Commento al Vangelo – VII Domenica di Pasqua 2017 A (Mt 28,16-20)
Solennità – Ascensione del Signore
Gli apostoli mandati da Gesù ad
evangelizzare il mondo
Mentre i sacerdoti, gli scribi e i farisei cercavano, con la più stupida calunnia, d’impedire il propagarsi della buona novella, Gesù Cristo, con la sua divina autorità, investiva gli apostoli della loro missione e solennemente li mandava ad annunciare la verità a tutte le genti di buona volontà, battezzandole nel nome della Santissima Trinità, e incorporandole al suo Corpo mistico. Egli, mandandoli, non li fece ministri di una vana eloquenza, ma ordinò loro di istruirele genti e d’insegnare ad osservare tutto ciò che aveva comandato loro. La predicazione evangelica è perciò eminentemente didascalica, e non può perdersi in vane parlate che servirebbero più a magnificare l’oratore che a dilatare il regno di Dio. L’esposizione delle verità, del resto, è l’eloquenza più bella che possa desiderarsi, poiché è luce che illumina la mente, ed è calore che riscalda il cuore e la vita. L’oratoria non è mai apostolato, anzi molte volte diventa vera causa dell’ignoranza che affligge l’anima cristiana. Bisogna darle definitivamente il bando, e ritornare alle forme di omelia e di catechesi che avevano le prediche nella Chiesa primitiva.
Mandando gli apostoli in tutto il mondo, Gesù Cristo, fece ad essi e ai fedeli di tutti i secoli la consolante promessa di essere con la Chiesa e con loro fino alla consumazione dei secoli. Egli, difatti, è con noi vivo e vero, nella Santissima Eucaristia, ed è con l’autorità che regge la Chiesa, di modo che non può mai avvenire che la verità e la vita della Chiesa possano venir meno nel corso dei secoli. La promessa dell’indefettibilità del Corpo mistico del Re divino esclude, nella maniera più categorica, la fandonia di quelli, i quali affermano, con tracotanza, che la Chiesa ha deviato dal suo cammino. È un assurdo che contrasta con l’essenza della promessa del Redentore e con la testimonianza della storia. Se la Chiesa avesse deviato, Gesù non sarebbe stato con essa e non l’avrebbe assistita; se avesse smarrito la verità, sarebbe perita, perché la sua vita sta tutta nella verità e nel bene. Ringraziamo Dio che essa è, invece, più rigogliosa che mai, e cantiamo al Signore un inno d’amore riconoscente, perché si è degnato di conservarci nel suo seno.
Per la presenza di Gesù Cristo, la vita della Chiesa è una meraviglia di luce, di fecondità e di forza spirituale che trascende ogni immaginazione umana; per la presenza eucaristica, fiorisce nel suo seno l’eroismo più puro, ed essa ascende sempre dalla povera valle dove peregrina fino al godimento eterno.
Nel suo mortale cammino è sempre assalita e combattuta, perché segue il suo Re appassionato, ma il sapere che Egli è con essa, il constatarlo, il viverne è tale conforto che muta tutte le sue battaglie in trionfi, e le fa godere, nelle stesse angustie, la pace più profonda. La frase del poeta venosino che il sole non ha visto mai nulla di più grande di Roma può applicarsi solo nella Chiesa se si vuol dare ad essa il valore del vaticinio. Roma pagana, infatti, in mezzo alle grandezze militari, offrì uno spettacolo di tale miseria morale, da potersi dire che il sole non abbia visto nulla di più turpe; Roma pagana, oggi, è solo un insieme di rovine che sono archeologicamente interessanti e rivelano una grandezza passata, ma che, in fondo, sono ruderi informi. Solo la Chiesa ha reso Roma il centro dell’impero del Re divino; solo la Chiesa, nonostante le inevitabili debolezze degli uomini che ne fanno parte, offre lo spettacolo di un impero di verità, di bene e di amore, dove la potestà che comanda non cerca la gloria ma il bene, non opprime ma guida, non sfrutta ma dona, e dona le ineffabili ricchezze spirituali che essa possiede.
Quale società e quale istituzione può avere vivo in lei il suo fondatore? I mausolei e i monumenti più grandiosi non sono che pietre, e i resti mortali degli uomini illustri sono putredine e cenere. Solo la Chiesa possiede il suo Re risorto e immortale, lo possiede vivo e vero, lo adora, gli parla, gli si unisce, ne beve la vita, e si consola in Lui. Il sacro tabernacolo eucaristico è più che un monumento; è l’Arca dov’Egli vive, ci si dona, e regna.
Per l’Eucaristia, il dono della sua Parola diventa vita, immaginare il Vangelo senza il tabernacolo eucaristico è come immaginare una statua senza movimento e senza respiro, o come pretendere che un erbario possa essere lo stesso che la feconda campagna. Gesù Cristo è sempre con la Chiesa, e vi continua la sua vita ammirabile, riproducendola nel suo Corpo mistico, e comunicandola attraverso i Sacramenti; Egli è veramente con noi, perché ci genera, ci alimenta, ci istruisce, ci guida, ci sostiene, e ci porta alla vita eterna.
Padre Dolindo Ruotolo
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