Commento al Vangelo: Domenica di Pentecoste C 2013
(Gv 14,15-16.23b-26)
Credere attivamente, osservando la Legge di Dio
farsi vivificare dallo Spirito Santo
Non bisogna
supporre che per far vivere in noi Gesù Cristo basti uno sterile atto di fede o
una più sterile invocazione fatta a fior di labbra. Per molte anime, infatti,
la vera e profonda pietà potrebbe prendere l’aspetto di una poesia più o meno
fantastica, o rivestire il carattere di un idealismo più o meno vaporoso. La
pietà vera è via, verità e vita; è via che ci conduce a Dio e
all’eternità, è fondata saldamente sulla verità divina, ed è vita di Gesù
Cristo. La nostra vita dev’essere nascosta con Gesù Cristo in Dio, e dobbiamo
vivere noi, ma non noi, bensì Gesù Cristo in noi, come dice in una sintesi
mirabile san Paolo.
Per
far vivere in noi Gesù Cristo è necessario amarlo praticamente, osservando i
suoi comandamenti, e per far questo è necessaria la grazia. La grazia viene a
noi dallo Spirito Santo, e perciò Gesù Cristo, dopo aver parlato del Padre e di
Lui stesso, Figlio del Padre, accenna allo Spirito Santo che realizza la nostra
unione con Lui e ci rende glorificazione di Dio. Essendo poi Egli il nostro
Mediatore presso Dio come Verbo Incarnato, e potendoci Egli solo ottenere la
grazia per amarlo e per osservare i suoi comandamenti, soggiunge: Io pregherò
il Padre, ed Egli vi darà un altro Paraclito, affinché rimanga sempre in voi lo
Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede né lo
conosce; voi, però, lo conoscerete perché abiterà con voi e sarà in voi. Paraclito
significa difensore, avvocato, consolatore, intercessore, esortatore, incitatore,
colui che dà l’impulso; ora Gesù Cristo era per gli apostoli e per
le anime tutte il difensore perché le liberava dalle insidie di satana, l’avvocato
– come dice san Paolo –,
perché loro Mediatore presso Dio, il consolatore perché effondeva in
loro il balsamo della sua carità, l’intercessore, perché sempre
vivente in preghiera per loro, l’esortatore come Maestro divino, l’incitatore
e colui che dà l’impulso, come nostro aiuto, nostro esempio e nostra vita.
Egli quindi, primo Paraclito, dovendo andare via dal mondo, e dovendo lasciare
gli apostoli, promette loro un altro Paraclito, un’altra persona dalla
Santissima Trinità, cioè lo Spirito Santo che doveva essere per loro
intimamente, e nella Chiesa che Egli fondava, difesa, avvocato, consolatore,
intercessore, esortatore, incitamento al bene e impulso di vita
nuova, nelle debolezze della natura.
Gesù
Cristo promette questo altro Paraclito perché rimanga nelle anime che lo
riceveranno e nella Chiesa che Egli vivificherà, e perché sia conservato
integro il patrimonio della fede e la Chiesa viva nel perenne splendore
dell’infallibile verità.
Lo Spirito di verità che il mondo rifiuta
È
questo quello che distinguerà la Chiesa dal mondo e i cristiani dai mondani: lo
Spirito di verità che il mondo non può ricevere. Il mondo è spirito di menzogna
e di malvagità; odia la verità e non la vuole conoscere; appare per quel che è,
ripieno dello spirito satanico aggressivo, violento, crudele, calunniatore,
scandalizzatore, ossia diametralmente opposto allo Spirito Santo, e quindi è
chiaro che non potrà né vederlo né conoscerlo.
I
cosiddetti “grandi” della terra hanno tutti, più o meno, i caratteri opposti
allo Spirito Santo mentre, in realtà, sono obbrobrio e miseria, nonostante le
loro apparenze gloriose; i fedeli, invece, i veri fedeli, dovranno essere
contrassegnati dallo Spirito di Dio, ed esserne ripieni.
Perché Gesù promise un altro Consolatore?
A
primo aspetto sembra quasi che Gesù Cristo prometta agli apostoli un altro
Paraclito, per sostituire la sua presenza in mezzo a loro durante la sua assenza;
Egli, infatti, soggiunge: Non vi lascerò orfani, tornerò a voi. Ancora un
po’ di tempo e il mondo non mi vedrà più; ma voi mi vedrete, perché io vivo e
voi vivrete. Intanto è certo che Gesù, anche senza la sua presenza
visibile, rimase e rimane nella Chiesa; anzi Egli è in essa vivo e vero
nell’Eucaristia, ed Egli stesso dice: Io vivo e voi vivrete, vivo
nell’Eucaristia, e voi vivrete di me in questo Sacramento d’amore. Ora, se Gesù
rimase e rimane nella Chiesa, perché promise un altro Paraclito? E
perché disse che non avrebbe lasciato orfani i suoi apostoli, ma sarebbe ritornato
a loro?
Letteralmente
Gesù alluse al suo ritorno visibile dopo la sua risurrezione e alla fine del
mondo; consolò gli apostoli della sua morte, dicendo che sarebbe ritornato, e
consolò la Chiesa militante che nelle sue lotte l’avrebbe visto quasi assente,
dicendo che sarebbe ritornato vivente nella sua gloria, per darle il possesso
solenne della vita eterna: Mi vedrete perché io vivo e voi vivrete. Nella
gloria della sua risurrezione, gli apostoli l’avrebbero riconosciuto meglio
come Dio, ed avrebbero capito che Egli è nel Padre, come avrebbero capito che
Egli è il Redentore, e gli uomini in Lui trovano la vita, ed Egli dimora in
loro per donarla. Nell’ultimo giorno sarebbe apparso evidente il fulgore della
sua divinità a tutte le genti, e la Chiesa, suo Corpo mistico, completa nella
sua santità e nei suoi eletti, sarebbe apparsa congiunta a Lui come membro al
corpo, ed Egli, congiunto ad essa, come Capo al corpo.
Gesù
Cristo doveva eclissarsi dagli apostoli con la sua morte e sepoltura, e doveva
eclissarsi anche dopo la risurrezione con la sua Ascensione al cielo. Gli
apostoli non l’avrebbero più avuto come Maestro visibile, e non avrebbero più
goduto della sua presenza sensibile, e perciò Egli promette loro lo Spirito
Santo come Maestro interiore di verità, e come Consolatore intimo nel cammino
terreno.
Egli
parla loro e parla a tutta la Chiesa, promette loro il suo ritorno dopo la
risurrezione, e promette alla Chiesa il suo ritorno non solo nel Giudizio finale,
ma in una nuova effusione di misericordie e di grazie, in un trionfo grandioso
che ne farà sentire la presenza, ne farà apprezzare la grandezza, e farà vivere
talmente di Lui Sacramentato, da sentire che Egli è in noi e noi in Lui. In
questa grande effusione di grazie e in questo trionfo Egli, sfigurato dagli
errori del mondo persino nell’animo di tanti fedeli, sarà riconosciuto
veramente come Dio: In quel giorno conoscerete che io sono nel Padre mio; e
sarà riconosciuto per la maggiore diffusione della vita eucaristica: Conoscerete
che voi siete in me e io in voi. Il trionfo sarà preparato dallo spirito
di verità, in opposizione allo spirito del mondo, perché ci sarà grande
luce di verità nella Chiesa, una maggiore comprensione della fede per i dottori
che la illumineranno di nuovi fulgori, per la grazia dello Spirito Santo.
Una bella predizione?
Questo
che diciamo risponde all’aspettazione della Chiesa fin dai suoi primordi.
La
Chiesa, tra le sue pene e le sue prove, ha aspettato sempre e attende tuttora
un trionfo smagliante del suo Redentore anche nel mondo; essa attende quasi una
nuova Pentecoste, una nuova effusione di grazia e di amore, una clamorosa
vittoria sul mondo, una grandiosa dilatazione del regno di Dio che sia pratica
glorificazione dei tesori della redenzione nelle anime, e soprattutto
dell’Eucaristia. Questa vittoria non sarà un’affermazione di prestigio
politico, non deriverà da onori e da beni temporali, ma sarà un’affermazione di
vita interiore in unione con Gesù Sacramentato, una potente affermazione della
forza che può dare lo Spirito Santo, nelle glorie della santità e del martirio,
un fervore nuovo nell’osservanza dei precetti e dei consigli evangelici, uno
splendore di smagliante purezza, di umiltà, di carità, di vita interiore e
soprannaturale, un rifiorire mirabile della vita religiosa, un ripopolarsi dei
chiostri deserti, diventati ora covi di profanatori ladri, di soldati, di
uffici pubblici, di ritrovi e persino di case di peccato.
Sarà
anche una rifioritura ammirabile della vita mistica, in elevazioni superiori a
quelle avute in ogni tempo, e Gesù Cristo si manifesterà alle anime elevate
così in uno splendore di luce tanto grande, da renderle monumento vivo d’amore
e tempio della Santissima Trinità.
È questo il trionfo che la Chiesa attende e che avrà dalla
bontà di Dio in mezzo a lotte anche più aspre di quelle sostenute nel passato.
Gesù lo espresse in poche parole, dicendo: Chi ha i miei comandamenti e li
osserva, mi ama. L’amore, dunque, dovrà essere pratico e operativo per
essere palpito vivo di santità. E chi mi ama sarà amato dal Padre mio, cioè
sarà oggetto di particolari grazie dello Spirito Santo, che è Amore infinito. Ed
io lo amerò – soggiunse Gesù –, e gli manifesterò me stesso; lo
amerò comunicandomi a lui nella mia vita di amore eucaristico, e gli manifesterò
me stesso nelle elevazioni dell’amore mistico.Padre Dolindo Ruotolo
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