Commento
al Vangelo – II Domenica 2016 TO C (Gv
2,1-11)
Sant’Antonio
Abate
Il
primo miracolo di Gesù in Cana di Galilea
Da Betania
della Perèa, dove aveva chiamato i primi cinque discepoli, Gesù si
diresse a Cana di Galilea, identificata oggi col
villaggio di Kefr
Kenna. La
distanza era di circa 90 chilometri, e fu percorsa in tre giorni da
Lui insieme ai discepoli. Questa circostanza ci fa capire che
camminavano a passo svelto, e per vie campestri, dove il poco
concorso rendeva più facile il viaggio. Anche oggi, entrando nel
villaggio, vi si vede una fontana ricca d’acque, alla quale dovette
essere attinta l’acqua del miracolo. La contrada è fertile, ricca
di siepi verdeggianti formate di cactus
spinoso,
con vigne lussureggianti che producono un buon vino rosso.
A Cana si
trovava già Maria Santissima, la Madre divina di Gesù, occupata ad
aiutare alcuni suoi conoscenti o parenti nella celebrazione della
loro festa nuziale. Questa circostanza ci fa intendere la carità di
Maria Santissima che, come andò per aiutare santa Elisabetta appena
la seppe incinta, non esitò a recarsi a Cana per le feste nuziali
che ordinariamente duravano più giorni.
La
dolcissima Madre si occupò con grande carità dell’organizzazione
del banchetto, come appare dal fatto che per prima si accorse che era
venuto meno il vino. Nella sua immacolata modestia, Ella era
organizzatrice, perché sapientissima, e placidamente sapeva disporre
le cose in un modo perfetto. La veste inconsutile di Gesù che si
conserva ancora in Francia ad Argenteil, tessuta dalle sue mani,
rivela la sua abilità nel lavoro, e l’accuratezza che vi metteva.
Gesù
andò a Cana perché la Madre sua era là; Egli non poteva lasciarla
sola, sapeva quanto avesse bisogno della sua presenza che era la
comunione quotidiana dell’anima sua benedetta.
La
circostanza che Gesù e i suoi discepoli furono invitati alle nozze
dopo l’arrivo in Cana, e che non vi erano attesi, tanto che forse
proprio per la loro presenza mancò il vino alla mensa, ci conferma
che Gesù andò in quella borgata per Maria. L’angustia che Ella
aveva provato quando lo smarrì per tre giorni era ancora tutta nel
Cuore di Gesù, ed Egli non volle che passassero oltre tre giorni di
lontananza dalla Mamma sua; era consono alla sua divina delicatezza,
ed Egli, amandola d’immenso amore, era tutt’altro che diviso e
indipendente da Maria, come credono alcuni.
Andato
dunque a visitare la Madre, perché Ella avesse ricevuto nel suo
Cuore immacolato i suoi discepoli e, quasi per affidarle le loro
anime e la loro fede nascente, fu invitato al pranzo nuziale anche
Lui e i suoi discepoli. La Vergine Santissima li guardò con materna
tenerezza, vide in loro, col suo sguardo penetrante, i primi germi di
grazia, li riscaldò quasi col suo amore, e certamente usò con loro
particolari riguardi di bontà, dato che erano stanchi dal viaggio,
dando loro da mangiare e da bere per rifocillarli. Dal rimprovero
fatto dal capo del banchetto allo sposo di aver riserbato il vino
migliore per la fine del banchetto si rileva che gli apostoli
giunsero quando il pranzo era già inoltrato; ora, essendo essi
stanchi e assetati per il lungo viaggio, e trovando il vino piuttosto
leggero, bevvero volentieri, e consumarono quel poco che era rimasto
probabilmente per la celebrazione nuziale che si faceva in fine della
tavola.
Maria
Santissima nell’andare e venire, prestandosi ai servigi di
ospitalità, e forse nel mescere il vino a qualcuno degli apostoli
che ne domandò ancora un po’, si accorse che non ce n’era più.
Ella non esitò; nelle mura tranquille della casetta di Nazaret aveva
assistito a tanti nascosti prodigi di provvidenza fatti da Gesù,
aveva contemplato e conosciuto l’amabilità del suo Cuore, e si
rivolse a Lui con una sola parola che era una preghiera e un invito a
provvedere: Non
hanno più vino.
Chi
sa quante volte aveva fatto questa preghiera quando mancava nella sua
casa il pane, o quello che voleva dare ai poverelli; certo era sicura
che bastava dirlo al suo divin Figlio per ottenere quanto desiderava;
Ella stessa conosceva per esperienza l’ascendente della sua
mediazione presso il Cuore di Gesù.
Gesù
Cristo le rispose con una frase che a torto viene sospettata come
dura o, peggio, come una protesta di indipendenza dalla Madre
nell’apostolato messianico che Egli veniva a compiere; pensare così
significa non conoscere la divina amabilità di Gesù, e significa
dimenticare completamente la dignità di Maria e la sua missione
materna nelle vie della grazia.
È
assurdo che il Signore abbia voluto dichiararsi indipendente dalla
Madre nell’opera sua, quando poi l’ha tutta affidata a Lei fin
dal principio, e l’ha voluta Corredentrice ai piedi della croce; e
più assurdo pensare che abbia voluto rimproverarla duramente, mentre
Ella compiva un ufficio di carità. Egli, dunque, le rispose: Che
cosa v’è tra me e te, o donna? Non è ancora venuta la mia ora. E
volle dire precisamente – com’è chiarissimo dal contesto e da
quello che Gesù operò dopo –: Che cosa v’è di diverso tra me e
te, e che cosa posso fare io che non puoi fare tu? L’ora mia non è
ancora venuta, l’ora della manifestazione gloriosa, e quel miracolo
che vuoi da me, fallo pure tu. La chiamò “donna” non per
disprezzo ma per amore, usando una parola che presso gli Orientali
era usata per indicare intima cordialità con le persone più care e
più degne di rispetto, come si può vedere persino in Omero e in
Senofonte; la chiamò donna, signora,
non
per rinnegarla ma per glorificare la sua dignità di Regina del cielo
e della terra. Se l’avesse disconosciuta o, peggio, disprezzata,
non avrebbe immediatamente fatto ad esuberanza quello che essa
voleva, e non avrebbe anticipato quell’ora di glorificazione che
aveva affermato non essere ancora venuta.
Non
hanno più vino
Maria,
con quelle parole: Non
hanno più vino, reclamò
un miracolo o di moltiplicazione di quel pochissimo che v’era
ancora in qualche coppa, o di transustanziazione dell’acqua.
Probabilmente la sua tenerezza materna si fermò su questa seconda
idea, poiché, desiderando gli apostoli ancora bere, assetati
com’erano, aveva forse dovuto dar loro dell’acqua con rammarico e
nel delicato timore che facesse loro male. Ella, inoltre, si era
preoccupata di aver fatto un dono agli sposi sia con la sua
generosità nel dare, sia per l’invito del Figlio divino e dei suoi
cinque discepoli.
Non è
ancora giunta la mia ora. Pensava
Gesù, in quel momento, anche all’ora del Banchetto eucaristico
dell’Ultima Cena? L’avere Egli detto, in quella sua ora, di
averla desiderata con grande e continuo desiderio, desiderio
desideravi hoc pascha manducare vobiscum (Lc
22,15), ci fa credere che ci avesse sempre pensato, perché meta
ultima del suo amore era quella di darsi. Al suo amore ripugnava
quasi dare del vino: avrebbe voluto dare il suo Sangue e, poiché la
sua ora non era ancora giunta, avrebbe voluto che il miracolo
l’avesse operato Maria. Ma la Vergine Santissima, a sua volta, non
voleva dar solo del vino, voleva dare, ai nuovi apostoli, un
argomento di fede in Gesù, voleva fortificarli con un prodigio, e
per questo insistette col fatto presso Gesù, dicendo ai servi: Fate
tutto ciò che vi dirà. Col
suo acume aveva capito subito l’allusione del Figlio ad una
transustanziazione, e impegnò i servi perché avessero provveduto
l’acqua per il miracolo. Come si vede, lungi dall’essere divisi o
quasi estranei, Gesù e Maria si intendevano a volo, e Maria, da
Signora e Regina, penetrava l’intimo amore di quel Cuore divino,
come Gesù penetrava i desideri delicati del Cuore Immacolato della
Madre.
L’acqua
si muta in vino
Nel
cortile o nel vestibolo della casa c’erano sei vasi di pietra,
chiamati idrie,
cioè
vasi per acqua, della capacità ciascuno di due barili o, in greco,
tre metrete;
alcuni
erano più piccoli, altri più grandi. La metreta che significa
misura,
era
la massima misura di capacità per i liquidi, ed equivaleva a circa
40 litri; ogni vaso, quindi, conteneva da 80 a 120 litri, e tutti
insieme dai 480 ai 720 litri.
Gli Ebrei
avevano molti riti di abluzione, prima di mettersi a tavola si
lavavano le mani, e poi purificavano i vasi, i bicchieri ecc. Così
si spiega che in un banchetto nuziale con numerosi invitati si
trovassero quei sei vasi, e si capisce che, essendo già il banchetto
alla fine, erano stati vuotati dell’acqua già usata, per la
pulizia. Gesù Cristo ordinò ai servi di riempirli, ed essi,
immaginando forse che quell’acqua servisse nuovamente alle
abluzioni, li riempirono fino all’orlo per facilitarle. Con un atto
interno di onnipotente volontà, Gesù ordinò quell’acqua a chi
aveva cura del vino nel banchetto, l’ordinò come quando, al
principio, creò le cose dal nulla o ne ordinò l’armonia; il capo
del banchetto doveva distribuire, in quel momento, vino e non acqua,
e Gesù, facendone attingere, la mutò in vino ottimo. Non era venuta
l’ora di dare il suo Sangue, ma Egli volle, con quel miracolo,
adombrare il più grande prodigio del suo amore e disse internamente
sull’acqua: Questo
è il vino per il capo del banchetto, come
un giorno avrebbe detto sul vino: Questo
è il mio Sangue che si sparge per voi. L’acqua,
all’istante, si mutò in vino, forse conservando il colore
dell’acqua, perché il capo del banchetto si accorse che era ottimo
vino quando lo gustò; ci sono, del resto, dei vini prelibati che,
all’aspetto, sembrano quasi acqua.
I servi
si accorsero del miracolo, perché essi avevano riempito le idrie
d’acqua e, quando ne attinsero per portarla al capo del banchetto,
sentirono dalle idrie il profumo d’un vino squisito. Il Sacro Testo
nota che il capo del banchetto ignorava da dove fosse venuto quel
vino, per escludere che si fosse suggestionato a credere vino
l’acqua. Egli, anzi, semmai, era suggestionato del contrario,
aspettandosi in fine di tavola il vinello leggero. Gustando perciò
quell’ottimo vino, da uomo che s’intendeva bene di usi e di
costumanze nei banchetti, chiamò in disparte lo sposo e gli disse
che aveva fatto male a riserbare il buon vino per la fine del pranzo,
perché l’uso generale esigeva l’opposto, supponendo che si dia
il vinello a chi già si è inebriato di buon vino.
I
discepoli di Gesù, ultimi invitati giunti al banchetto, stavano
naturalmente più vicini al cortile o al vestibolo della casa, e si
accorsero bene della manovra dei servi; quando bevvero quell’ottimo
vino, quindi, rimasero pieni di stupore e
crederono in Gesù, avendo
toccato con mano la manifestazione della sua gloriosa potenza. Essi
credevano già in Lui, ma il miracolo evidente accrebbe la loro fede
e la fortificò.
Don Dolindo Ruotolo
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