne sapete la via. Non
volle parlar esplicitamente del cammino della croce, ma si richiamò
con una sola espressione a quello che tante volte aveva detto, per
non disorientarli in quel momento di angoscia. Tommaso prese
l’espressione di Gesù in senso materialmente letterale e,
immaginando che Gesù volesse fare un viaggio lontano, disse:
Signore,
noi non sappiamo dove tu vada, e come possiamo conoscerne la via? Con
una parola sublime, Gesù gli rispose, aprendo all’umanità un
orizzonte magnifico di ascensioni, e disse: Io
sono la via la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per
me. Egli
è la
via, l’unica
via di salvezza, perché con i suoi meriti riconcilia gli uomini con
Dio, li muove con la sua grazia, li illumina e li dirige con i suoi
esempi e con la sua dottrina.
Egli non
traccia solo la via della salvezza, ma è
la via della salvezza, di
modo che nessuno può andare a Dio se non per Lui, incorporandosi a
Lui, e lasciandosi portare da Lui.
La via è
un tratto immobile che congiunge due termini lontani. Napoli, per
esempio, è lontana da Roma, e nessuno, stando in questa città, può
trovarsi a Roma. La via congiunge questi due luoghi, e rappresenta il
prolungamento dell’uno verso l’altro. La via partecipa, quindi,
dei due luoghi che congiunge: Roma-Napoli e Napoli-Roma.
Gesù
Cristo è Dio e uomo, e congiunge in sé questi due termini
infinitamente distanti; chi va a Lui Redentore, si avanza verso Dio,
e a misura che più si stacca da sé e più si congiunge a Lui, più
si trova vicino a Dio e più lo raggiunge. La perfezione è, in
fondo, un progredire in questa unione d’amore, un perdere di vista
sempre più se stesso, ma congiungersi maggiormente a Lui, fin quasi
a combaciare col punto di arrivo cui Egli ci porta.
Gesù
Cristo è
la verità prima
ed essenziale, poiché è l’infinita ed eterna sapienza, conoscenza
sostanziale e infinita del Padre. Dio
è colui che è; è
la verità, l’unica verità dalla quale dipendono tutte le altre,
l’unico assioma infinitamente vivente. Chi va a Dio deve conoscerlo
per amarlo, e non può conoscerlo fuori di Gesù Cristo che ce lo
rivela in tutte le verità che ci annuncia. Noi non siamo capaci di
conoscere l’eterna verità senza di Lui, e non possiamo quindi
ascendere a Dio, conoscendolo e apprezzandolo sopra tutte le cose che
unendoci a Gesù Cristo con una pienissima fede.
Gesù
Cristo come Dio è la vita per essenza, e come uomo è la causa
meritoria della vita soprannaturale che ci viene comunicata per mezzo
della grazia e della gloria.
Egli ci
vivifica, e da Lui dobbiamo attingere la vita, comunicandoci di Lui.
Gesù
Cristo è la via che ci porta a Dio, la luce che illumina la via, la
forza che la fa percorrere. È la vera Via delle ascensioni umane, è
la vera sapienza dell’intelletto nostro, ed è la vera vita delle
nostre attività e del nostro cuore. Per Lui si nasce
soprannaturalmente e si percorre la via dell’eternità; per Lui si
ha, diremmo, l’uso della ragione soprannaturale, e si conosce la
verità; per Lui e in Lui il cuore viene vivificato ed ama Dio sopra
tutte le cose.
Credere in Gesù com’Egli è veramente
Il
discorso di Gesù Cristo, certo, era difficile per gli apostoli, ma
non era per loro difficile constatare la soprannaturalità delle
opere che Egli compiva; essi, dunque, potevano capire che Egli era
Dio e come tale era una cosa sola col Padre, consustanziale a Lui. Il
ripetere Gesù due volte: Non
credete che io sono nel Padre e il Padre è in me?,
mostra chiaramente che Egli aveva loro dato tanta luce che avrebbero
potuto e dovuto credere. Gesù Cristo stabiliva un fondamento
indispensabile a chi vuole seguirlo, credergli ed essere vivificato
da Lui, a chi vuole averlo come via,
verità e vita, a
chi gli si dona interamente perché Egli viva in lui ed operi in lui,
e questo fondamento indispensabile è il credere in Gesù com’Egli
è veramente, l’apprezzarlo come merita, e il riguardarlo non come
il termine o l’oggetto di un sentimento naturale qualunque, ma come
vero Dio, le cui parole sono divine, e divine le opere.
È in
questa luce soltanto che deve vedersi in Lui la via che ci conduce,
la verità che ci illumina e la vita che ci vivifica.
Gesù non
ci traccia solo un ideale, non ci parla come un maestro terreno, non
appaga solo un nostro vago desiderio di elevazioni spirituali; Egli
ci mostra la via dell’eternità, la via che ci porta a Dio, ci
rivela le verità divine e assolute, e ci vivifica con la sua stessa
vita nei Sacramenti, e specie nell’Eucaristia. È solo così che
Egli può
vivere
in noi e noi in Lui, e che la nostra miseria può essere come
sostituita dalla sua ricchezza. Perciò, con mirabile e profondissimo
nesso logico, nel suo stile divinamente sintetico, Egli soggiunse: In
verità, in verità vi dico: Chi crede in me farà anch’egli le
opere che io faccio, e ne farà maggiori di queste, perché io vado
dal Padre.
Io me ne
vado, e continuo la mia azione in voi e nella Chiesa; voi, credendo
in me, cioè
uniti a me che vi vivifico, farete ciò che io ho fatto, e opere
anche maggiori, com’è maggiore la pianta che sboccia dalla semente
e cresce in albero maestoso. Non sarete più di me, evidentemente, ma
farete per me opere maggiori di quelle che ho fatte io, domandandole
al Padre nel
mio nome, cioè
per la mia gloria. Voi le domanderete al Padre per glorificarmi, ed
io opererò in voi per glorificare il Padre; e
se voi domanderete a me qualcosa nel mio nome, per
glorificarmi, io la farò, per glorificare il Padre con la mia gloria
che è sua gloria, perché io sono sua infinita ed eterna
glorificazione.
Il
discorso di Gesù, come si vede, raggiunge qui altissime vette, e ci
apre un mirabile orizzonte di santità che solo i santi hanno intuito
e seguito per sua grazia. Egli non parla di qualunque preghiera fatta
al Padre o a Lui nel suo nome, cioè semplicemente invocandolo, per
avere grazie temporali, o qualunque grazia spirituale; è
importantissimo capirlo. Egli parla di quelle grazie che ci uniscono
a Lui e lo donano a noi che lo rendono operante in noi e ci fanno
dare a Lui come strumenti della gloria di Dio e della sua gloria;
Egli ci dischiude l’orizzonte magnifico della soave schiavitù
d’amore che, dandoci a Gesù interamente, fa che Egli compia in noi
opere maggiori di quelle fatte nella sua vita mortale, elevandoci ad
altissima santità per la gloria di Dio, e compiendo in noi e per noi
anche opere straordinarie, affinché il Padre sia glorificato nel
Figlio.
Questo,
Egli l’ha fatto e lo fa nella Chiesa, organismo ammirabile, via
degli uomini per la vita eterna, verità che li illumina, e vita che
li vivifica per la gloria di Dio, di Gesù Cristo, suo Figlio, e
dello Spirito Santo; questo Egli l’ha fatto nei santi e vuol farlo
in ogni fedele; tutto sta, da parte nostra, a crederlo per quel che
è, e a donarci a Lui perché Egli ci guidi, ci illumini e ci
vivifichi.
Nessun commento:
Posta un commento