sabato 30 marzo 2013

Maria Maddalena al Sepolcro

Commento al Vangelo – Risurrezione del Signore 2013 (Gv 20,1-9)

Maria Maddalena al sepolcro
          Il primo giorno dopo il sabato, cioè la domenica, Maria Maddalena si recò al sepolcro all’alba mentre era ancora buio. Era partita da casa sua o dal luogo dov’erano chiusi gli apostoli, che era quasi notte ancora e non era sola ma accompagnata dalle pie donne (cf Mt 28,1; Mc 16,1-2; Lc 24,1) con le quali giunse al sepolcro allo spuntare del sole (cf Mc 16,2). San Giovanni nomina solo Maria Maddalena, sia perché completa le narrazioni dei Sinottici, e sia perché ella, più ardente di tutte, prese l’iniziativa e raccolse le altre donne. Ella, poi, fu quella che corse per prima ad avvisare Pietro e Giovanni dello stato in cui aveva trovato la tomba.
          Mentre le donne camminavano, avvenne la risurrezione, ed esse avvertirono il terremoto che la seguì allorché l’angelo discendendo dal cielo, rovesciò la pietra. Maria Maddalena, nel vedere da lontano il sepolcro aperto, ben lungi com’era dal credere alla risurrezione, suppose che avessero rubato il Corpo di Gesù, e corse per avvertirne gli apostoli più rappresentativi, Pietro e Giovanni; le altre pie donne giunsero fino alla tomba ed ebbero la visione degli angeli; Maria Maddalena, poi, tornò di nuovo sola al sepolcro per tentare di rintracciare il sacro Corpo. Non sapeva credere che fosse risorto, e non sapeva rassegnarsi che l’avessero rubato; voleva ad ogni costo rendergli gli ultimi attestati di venerazione ed era desolata di non poterlo fare. Ella, che era stata più vicina al Signore nella Passione, aveva constatato l’odio dei sacerdoti, degli scribi e dei farisei e, appena vide la pietra del sepolcro ribaltata, pensò che avessero voluto fare al suo Signore l’ultimo oltraggio, e corse per vedere che cosa si fosse potuto fare per impedirlo o ripararlo.
          Camminava mentre era ancora buio, ed era buio principalmente nell’anima sua poiché non credeva ancora. Eppure proprio quando ella credeva di andare a visitare e imbalsamare un morto, questo si ridestava dal suo sonno, sorgeva trionfante, attraversava il masso sepolcrale e inalberava il vessillo del suo trionfo sulla morte! Se non fosse stato buio nell’anima sua, Maria Maddalena avrebbe forse avuto la grazia di assistere al momento stesso della risurrezione, e avrebbe subito visto il Signore; ma la sua povera fede non sapeva andare di là dal sepolcro, e logicamente non vide altro che la tomba e, per di più, la tomba vuota. Credé definitivamente morto il Signore e, dimentica delle parole di Lui, non seppe pensare a Lui che come ad un cadavere. Oh, se avesse avuto un po’ di fede, come avrebbe gioito nel vedere la pietra rovesciata, pensando che il Signore era risorto! Con quale impetuosa gioia sarebbe corsa dagli apostoli per darne loro l’annuncio!
          Gesù non era più un cadavere: era risorto all’alba del terzo giorno, compiendo la sua promessa con sollecita e pronta precisione. Compì per la divina sua virtù che era anche virtù del Padre e dello Spirito Santo, quello che, nell’ordine naturale delle forze umane, sarebbe stato impossibile. Per questo si poté dire che Egli era risorto per virtù propria dalla tomba che il Padre l’aveva risuscitato da morte che Dio l’aveva fatto ritornare in vita. Sono espressioni che, lungi dal generare confusione, si equivalgono, e mostrano che per divina potenza il Corpo piagato, trafitto, morto e sepolto, poté muoversi, riprendere l’anima e risorgere, primizia gloriosa di tutti i morti che dovranno risorgere.

La preghiera della Madonna
affrettò la risurrezione di Gesù
          Il momento fu solenne, e nessuno all’infuori degli angeli ne fu spettatore. Crediamo fermamente che ne fu spettatrice anche Maria Santissima; benché lontana col corpo, l’anima sua era rimasta come chiusa nella tomba, in profonda adorazione. Era mesta, profondamente mesta, e a Lei che apprezzava più d’ogni creatura Colui che era la Vita, doveva produrre immenso dolore pensare che era stato ghermito dalla morte. Sapeva che doveva risorgere, lo credeva, lo sperava, e affrettava quel momento con la sua preghiera. Ella sapeva che, con la sua preghiera, aveva affrettato il momento dell’Incarnazione; sapeva che il Figlio suo nulla le negava, e pregava. Si può dire che Gesù non volle ritornare alla vita senza Maria, per un atto di divina deferenza, poiché Maria gli aveva dato la vita temporale. Attese il comando del Padre, alla cui volontà era tutto dedito, e attese il comando supplichevole della Madre, alla cui volontà era stato sempre sottomesso. Non aveva mutato nulla in questa provvidenza di sottomessa obbedienza.
          Maria pregava, pregava; avrebbe quasi voluto raccogliere, nel suo seno benedetto, quel Corpo piagato e inerte, e ridargli la vita; sentiva ancora in sé, come grazia sovrabbondante, quella virtù dello Spirito Santo che l’aveva resa Madre nel verginale candore, e avrebbe voluto, per la seconda, volta circondare l’uomo e vivificarlo.
          Maria pregava. La sua onnipotenza era la preghiera, lo sapeva per esperienza, benché fosse immersa nelle tenebre del dolore, sperava la luce immortale e pregava.
          L’anima divina di Gesù le era vicino e pregava anch’essa, poiché, più della stessa anima immacolata di Maria, conosceva l’onnipotenza della preghiera.
          Pregavano, e nell’atto di quelle due potenti preghiere avveniva in grande quel che avviene in piccolo in ogni preghiera: l’endosmosi del divino nell’umano, e l’esosmosi dell’umano nel divino. È una frase ardita ma è verità. L’anima, pregando, si dilata in Dio; umiliandosi perché prega, diventa capace della grazia, la cui misura di capacità in noi sta proprio nell’umiltà, nella piccolezza e nella semplicità. È come la porosità dello spirito immerso nell’immensità di Dio, e subito la virtù del Signore lo pervade, lo penetra, lo arricchisce, lo colma, lo attiva. L’anima si sente ripiena di virtù di Dio e più si umilia e s’impiccolisce, accrescendo così la propria misura di capacità soprannaturale; s’umilia e fluiscono, per così dire, in Dio e verso Dio le proprie deficienze, le proprie miserie, le proprie necessità, esosmosi mirabile che porta in Dio la nullità perché sia colma di Dio, e porta Dio nella nullità perché la ricolmi.

Gesù risorge da morte!

          Maria pregava, e l’Anima divina di Gesù, allo scoccare del momento stabilito da Dio, affrettato dalla preghiera fino al semplice apparire del terzo giorno, presa da Lei, sua Madre, quasi l’obbedienza, perché nulla voleva e volle fare senza di Lei, andò veloce come scoccar di folgore al sepolcro e, ripassando per i luoghi della Passione, accolse nuovamente il Sangue che v’era sparso. Anche quel Sangue era divino, e sentì l’attrazione della divina virtù che lo chiamava, perché fosse tornato vivificato nelle vuote vene del Corpo divino. Fu un momento, un grandioso momento, poiché la divina onnipotenza non ha bisogno di tempo per agire: l’Anima penetrò nella tomba, rivide il Corpo che le apparteneva con tanto diritto, l’amò, l’amò con fiamma infinita, perché l’amò con l’infinito vivificante Amore. L’amò e, nell’amarlo, lo ricompose per la divina virtù che era in Lei. In un attimo le membra martoriate si ricomposero, il Sangue riprese il suo posto, e il Cuore, pur squarciato, diventò atto alla vita.
          Gli angeli, tremanti di gioia, adoravano.
          La tomba era avvolta dal brumoso silenzio dell’alba, vigilata dall’annoiata presenza della guardia stupita di dover custodire un morto, ignara di custodire come picchetto d’onore la Vita che risorgeva. La terra sembrava cantare in sordina, essa pure, un inno di vita, poiché silenziosamente erompevano qua e là dai rami ancora stecchiti le nuove gemme, ombra di risurrezione, stentata risurrezione dopo l’inerzia invernale.
          La morte ristette scarna e confusa… la sua falce cadeva vinta; non poteva mantenere più fra gli adunchi artigli il covone reciso, tremava come ombra cupa innanzi al fulgore che la ricacciava per sempre.
          Le pareti della taverna che stillavano come gocce di pianto l’umido delle tenebre, sembrarono imperlate di gemme, stillavano gioia, sentivano la vita e risuonavano già dell’inno trionfale della risurrezione.
          L’Anima di Gesù si avvicinò al Corpo, e quasi nube lucente, sparì penetrando le funebri bende.
          Fu un momento.
          Si animò il cerebro, pulsò il Cuore, quasi affannando d’amore per l’aperta ferita, rigurgitò il Sangue nelle vene, deviando alle ferite delle mani e dei piedi che rimasero come gemme gloriose del trionfo sul peccato. I nervi, come percossi da una corrente potente, si ridestarono riunendo i muscoli; la pelle si ricompose rosea e fresca, profumata non di mirra e di aloe, ma di balsamico amore. Quel Corpo era vivo, più vivo di prima, senza il peso inceppante della materia, vero corpo ma fluido quasi come luce, come fuoco, come onda d’amore. Gli occhi splendenti si aprirono alla luce eterna, e quella vita mirabile fu tutta un inno di adorazione e di ringraziamento al Padre, fu tutta una freschezza di gioia, di nuova giovinezza, di pace.
          Il Corpo divino sgusciò dalle bende senza bisogno di svolgerle, si alzò bellissimo, vestito di splendore, attraversò il masso, uscì alla luce, riguardò la caverna ancora chiusa dai suggelli, sorrise trionfante, poiché aveva dissigillato per sempre la morte e l’aveva vinta.
          La verità ha trionfato della menzogna. E gli angeli cantano assisi sul masso rivoltato: Alleluia, alleluia, alleluia. O figli e figlie degli uomini, il Re celeste, il Re della gloria è oggi risorto da morte. Alleluia! Alleluia la pietra è rovesciata, i suggelli sono rotti, spezzato è il vincolo della morte. Alleluia!… Ed io, prostrato, faccio eco al loro inno trionfale esclamando: È risorto Gesù mia speranza, Egli mi precede nel Cielo. O Re vittorioso, abbi pietà di noi. Amen. Alleluia!

Avvisati da Maria Maddalena, Pietro e Giovanni corrono al sepolcro
          Maria Maddalena giunse al sepolcro proprio in questo momento; ma era buio nell’anima sua, credeva di andare da un morto, non pensò che il masso fosse stato rovesciato dal Vivente risuscitato, si spaventò, e corse a dare la notizia dell’accaduto come lo vedeva e lo capiva lei, a Pietro e a Giovanni: Hanno portato via dal sepolcro il Signore, e non sappiamo dove l’abbiano messo.
          I due apostoli s’incamminarono al sepolcro, per constatare ciò che aveva detto Maria Maddalena e, poiché presero una via diversa da quella delle pie donne, non le incontrarono quando esse tornarono gioiose, dopo aver visto gli angeli (cf Mt 28,5) che avevano annunciato loro la risurrezione.
          Correvano i due apostoli, tanta era l’ansietà che li aveva presi; Giovanni, più giovane, corse di più e giunse per primo al sepolcro.
          Non vi entrò, però, perché forse non ne ebbe il coraggio da solo, e anche per rispetto al Principe degli apostoli. Si chinò, perché l’apertura della caverna non era molto alta, e vi sporse la testa per osservare; vide le bende che avevano avvolto il Corpo, poste da parte ordinatamente, e se ne stupì, perché chi avesse voluto rubare il Corpo, non le avrebbe né lasciate né tanto meno lasciate a quel modo. Dopo poco giunse anche Pietro che, sentendosi in compagnia, vinse più facilmente quel senso di terrore che incute sempre un sepolcro, e vi entrò. Egli poté esaminare più accuratamente i panni che Giovanni aveva visto da lontano, e notò con sorpresa che il sudario che aveva avvolto il capo di Gesù stava riposto a parte, ripiegato, il che escludeva assolutamente il rapimento del Corpo. Invitò Giovanni a constatarlo, e quegli, fattosi animo, entrò nella caverna, osservò tutto minutamente, e credé alla risurrezione.
          L’evangelista dà la ragione dell’incredulità che prima li aveva presi: Essi non sapevano ancora dalla Scrittura che Egli doveva risuscitare da morte. L’ignoranza li aveva resi increduli, ma l’ignoranza derivante dall’ostinazione nelle proprie idee, perché Gesù, in vari modi, aveva preannunciato loro la sua risurrezione. Credevano che il Redentore non dovesse morire, perché supponevano che dovesse regnare eternamente su Israele, dopo averne ricostituito il regno; la sua morte fu per loro il crollo di ogni speranza, e l’annuncio della risurrezione sembrò loro una fantasia di donne.
            Il constatare che il Corpo non c’era più nel sepolcro, e che il modo col quale erano piegate le bende indicava che non ne era stato sottratto, aprì loro gli occhi, e se ne ritornarono a casa pensosi. La loro fede, però, non era ancora piena e, pur non potendo negare che il corpo non era stato rubato, rimase per loro, in quel momento, ancora oscura e confusa la verità. Crederono assolutamente a quello che avevano visto, e crederono con una certa esitazione a Commento al Vangelo – Risurrezione del Signore 2013 (Gv 20,1-9)
Don Dolindo Ruotolo


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