Commento al Vangelo della XII Domenica del TO C 2013 (Lc 9,18-24)
Tu sei il Cristo di Dio
Dopo la
moltiplicazione dei pani e dei pesci, san Matteo e san Marco dicono che Gesù si
appartò su di un monte per pregare, ingiungendo ai suoi di andare in barca
all’altra riva. Nel mezzo del lago, gli apostoli furono sorpresi dalla
tempesta, e Gesù li raggiunse camminando sulle acque. San Matteo narra in
particolare l’episodio di san Pietro che, al comando del Maestro, camminò
anch’egli sulle acque (cf Mt 14,22ss;
Mc 6,46ss). Approdarono poi a
Genesaret, dove Gesù operò molti miracoli, e di là si trasferì nei pressi di
Tiro e di Sidone, dove avvenne l’episodio della Cananea (cf Mt 15,22ss; Mc 7,25ss).
Ritornato in
Galilea, Gesù vi guarì molti infermi, e in particolare un sordo-muto (cf Mc 7,32ss). La folla nuovamente lo
circondò, e Gesù l’alimentò con una seconda moltiplicazione, facendo bastare
sovrabbondantemente a circa quattromila persone sette pani e pochi pesciolini
(cf Mt 15,32-39; Mc 8,1-10). Dopo questa moltiplicazione, avvenne una disputa con i
farisei e i sadducei (cf Mt 16,1-4; Mc 8,11-13). Tornato a Betsaisa, Gesù vi
guarì un cieco, sputandogli sugli occhi (cf Mc
8,22-26), e andato con i suoi nei pressi di Cesarea di Filippo, domandò loro
che cosa dicessero di Lui gli uomini.
San Luca non
ricorda tutti questi avvenimenti e dalla prima moltiplicazione dei pani passa
subito a parlare della domanda fatta da Gesù ai suoi apostoli sulle voci che
correvano di Lui. A molti sembra inesplicabile questa lacuna di san Luca, e
suppongono che sia andato perduto qualche foglio del suo manoscritto; ma è
evidente che l’evangelista, avendo raccolto da altri le notizie dei fatti che
narra, non ebbe particolari informazioni su quegli avvenimenti, o le ebbe
frammentarie e pensò di non inserirle nel suo libro. Del resto, gli evangelisti
non raccontano tutto quello che avvenne nella vita di Gesù, e non c’è da meravigliarsi
della lacuna di san Luca. Si potrebbe anche supporre che Gesù non abbia
domandato una sola volta agli apostoli che cosa si dicesse di Lui e che, dopo
la prima moltiplicazione, appartatosi con loro in preghiera sul monte sul quale
si era recato proprio per questo, abbia fatto quella domanda per risuscitare in
loro la fede su quello che Egli era veramente.
A noi questo
sembra più probabile anche dal punto di vista psicologico: Gesù, infatti, aveva
raccolto gli apostoli dopo la missione da essi compiuta, per farli rifocillare
e riposare, e principalmente per dar loro, nel raccoglimento della preghiera,
un maggiore sentimento di umiltà, ed evitare che avessero potuto gloriarsi di
quello che avevano operato. Raccoltasi sul monte la turba, Egli non poté badare
ai suoi apostoli; ma, licenziatala dopo il grande miracolo, li riunì in
preghiera e domandò loro che cosa dicevano le turbe di Lui.
È evidente
dal contesto e anche dagli altri Vangeli che gli apostoli avevano capito poco o
niente del miracolo della moltiplicazione dei pani, e Gesù, con quella domanda,
volle richiamare la loro attenzione su quello che Egli era. Essi, infatti, non
avevano ancora in Lui un pieno abbandono e una piena fede, si preoccupavano
eccessivamente delle cose temporali, pensavano alla propria esaltazione, e
gareggiavano fra loro chi fosse il più grande, perché non riflettevano che Egli
era il Figlio di Dio.
Perché Gesù vieta ai
suoi apostoli di rivelare la sua identità
divina
Alla domanda
di Gesù, gli apostoli risposero riferendo le varie opinioni del popolo: chi
diceva che Egli era Giovanni Battista, chi Elia, e chi affermava che era
qualcuno degli antichi profeti risorto. E
voi – soggiunse Gesù –, chi dite che
io sia?
Simon Pietro
rispose subito per tutti: Il Cristo di Dio. La sua fede era piena, ed
egli, nell’esuberanza del suo amore, parlò in nome di tutti, anticipando, senza
pensarlo, ma per divina disposizione, i giorni del suo primato, nei quali
avrebbe illuminato tutta la
Chiesa con la sua infallibile fede.
Era la
verità, ma Gesù ingiunse severamente ai suoi apostoli di non dirla a nessuno,
soggiungendo che era necessaria la sua Passione e Morte, e poi la sua
risurrezione.
A prima
vista sembrerebbe che Gesù abbia voluto di proposito essere sconosciuto ai suoi
nemici, per rendere possibile la sua Passione e Morte, e sembrerebbe anche che
essi non avessero colpa di non averlo riconosciuto, dato che Egli non voleva
manifestarsi per quel che era. Gesù Cristo, invece, conosceva il cattivo animo
dei suoi nemici e sapeva che una confessione esplicita e prematura della sua
Divinità, fatta dai suoi apostoli, li avrebbe maggiormente aizzati contro di
loro e contro di Lui, rendendoli più colpevoli. Egli doveva patire ed essere
riprovato; questa era una necessità conseguente al suo disegno d’amore e
all’utilizzazione che voleva fare della stessa perversità dei suoi nemici, ma
non dava loro il pretesto per farlo, e nella sua misericordia li attendeva a
salutare ravvedimento con l’evidenza dei fatti che compiva e voleva compiere.
Questo ci fa
intendere l’ammirabile pazienza di Dio con i peccatori: Egli sa quello che
faranno e non manca di dar loro tutti gli aiuti per operare il bene; sa che ne
abuseranno, e li dà loro in modo da ridurre al minimo la responsabilità della
coscienza. Si nasconde non per impedire che rinsaviscano, ma per renderli meno
colpevoli.
Egli, poi,
sa che i suoi eletti ricaveranno tesori di meriti dalle mani dei perfidi e, pur
di arricchirli per la ricompensa eterna, non ha ritegno di apparire Egli
ingiusto e di dar mano lunga ai peccatori. Il suo divino gioco si vedrà subito,
del resto; i pochi secoli della storia del mondo sono meno che attimi innanzi a
Lui, e la sua grande carità, giustizia e misericordia verranno presto
giustificate.
A noi Dio domanda: E voi chi dite che io sia?
Ci sono oggi
quelli che credono Gesù persino malefico – è terribile, è terribile! –, e lo
combattono più che non si faccia con un nemico, e Dio domanda, con l’impeto del
suo amore, alla nostra fede: E voi chi dite che io sia? Che cosa
risponderemo noi? Oseremo ancora mormorare di Lui, o rimanere titubanti sulla
sua infinita Realtà, sulla sua sapienza e sul suo amore? Oseremo ancora giudicarlo
alla stregua delle suggestioni di satana o a quelle del nostro maledetto orgoglio?
Rispondiamo
con l’impeto dell’amore: Tu sei la
Verità , la
Sapienza e l’Amore per essenza; Tu sei l’Eterno, l’Infinito,
l’onnipotente Padre, Figlio e Spirito Santo.
Tu sei
Potenza, Provvidenza e Carità, e compi tutto con forza, con soavità e con
amore, o Santissima Trinità!
Che cosa
dice di te il mio intelletto? Ti credo!
Che cosa
dice la mia volontà? Ti obbedisco!
Che cosa
dice il mio cuore? Ti amo!
Che cosa
dico di te nelle oscurità della vita? Ti adoro!
Che cosa
dico nei dolori? Ti ringrazio e ti amo!
Che cosa
dico nelle tenebre e nelle angustie? Confido in te!
Che cosa
dico quando mi chiami al compimento della tua volontà? Adsum! Ecce Ancilla
Domini fiat mihi secundum verbum tuum.
Che
cosa dico quando la vita mi si rende tribolata? Sono peccatore, merito mille
volte di più, ti offro tutto in riparazione!
Che cosa
dirò nella morte quando tutto mi sfuggirà? Ecce venio ad te quem amavi, quem
quaesivi, quem semper optavi, ecco
vengo a te che ho amato che ho desiderato che ho sempre voluto!
Voglio che
la mia vita sia tutta un atto di fede, di speranza e di amore, voglio renderti
testimonianza di verità, di sapienza e di carità, anche a costo di agonizzare;
voglio essere geloso della tua gloria e difenderla contro tutto e contro tutti.
Non è uscita
mai, dal mio labbro, una parola di lamento su te, e col tuo aiuto non uscirà
mai, anche se queste labbra mi si marcissero, o mio Dio; e se satana mi tenta,
non farò mai affiorare dal mio spirito le sue tentazioni ma le soffocherò nella
fede e nell’amore, perché il loro lezzo non ammorbi gli altri.
Voglio
portare scritto, sulla mia fronte coraggiosa: Dio è mia gloria; sul mio
intelletto: Dio è mia luce; sul mio cuore: Dio è mio amore!
Voglio
deridere tutto ciò che non viene da Lui che non è per Lui che non è con Lui;
voglio aborrirlo, anche se avesse le parvenze del bello, del vero e del buono,
perché Tu solo, o Dio, sei Bellezza, Verità e Bontà!
Un libro che
abbia una sola ombra contro la sua gloria per me è più fetido d’un sepolcro e
più ripugnante d’un arto consunto dalla lebbra.
Un oggetto
che è macchiato di obbrobrio, perché contro la sua volontà e contro la sua
Legge è per me più abominevole d’un demonio.
Una
conoscenza che non mi porti a conoscerlo e ad amarlo è per me più tenebrosa di
un abisso!
Dio, Dio mio
che cosa dirò di te, io, piccola tua creatura? Farò del mio intelletto un
timpano di luce per osannare alla tua eterna verità; farò del mio cuore un
cembalo d’amore, per cantarti amore; farò del mio corpo un’arpa a dieci corde,
intonate ai tuoi comandi, per cantarti tutta la mia fedeltà!
Che cosa ti
dirò io, creato dalla tua onnipotenza, mondato dalla tua misericordia, e vivificato
dal tuo amore? Ti dirò che sono tuo che canto le tue misericordie in eterno e
che corro a te come cervo alla fonte!
Oh, non mi
dite che su di una parola del Vangelo io mi dilungo, poiché non è mai eccessiva
la protesta dell’amore tra le voci folli che corrono nel mondo su Dio!
Ponderate
quel che dicono gli uomini di Dio, e vedete se non erompe, se non deve erompere
dal nostro cuore, percosso come la roccia del deserto, un fiume d’amore, un
devastante fiume che tenti trascinare nell’abisso tutte le brutture
dell’ingratitudine umana.
Oh, come
potrebbe essere eccessiva la testimonianza resa all’infinito?
Si può imporre un freno al cuore che geme, o un
laccio all’impeto dell’amore ferito? Ed io gemo, o mio Dio, perché la tua gloria
è manomessa dai vilissimi vermi umani, e il mio povero amore è ferito dalle
ingiurie che ti si rivolgono! Perché non mi dai le ali, perché non mi muti in
un turbine, perché non divento una fiamma, perché non volo, turbinando là dove
è rinnegato il tuo Nome, e perché non consumo col mio amore quello che si
oppone al tuo Amore?
Domandami
ancora, mio Dio: E tu, cosa dici di me?
Domandamelo
ancora, mio Dio: «Che cosa tu dici di me?». Domandamelo, perché non mi stanco
di dirtelo: Tu sei carità!
Che cosa dico
di te? Ti risponda tutto l’essere mio fatto vittima d’amore; ti risponda con le
armonie del dolore, erompente dalla mia fragilità come scroscio d’amore: “Tu
sei degno d’ogni amore, Tu solo!”.
Che
cosa io dico di te? Ti risponda per me la mia sorella morte, spegnendo la mia
fiamma, crepitante tra le angustie dell’agonia: “Sei vita!”.
Che
cosa dico di te? Ti risponda per me dal mio sepolcro la putredine che
dissolverà il mio corpo: “Tutto invecchia come panno che si consuma, e Tu sei
l’immutabile!”.
Che
cosa io dico di te? Ti risponda per me l’armonia dell’eterna gloria, nella
quale spero che ti loderà l’anima mia in eterno: Santo, Santo, Santo, sei Tu,
Dio della gloria, Padre, Figlio e Spirito Santo, Potenza, Sapienza e Amore… O
Santissima Trinità!
Padre Dolindo Ruotolo
Nessun commento:
Posta un commento