Sacro
Triduo Pasquale – Messa in «Cœna Domini»
Commento
al Vangelo del Giovedì Santo 2014 (Gv
13,1-15)
Gesù lava i piedi agli apostoli
San
Giovanni riesce a descrivere l’amore col quale Gesù preparò la
dedizione sua agli apostoli, desideroso di purificarli per poterli
vivificare.
Essi
erano
in grazia di Dio, eccetto Giuda traditore, ma avevano tante
imperfezioni nell’anima e, poco prima, come riferisce san Luca
(23,24), avevano discusso su chi di loro sarebbe stato il più
grande.
Gesù
volle purificarli di quest’orgoglio con un profondo atto di umiltà,
e volle correggerli di quell’emulazione che era trascesa
nell’alterco, con un atto di amorosissima carità.
Lavò
loro i piedi, e certo non fece questo solo materialmente, ma, nel
lavarli, comunicò loro una grazia interiore e li purificò. Essi,
che lo amavano, vedendolo umiliato ai loro piedi come un servo, si
umiliarono profondamente, e furono purificati dalla loro miseria.
Fatta
dunque
la
cena o,
come indica il testo greco di codici autorevoli, durante
la cena, Gesù
si raccolse tutto in se stesso e apparve come trasfigurato dall’amore
e dal dolore. Giuda, infatti, istigato da satana, aveva già
stabilito di tradirlo, e Gesù, addoloratissimo tentò nella sua
misericordia l’ultimo assalto per conquiderlo. Fu questo il primo
pensiero che ebbe nel determinarsi a lavare i piedi ai suoi
discepoli, e l’evangelista, di proposito, lo fa notare.
Sull’umiltà che devono avere i capi
Giuda lo
avversava perché gli pesava il suo giogo soavissimo, si urtava nel
sentirlo chiamare Maestro, si ribellava al solo pensiero d’essergli
sottomesso, e Gesù volle mostrarsi Egli sottomesso a lui,
umiliandosi persino ai suoi piedi.
L’atto
di umiltà che si accinse a fare, era tanto più meraviglioso, in
quanto Egli sapeva bene d’essere il Figlio di Dio, e sapeva
d’andare incontro alla morte proprio per il tradimento
dell’apostolo infedele. San Giovanni fa notare questa circostanza
in modo enfatico: Sapendo
che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani, e che era venuto da Dio
e a Dio andava, si levò da cena. Lezione
stupenda di misericordia e di carità a quei superiori che hanno
sudditi ingrati e ribelli e, in nome della propria dignità, credono
di doverli trattare con inesorabile severità. Gesù Cristo, Figlio
di Dio, nelle cui mani era ogni potere, pur sapendo che Giuda non
avrebbe corrisposto alla sua bontà, si umiliò fino a lavargli i
piedi, e si umiliò innanzi a tutti i suoi apostoli per migliorarli,
e liberarli dalle loro miserie. Chi sta in alto non può sempre far
uso della sua potestà: deve saper anche umiliarsi, e deve saper
curare, con la bontà, l’ostinazione dei cuori che gli sono
affidati.
La forza
non corregge mai l’anima, benché possa disciplinare esternamente
la vita; l’umiltà, invece, può correggere l’anima e, in ogni
caso, ne diminuisce sempre la perversità. Forse, quando Giuda vide
condannato Gesù e fu preso da un pentimento disperato del male che
gli aveva fatto, il ricordo della sua umiliazione nel lavargli i
piedi concorse, anzi determinò, in lui, quel sentimento di
compassione e di sgomento che, certo, fu l’unica nota attenuante
del delitto commesso.
Giuda non
si pentì soprannaturalmente in modo da meritare il perdono, non
confessò Gesù come Figlio di Dio, ma per lo meno lo confessò
giusto e innocente, e questo attenuò l’orrore del suo peccato.
Alzatosi
da tavola, Gesù depose
le sue vesti, cioè
il pallio e la sopravveste che potevano essergli d’impaccio, prese
un asciugatoio e se ne cinse e, versata l’acqua in una bacinella,
cominciò a lavare i piedi dei suoi apostoli, asciugandoli col panno
del quale era cinto. Com’è chiaro dal contesto, Egli andò prima
da Pietro. L’evangelista, infatti, dopo aver accennato in generale
alla lavanda, scende ad un particolare che era interessante,
riguardando il capo degli apostoli.
Pietro,
nel vedere ai suoi piedi Gesù, scorgendo in quell’atto stesso di
umiltà la maestà divina che in Lui rifulgeva e l’amore che lo
muoveva, ritirando con un gesto improvviso le estremità, disse con
accento di stupore e di amore: Signore,
tu lavare a me i piedi? E
voleva dire: Tu Maestro mio, tu pieno di maestà abbassarti fino a
me, povero pescatore e povero peccatore? Il gesto di Pietro fu reciso
ed energico, e Gesù lo controbilanciò con un atto di tenera
persuasione, dicendogli: Quello
che io faccio tu ora non l’intendi, lo intenderai in seguito; e
dovette stendere le mani per prendergli i piedi e metterli nella
bacinella. Ma Pietro, più energicamente, li ritrasse, e col suo modo
affettuosamente irruente, a troncare la questione disse: Tu
non mi laverai i piedi in eterno. Gesù
gli aveva detto che in seguito
avrebbe
capito il significato e il valore di quell’atto, cioè che dopo
gliene avrebbe dato la ragione; ma Pietro, come del resto tutti gli
apostoli, voleva veder chiaro, e in quel momento la sua ragione
pretendeva imporsi al comando amoroso di Gesù. Gli apostoli, nella
loro semplicità, volevano ragionare, e Pietro non ammetteva un
ragionamento postumo in una degnazione che ripugnava all’amore che
portava al Maestro.
Era un
atto di affetto, senza dubbio, ma era anche un atto di ostinazione
contro un disegno d’amore, e perciò Gesù gli disse: Se
non ti laverò non avrai parte con me; e
voleva dire: Se non ti purificherò così, non potrai partecipare al
Sacramento che sto per istituire, per il quale occorre una purità
piena di coscienza. Pietro, però, capì che se non gli avesse
permesso di lavarlo, non avrebbe avuto parte nel suo regno, e sarebbe
stato allontanato da Lui. Lo stesso amore lo fece cadere nell’eccesso
opposto, e gridò, porgendogli i piedi: Signore,
non solo i miei piedi, ma anche le mani ed il capo.
La lavanda dei piedi,
come un sacramentale
Nella sua
rozzezza, non capì che Gesù voleva lavargli i piedi per lavargli
l’anima, non capì che quell’atto di umiltà e d’amore era un
sacramentale di misericordia; credé si trattasse di pulizia del
corpo, per stare a tavola con maggior decoro e poiché, mangiando
l’agnello, si era unte le mani e le labbra, si dichiarò pronto a
farsi mondare. Ma Gesù, richiamandolo alle cose dello spirito con un
paragone, soggiunse: Chi
ha fatto il bagno non ha bisogno di lavarsi se non i piedi, essendo
interamente mondo. E
voi
siete mondi, ma non tutti. E
voleva dire, secondo il testo greco: Come chi ha fatto già un bagno
e va a casa ha bisogno di lavarsi solo i piedi impolverati nei
sandali per il cammino fatto, così voi, già mondi per la grazia che
vi ho data, avete bisogno d’essere purificati solo nella debolezza
del vostro mortale cammino. Specificò così il significato di quel
sacramentale: Egli lavava i piedi per purificare le piccole colpe
inevitabili nel mortale cammino; porgeva l’acqua santificata dalle
sue mani, e le dava efficacia con la sua umiliazione, compungendo il
loro cuore.
L’acqua
era un segno esterno di purificazione; la sua umiliazione era il
merito che dava a quel segno il valore di una purificazione, e la
compunzione del cuore degli apostoli era la corrispondenza e il
concorso personale alla grazia purificatrice. Gesù nel dire: Voi
siete mondi, ma non tutti, si
accorò immensamente, pensando a Giuda, come nota il Sacro Testo;
all’apostolo infedele quella lavanda non valse a purificarlo:
avrebbe avuto bisogno di un bagno di grazia, e lo rifiutava perché
ostinato nel suo peccato.
L’insegnamento
della lavanda dei piedi fatta da Gesù
Con
infinito amore, Gesù compì la lavanda a tutti gli apostoli,
senz’altra protesta da parte loro; poi riprese le vesti, e
riassisosi a tavola, disse loro: Sapete
quello che ho fatto a voi? Voi mi chiamate Signore e Maestro e dite
bene perché io lo sono; ora se io, Signore e Maestro, ho lavato i
vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi l’un l’altro. Vi
ho dato infatti l’esempio, affinché come ho fatto io, facciate
anche voi.
Il valore
della lavanda era una purificazione delle piccole colpe, il
significato era una lezione pratica di umiltà e di carità. Gesù
Cristo, prossimo a lasciare i suoi cari e a compiere il suo
sacrificio sanguinoso sul Calvario, dava loro la stessa sua potenza e
autorità, istituendo l’Eucaristia e il Sacerdozio, ed esigeva da
loro una grande umiltà e carità per compiere gli altissimi uffici
ai quali li destinava. Fino ad allora, essi avevano creduto di poter
conquistare posti di onore nel suo regno, anzi avevano altercato fra
loro per assicurarsi gli uni sugli altri una preminenza; ora, ecco la
preminenza cui dovevano aspirare: umiliarsi, compatire ed avere
carità gli uni gli altri, imitando il suo esempio.
Egli non
comandava che materialmente si fossero lavati i piedi gli uni gli
altri, ma che come
Egli,
Signore e Maestro, si era umiliato ai loro piedi in quell’atto di
bontà, così essi avessero avuto cura di umiliarsi nella loro
dignità, e di avere carità nell’esercitarla, mondando le anime
dalla loro miseria, e compatendole con estrema bontà e carità. Essi
non avrebbero potuto presumere d’essere di più di Lui, poiché
nessun
servo è maggiore del suo padrone; la
loro pace e beatitudine futura nel ministero che loro assegnava,
dipendeva da questo preciso concetto che dovevano avere della loro
dignità e dell’esercizio della loro dignità.
Don Dolindo Ruotolo
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