Commento al Vangelo della XXXIV Domenica TO 2014 A (Mt 25,31-46)
Il Giudizio universale
Dopo aver
accennato alla fine del mondo e al Giudizio di Dio nel capitolo precedente, e
dopo averci esortato alla vigilanza e all’operosità in questo, Gesù Cristo
accenna alla disamina e alla sentenza del Giudizio finale. Egli verrà con
grande maestà insieme ai suoi angeli, e per il loro ministero separerà i buoni
dai cattivi, come si separano in un ovile le pecorelle dai capretti. I buoni
saranno alla destra, e i cattivi alla sinistra. Gli uomini non saranno alla sua
presenza solo come individui, ma anche come nazioni, perché il Giudizio finale
dovrà essere la suprema glorificazione del Re divino innanzi a quelle stesse
nazioni che tante volte rifiutarono il suo impero soavissimo. Tutto l’oggetto
dell’esame sembra ristretto solo alla carità corporale ma, in realtà, Gesù
Cristo si limita solo alla carità fatta a Lui e per Lui nella persona dei
poveri e dei sofferenti, per dirci che Egli è il centro di tutta l’attività
umana, e a Lui deve convergere tutto.
Egli, infatti,
non loda le opere della misericordia corporale per il sollievo che hanno dato
al sofferente, ma perché sono state fatte a Lui nella persona dei sofferenti.
Copre tutti gli infelici col suo manto regale, anzi si unifica quasi con loro,
per dare il motivo più forte e più costante della carità. Non è un volere tutto
accentrare in sé per affermare un dominio assoluto, come potrebbe farlo un
uomo, ma per abbracciare nel suo Cuore divino gli uomini, e garantirli contro i
soprusi e le sopraffazioni dell’egoismo umano. La storia dimostra fino
all’evidenza che solo così è fiorita la carità nella terra, e che solo per Gesù
essa ha raggiunto le vette dell’eroismo.
La carità
corporale suppone quella spirituale, perché sarebbe vano consolare il corpo
senza consolare l’anima. La carità verso il prossimo suppone quella verso Dio,
perché senza l’amore di Dio è impossibile. L’amore di Dio comporta l’osservanza
della legge e la fedeltà in tutti i propri doveri. È chiaro, dunque, che,
nell’esame della carità, Gesù ha voluto implicitamente accennare all’esame di
tutta la vita nostra.
Nel Giudizio,
inoltre, sono giudicate le nazioni in quanto tali; ora le nazioni hanno
un’attività temporale, e praticamente quelli che le reggono debbono pensare a
provvedere i popoli di quello che è necessario alla vita. Questo dovere non si
compie senza che Gesù sia il centro e la meta della vita nazionale, e senza che
l’amore di tutti lo applaudisca come Re e come unico amore. Non lo vediamo
praticamente nella vita dei popoli? Le genti che rifiutano il regno di Gesù
Cristo cadono nella miseria più squallida e nel disordine più spaventoso; cessa
ogni più elementare prosperità, e si cade nel caos perché i governanti che non
vedono Gesù nel prossimo vi vedono solo una parte materiale del tutto, e hanno
per programma il proprio tornaconto o, tutt’al più, un falso bene comune che è
il massacro sistematico di quelli che sembrano inutili o di peso, ed è
l’asservimento alla barbarie di un imperialismo vuoto. Gli spaventosi delitti
consumati in Germania, in Russia, in Messico e in Spagna, dei quali è così vivo
ed attuale il tristissimo ricordo, dimostrano fino all’evidenza che dove non
regna Gesù Cristo regna la più feroce barbarie.
Pensiamo all’epilogo
della nostra vita: o l’eterno supplizio o la vita eterna. È terribile! Non si
sfugge da questi due estremi! E allora che vale gettarsi a capofitto nelle
misere soddisfazioni della terra e vivere come se non dovessimo fra pochi anni,
anzi forse fra mesi e fra giorni trovarci di fronte all’eternità? Quanti anni
hai? Mettiamo sessanta o settanta; fra dieci anni sgombrerai. Non ti apparterrà
più nulla né letto né biancheria né denaro; nessuno più ti curerà, sarai
dimenticato, sarai nell’eternità, felice o infelice secondo quello che avrai
meritato. Non guardare al mondo, abbraccia la croce, segui Gesù e, per suo
amore, passa operando il bene, affinché Egli ti benedica e ti accolga nella
gloria. Le tribolazioni passano, non ti angustiare eccessivamente, non guardare
al di là dell’affanno giornaliero, guarda Dio solo e confida in Lui,
abbandonandoti alla sua misericordia. Sospira come pellegrino alla patria.Servo di Dio Don Dolindo Ruotolo
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