XIV Domenica del Tempo Ordinario
San Tommaso Apostolo
25 In quel tempo Gesù disse: “Io ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra che hai tenuto nascoste queste cose ai dotti e prudenti, e le hai rivelate ai piccoli. 26 Così è, o Padre, perché così piacque a te. 27 Ogni cosa mi è stata data dal Padre mio, e nessuno conosce perfettamente il Figlio all’infuori del Padre, e nessuno conosce appieno il Padre tranne il Figlio, e colui al quale il Figlio l’avrà voluto rivelare.
28 Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. 29 Prendete su di voi il mio giogo, e imparate da me che sono mansueto e umile di cuore, e troverete riposo per le anime vostre. 30 Il mio giogo, infatti, è soave, e il mio carico è leggero” (Mt 11,25-30).
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Per ricevere la luce di Dio, bisogna appartenere al Redentore, e sottoporsi al suo giogo, cioè al suo dominio che è soave e dolcissimo, e bisogna imparare da Lui come da Maestro. Non basta ascoltare i suoi precetti per intenderli, bisogna prima sottomettervisi ed accettarne la pratica perché i precetti di Gesù non sono teorie filosofiche ma sono via, verità e vita. Bisogna imparare da Lui che è mansueto e umile di cuore, nella mansuetudine che si sottomette al giogo; e nell’umiltà che sa rinunciare ai propri pensieri; bisogna imparare dal Maestro divino la mansuetudine e l’umiltà del suo Cuore che sono i segreti della sua intimità col Padre, poiché Egli si sottomette alla sua volontà che lo immola e, umiliandosi fino alla croce, ne glorifica la grandezza e la maestà.
Gli esegeti moderni sostengono che Gesù Cristo nel dirci: Imparate da me che sono mansueto e umile di cuore, non abbia voluto proporsi come maestro di queste due virtù ma abbia voluto dire che Egli è un maestro che non fa paura che è mansueto e umile nell’insegnare, e lo è non a fior di labbra ma profondamente nel cuore. A noi, questa spiegazione sembra non solo monca nel contesto, ma contraria allo spirito stesso della Chiesa. Gesù, infatti, ci esorta a prendere il suo giogo e ci mostra il suo Cuore per mostrarci che cos’è questo giogo, tutto amore, tutto pace, e tutto bontà. Se il Re è amore, mansuetudine e umiltà, è logico che anche i sudditi lo siano, poiché i sudditi debbono imparare da Lui. Gesù vuole, proprio perciò – come è chiaro dal contesto –, che s’impari da Lui la mansuetudine e l’umiltà del suo Cuore.
La vita eterna consiste nel conoscere il Padre e il Figlio, come il Figlio Incarnato conosce il Padre e lo glorifica; Egli si sottomette alla sua volontà e si umilia fino alla croce; accetta con mansuetudine il giogo come Vittima e si offre alla croce. I suoi seguaci debbono fare lo stesso e poiché l’amore di Dio include quello del prossimo, debbono essere mansueti e umili anche nelle relazioni con i propri fratelli.
Gesù Cristo volle precisamente mostrare il suo Cuore e volle additarlo come rimedio supremo all’umanità che rifiuta il suo giogo nell’apostasia universale; il versetto del Vangelo è come il primo annuncio della rivelazione fatta a santa Margherita Alacoque, rivelazione che la Chiesa ha solennemente riconosciuta. Egli è il Maestro, e l’umanità apostata non vuole riconoscerlo e, rifiutando Lui, rinnega il Padre, rinnega Dio. L’orgoglio umano scuote il giogo della sapienza e dell’amore, e si dà con pazza violenza alla conquista dei beni terreni; Gesù sfata questa pazzia, affermando che, per raggiungere la pace e la felicità interna, bisogna umiliarsi, farsi piccoli, essere docili e mansueti innanzi a Dio e agli uomini, come Egli lo è stato. Non c’è altra via per mantenersi fedeli alla misericordia che Egli è venuto a portare in terra, e per sfuggire all’ingratitudine che Egli rimprovera a Corazin, a Betsaida e a Cafarnao.
In un mondo senza pace e senza amore – fondato ormai sulla violenza del più forte, e potremmo dire sul massacro del più debole –, non c’è altra via di salvezza che la mansuetudine e l’umiltà imparata dal Cuore Sacratissimo di Gesù.
Bisogna sapersi vincere nelle irruenze del carattere e nella prepotenza dell’orgoglio, e bisogna persuadersi che queste virtù non sono necessarie solo all’individuo, ma anche alla società. Non si può instaurare il dominio della forza brutale e dell’orgoglio che tutto vuole accentrare a sé e tutto vuol dominare, e pretendere che non ci sia altra via per conservare la preponderanza di una nazione sull’altra. Solo a questa condizione è possibile conservare nel mondo la pace.
La pace dell’anima è frutto dell’armonia con tutti e della placida moderazione delle proprie aspirazioni; la pace delle nazioni consiste nell’armonia interna ed esterna di uno Stato e nel mantenere la propria fisionomia, per così dire, di fronte alle altre nazioni senza presumere di volersi ingrandire a spese delle altre. È necessario sottomettersi a Gesù Cristo, poiché questo è il vero segreto dell’internazionalismo sapiente che diventa cattolico, apostolico, romano. L’internazionalismo che non è fondato sulla piena accettazione del giogo soavissimo del Vangelo non è unione di tutti i popoli, ma è massacro e barbarie, come si è visto dolorosamente nell’internazionalismo comunista che è passato come un uragano di ferro, di fuoco e di rovine in tutte le nazioni che ha infestate. ±
Tratto dal “Commento alla Sacra Scrittura – Vangelo di San Matteo”
Di don Dolindo Ruotolo
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