Commento al Vangelo della XVI Domenica TO 2013 C (Lc 10,38-42)
San Lorenzo da
Brindisi
Marta e Maria
Mentre
Gesù andava verso Gerusalemme, sostò in un villaggio chiamato Betania, e si
trattenne in casa di una famiglia a Lui devota, la famiglia di Lazzaro. Questi
aveva due sorelle: Marta, forse la maggiore che si occupava principalmente
delle faccende di casa, e Maria che comunemente s’identifica con la Maddalena , convertita
già da Gesù. Marta, volendo fare gli onori di casa a Gesù, era tutta in
faccende per preparare il desinare e, vedendo che la sorella stava ai piedi di
Gesù, estasiata nell’ascoltarlo, ne fu contrariata e se ne lamentò col Signore.
Le sembrò un egoismo quello di Maria e anche un’oziosità,
quando c’erano tante cose da fare. In quel momento, per lei le cose spirituali
non avevano alcun valore. Ma Gesù dolcemente la rimproverò, dicendole: Marta,
Marta, tu ti affanni e ti turbi per molte cose. Eppure una sola cosa è
necessaria. Maria ha eletto la parte migliore che non le sarà tolta.
In queste parole, in
apparenza così semplici, c’è tutta la valutazione della vita umana sulla terra,
e un ammonimento agli uomini per il vano affannarsi intorno a ciò che passa.
Quelle parole: Porro unum est necessarium, dovrebbero esserci scolpite nel cuore e diventare la
regola delle nostre attività. I mondani, infatti, vivendo per questa terra
soltanto, senza pensiero della vita eterna, credono non solo della massima
importanza badare alle cose temporali, ma addirittura ozioso e vano occuparsi
delle cose spirituali. Anche quelli che credono di avere una certa stima delle
cose spirituali tengono in gran conto la vita attiva, e l’occuparsi soprattutto
di soccorrere gl’infelici temporalmente, stimando inutile e vana la vita di
preghiera e di contemplazione.
Eppure è perfettamente
l’opposto.
La vita naturale e ciò che ad essa si riferisce è solo un
mezzo per quella spirituale, e la vita spiritualmente attiva è un frutto di
quella contemplativa ed interiore; è stoltezza dimenticare l’anima e badare
solo al corpo, ed è ugualmente sciocco darsi alle opere esterne di bene senza
alimentarle con la vita interiore e con la preghiera.
Se si pensa che tutto passa nella vita, chi può pensare o
supporre che possa avere importanza ciò che finisce e possa valere nulla ciò
che dura eternamente? Si può dire che tutto lo sconcerto della vita nostra è
fondato proprio sulla poca o nessuna valutazione dei beni eterni e di ciò che
ad essi ci conduce. La preghiera, la
Messa , i Sacramenti, la Parola di Dio sono sempre l’ultima cosa per
moltissimi uomini.
Per i genitori, per esempio, la scuola ha un’importanza
capitale per i figli, dovendoli avviare verso una qualunque professione, ma
tante volte per essi non ha alcun peso la vita spirituale che deve avviarli
alla vita eterna.
Se una figlia deve sposarsi, tutto è poco: dote, corredo,
spese di lusso, ma se deve farsi monaca tutto è esagerato. Non importa nulla
che la figlia, sposandosi, se ne vada lontano; anzi si giudicano poco meno che
isteriche le sue lacrime nel distacco; ma se, dandosi a Dio, deve per poco
allontanarsi, quel dolore appare insopportabile e si cercano tutti i mezzi per
impedirlo.
Se un figlio deve affrontare i pericoli più gravi per una
professione, non fa niente, ma se deve fare una piccola rinuncia per farsi
sacerdote, sembra una pazzia.
È una pena grande constatare questa incoscienza per ciò che è
eterno, quasi che fossimo solo per questa vita e per questa terra. Gridiamolo
al mondo che vorrebbe allettarci con le sue fantasmagorie: Porro unum, solo una cosa è necessaria;
quello che è temporale ci viene tolto e quello che è eterno non ci viene mai
sottratto. Chi si dà a Dio sceglie la parte migliore anche in riguardo alla
vita presente, e questa non offre mai disinganni, ma è ricca di pace e di soddisfazioni
incomparabili.
I valori veri della vita
Si potrebbe obiettare: con questo criterio e con questa
valutazione, finirebbe tutta la vita presente, e la civiltà con le sue opere
non avrebbe ragion d’essere. Rispondiamo, ritorcendo l’argomento che col
criterio del mondo praticamente finisce ogni vita spirituale, ciò che è
accidentale, diventa sostanziale e la famosissima civiltà sbocca
inesorabilmente nelle barbarie. Se non ci fosse tutta, diciamo tutta, la storia
umana a dimostrarlo, e se ci fosse in questo una sola eccezione, diciamo una
sola, si potrebbe
anche tollerare l’illusione della civiltà senza spiritualità; ma, dolorosamente,
si sa dove sono andati a finire e dove finiscono i grandi imperi. È conosciuta
la barbarie spaventosa degli Egiziani, degli Assiri, dei Babilonesi, dei
Romani, ed è contemporanea quella degli imperi moderni.
Chi dissente da questo, nega l’evidenza, o crede civiltà
l’assassinio, la sopraffazione, la corruzione dei costumi, il furto
legalizzato, l’aborto, il divorzio, il meretricio, l’infanticidio, ecc.
Come la corruzione dell’organismo si manifesta nei gonfiori,
nelle posteme, nei tumori e, nella migliore ipotesi, nell’obesità, così la
corruzione delle nazioni si manifesta nell’imperialismo che culmina nella
morte.
Oggi si gloriano dovunque dell’imperialismo ognuno per conto
proprio, e non si pensa che questa elefantiasi dell’orgoglio è un prodromo
della morte delle nazioni.
Porro unum, una sola cosa è necessaria: vivere
onestamente, cristianamente, santamente.
Che ci sia o non ci sia il monumento grandioso è
perfettamente accidentale; tanti paesi non li hanno e vivono meglio.
Che ci siano o non ci siano letterati eminenti, è
completamente accessorio, poiché garantiamo che, anche senza i poeti o i
romanzieri, il mondo va per la sua via.
Che in una città si possano sciorinare con più libertà i
panni al sole e in un’altra no è più o meno accidentale all’ordine civico, ma è
assurdo che non si possano spandere i panni e si possano mostrare spettacoli di
degradazione morale che si tolga la spazzatura e si lasci il marciume impuro
nelle vetrine che s’impedisca ad un’innocente capra di camminare per la strada
supercivile, e vi si lasci camminare liberamente la donna corrotta e
corruttrice.
Non diciamo di ritornare a forme primitive di vita
– il che peraltro sotto molti aspetti sarebbe anche desiderabile –, ma diciamo
di ricordare che porro unum est necessarium, e che cercare le alte mete dello spirito è il sommo
della vera civiltà, e la civiltà è vero progresso solo quando favorisce e aiuta
l’indipendenza dello spirito dalla materia. Padre Dolindo Ruotolo
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