Commento
al Vangelo – VII Domenica di Pasqua 2014 A (Mt
28,16-20)
Solennità
– Ascensione del Signore
Gli
apostoli mandati da Gesù ad
evangelizzare
il mondo
Mentre
i sacerdoti, gli scribi e i farisei cercavano, con la più stupida
calunnia, d’impedire il propagarsi della buona novella, Gesù
Cristo, con la sua divina autorità, investiva gli apostoli della
loro missione e solennemente li mandava ad annunciare la verità a
tutte le genti di buona volontà, battezzandole nel nome della
Santissima Trinità, e incorporandole al suo Corpo mistico. Egli,
mandandoli, non li fece ministri di una vana eloquenza, ma ordinò
loro di istruire
le genti e d’insegnare
ad osservare tutto ciò che aveva comandato loro. La predicazione
evangelica è perciò eminentemente didascalica, e non può perdersi
in vane parlate che servirebbero più a magnificare l’oratore che a
dilatare il regno di Dio. L’esposizione delle verità, del resto, è
l’eloquenza più bella che possa desiderarsi, poiché è luce che
illumina la mente, ed è calore che riscalda il cuore e la vita.
L’oratoria non è mai apostolato, anzi molte volte diventa vera
causa dell’ignoranza che affligge l’anima cristiana. Bisogna
darle definitivamente il bando, e ritornare alle forme di omelia e di
catechesi che avevano le prediche nella Chiesa primitiva.
Mandando
gli apostoli in tutto il mondo, Gesù Cristo, fece ad essi e ai
fedeli di tutti i secoli la consolante promessa di essere con la
Chiesa e con loro fino alla consumazione dei secoli. Egli, difatti, è
con noi vivo e vero, nella Santissima Eucaristia, ed è con
l’autorità che regge la Chiesa, di modo che non può mai avvenire
che la verità e la vita della Chiesa possano venir meno nel corso
dei secoli. La promessa dell’indefettibilità del Corpo mistico del
Re divino esclude, nella maniera più categorica, la fandonia di
quelli, i quali affermano, con tracotanza, che la Chiesa ha deviato
dal suo cammino. È un assurdo che contrasta con l’essenza della
promessa del Redentore e con la testimonianza della storia. Se la
Chiesa avesse deviato, Gesù non sarebbe stato con essa e non
l’avrebbe assistita; se avesse smarrito la verità, sarebbe perita,
perché la sua vita sta tutta nella verità e nel bene. Ringraziamo
Dio che essa è, invece, più rigogliosa che mai, e cantiamo al
Signore un inno d’amore riconoscente, perché si è degnato di
conservarci nel suo seno.
Per la
presenza di Gesù Cristo, la vita della Chiesa è una meraviglia di
luce, di fecondità e di forza spirituale che trascende ogni
immaginazione umana; per la presenza eucaristica, fiorisce nel suo
seno l’eroismo più puro, ed essa ascende sempre dalla povera valle
dove peregrina fino al godimento eterno.
Nel suo
mortale cammino è sempre assalita e combattuta, perché segue il suo
Re appassionato, ma il sapere che Egli è con essa, il constatarlo,
il viverne è tale conforto che muta tutte le sue battaglie in
trionfi, e le fa godere, nelle stesse angustie, la pace più
profonda. La frase del poeta venosino che il sole non ha visto mai
nulla di più grande di Roma può applicarsi solo nella Chiesa se si
vuol dare ad essa il valore del vaticinio. Roma pagana, infatti, in
mezzo alle grandezze militari, offrì uno spettacolo di tale miseria
morale, da potersi dire che il sole non abbia visto nulla di più
turpe; Roma pagana, oggi, è solo un insieme di rovine che sono
archeologicamente interessanti e rivelano una grandezza passata, ma
che, in fondo, sono ruderi informi. Solo la Chiesa ha reso Roma il
centro dell’impero del Re divino; solo la Chiesa, nonostante le
inevitabili debolezze degli uomini che ne fanno parte, offre lo
spettacolo di un impero di verità, di bene e di amore, dove la
potestà che comanda non cerca la gloria ma il bene, non opprime ma
guida, non sfrutta ma dona, e dona le ineffabili ricchezze spirituali
che essa possiede.
Quale
società e quale istituzione può avere vivo in lei il suo fondatore?
I mausolei e i monumenti più grandiosi non sono che pietre, e i
resti mortali degli uomini illustri sono putredine e cenere. Solo la
Chiesa possiede il suo Re risorto e immortale, lo possiede vivo e
vero, lo adora, gli parla, gli si unisce, ne beve la vita, e si
consola in Lui. Il sacro tabernacolo eucaristico è più che un
monumento; è l’Arca dov’Egli vive, ci si dona, e regna.
Per
l’Eucaristia, il dono della sua Parola diventa vita, immaginare il
Vangelo senza il tabernacolo eucaristico è come immaginare una
statua senza movimento e senza respiro, o come pretendere che un
erbario possa essere lo stesso che la feconda campagna. Gesù Cristo
è sempre con la Chiesa, e vi continua la sua vita ammirabile,
riproducendola nel suo Corpo mistico, e comunicandola attraverso i
Sacramenti; Egli è veramente con
noi,
perché ci genera, ci alimenta, ci istruisce, ci guida, ci sostiene,
e ci porta alla vita eterna.
Padre Dolindo Ruotolo
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