Commento al Vangelo della XIX Domenica TO 2013 C (Lc 12,32-48)
Riguardarsi pellegrini sulla terra
Gli
antichi, usando vesti lunghe, quando viaggiavano o lavoravano le raccoglievano
con una cintura attorno ai lombi, per essere più spediti nei movimenti. Quando
camminavano, poi, per andare ad una festa di nozze, celebrandosi essa nella
notte, portavano le lampade accese. Gesù vuole che noi viviamo sulla terra con
i lombi recinti, cioè
come pellegrini, e che siamo come servi che aspettano il padrone che torna
dalle nozze e che, non sapendo a che ora viene, stanno vigilanti nella notte.
La
vita è una continua aspettazione della morte, e la morte è il momento solenne
nel quale Gesù, Sposo della Chiesa, viene a prendere l’anima nostra per introdurla
alle nozze eterne. Egli verrà improvvisamente e quando meno lo aspettiamo,
perché nessuno sa il momento della morte.
La
vita terrena è come una notte, perché non ha la vera luce della gioia, ed è una
prova. Essa può riguardarsi quasi divisa in tre vigilie, come gli antichi
dividevano la notte: la gioventù, la virilità, la vecchiaia. Il Signore può
venire in ciascuna di queste vigilie, e bisogna che noi siamo vigilanti per
accoglierlo, se vogliamo che Egli ci partecipi l’eterna gloria, quasi come un
padrone che si cinge, fa sedere a mensa i suoi servi fedeli, e somministra loro
il cibo. Il Signore, nella gloria, ci comunica la sua stessa felicità, e può
dirsi veramente che Egli si cinge e ci alimenta, perché, nella sua grandezza, si proporziona a ciascun’anima
e, secondo la capacità di lei, l’alimenta di beni eterni.
Nella
notte della vita possono venire anche i ladri a rubarci l’anima, poiché i
demoni stanno sempre in agguato, ed è necessario vigilare per non farsi
derubare dei beni eterni. Viene il Signore improvvisamente e, come si sta
vigilanti per attenderlo, bisogna anche vegliare contro le incursioni dei
demoni che tentano di compromettere il momento dell’incontro dell’anima con
Dio.
Ecco
una visuale della vita che non può lasciar adito ad illusioni e non può rendere
titubante il cristiano di fronte ai propri doveri: se egli è pellegrino, sta in
una posizione provvisoria, nella quale non può estremamente interessarlo ciò
che è temporale e tanto meno può interessarlo fino a compromettere i beni eterni.
Egli
è pellegrino che aspetta Gesù nell’ultima ora della vita e l’aspetta senza
sapere quando venga. Deve dunque essere pronto a riceverlo, facendosi trovare
fedele, poiché tutta la vita è vana, anzi è perdizione se non risponde alla sua
divina volontà. Viene la persecuzione, viene il ladro che vuole rubarci i beni
eterni, e l’anima rimane incrollabile e salda, pensando alla venuta del Re
immortale, al Giudizio e alla sentenza che Egli pronuncerà per noi.
Pietro,
ascoltando questa istruzione, domandò al Maestro se l’aveva detta per tutti o
solo per i suoi apostoli; egli avrebbe voluto intendere meglio che cosa
significava per loro essere vigilanti e attenderlo, e domandò chiarimenti.
Forse pensò che parlasse del suo regno temporale da essi atteso. Gesù Cristo
non gli rispose direttamente, perché era chiaro che quell’istruzione riguardava
tutti; ma gli rispose aggiungendo al suo discorso quello che riguardava in modo
particolare gli apostoli, e in generale i ministri di Dio. Questi, infatti, non
debbono vigilare solo per loro, ma anche per gli altri, dovendo essere
dispensatori fedeli e prudenti dei doni di Dio alle anime.
Gesù
Cristo esprime questo pensiero con un’interrogazione: Chi credi tu che sia
il dispensatore fedele e prudente?,
ecc. Lo esprime così perché era circondato dagli scribi e farisei,
dispensatori infedeli e violenti. Egli voleva dirgli: «Credi tu che ci siano
dispensatori fedeli e prudenti che diano a ciascuno quello che Dio elargisce
per il bene delle anime?». E, senza scendere a particolari rimproveri, insiste
sul dovere che un ministro di Dio ha di vigilare sulle anime e di compiere con
grande accuratezza gli uffici che ha dal Signore verso di loro, pensando al
rendiconto finale. Chi crede che la vita sia un divertimento o una ricerca dei
propri comodi e, lungi dal curare le anime le maltratta, dandosi ad una vita disordinata,
nel Giudizio sarà considerato come un infedele e sarà punito.
Con uno sguardo divino che abbraccia il futuro, Gesù
guarda tutti i suoi sacerdoti e li paragona a quelli dell’antico patto; questi
possono trovare un’attenuante nelle loro miserie, ma quelli, avendo conosciuto
la volontà di Dio e avendo avuto molto di più, saranno puniti molto più severamente
nel Giudizio, se avranno avuto la sventura di essere infedeli. Il forte
carattere di un sacerdote, perciò, dipende dal concetto che egli si forma della
missione che riceve da Dio. Tutti sono pellegrini sulla terra e debbono essere
vigilanti, nell’attesa dell’ora di Dio; ma il sacerdote, oltre ad essere
pellegrino, è anche dispensatore dei beni celesti ed è responsabile delle anime
che gli sono affidate; egli, quindi, meno degli altri fedeli può considerare la
sua vita con leggerezza, o condurla disordinatamente, quasi non avesse da
renderne conto; egli ha ricevuto più di tutti, e più di tutti sarà punito nelle
sue infedeltà.
Padre Dolindo Ruotolo
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