Commento al Vangelo – Domenica dopo l’Epifania (Mc
1,7-11)
Battesimo del Signore -
Festa
La voce del Padre nel Giordano
San Marco sintetizza, in brevi parole,
due grandi avvenimenti della vita di Gesù Cristo; il suo battesimo nel Giordano
e la sua tentazione nel deserto. Avendo parlato della voce che gridava nel
deserto per preparare la via del Signore, è attratto dal ricordo della voce del
Padre che risuonò sul Giordano, e accenna appena alla voce di satana che tentò
troncare la missione del Redentore. Una voce la preparava, una voce la
proclamava, una voce tentava arrestarla. Le circostanze di questi fatti sono
quasi accidentali, e l’evangelista vi si trattiene poco.
Giovanni
aveva detto che il Redentore avrebbe battezzato nello Spirito Santo, e Gesù
Cristo volle consolarlo, iniziando quel battesimo proprio per le mani di lui.
Andò a ricevere il battesimo della penitenza per accogliere su di sé i nostri
peccati, e andò a santificare le acque con la sua presenza e con quella del
Padre e dello Spirito Santo, perché si fossero mutate in lavacro di
rigenerazione e di grazia. Scese nelle acque come novello Mosè, e aprì il mare
della divina misericordia con la sua potenza d’amore, attraendo sulla terra lo
sguardo del Padre; i cieli si aprirono e discese visibilmente lo Spirito Santo,
come discese al principio del mondo sulle acque per fecondarle nella vita; si
compiva solennemente quello che era stato un lontano e misterioso annuncio
nella creazione, poiché il Verbo fatto uomo discendeva nell’acqua per
rigenerare tutto in Lui, lo Spirito Santo discendeva sul Verbo fatto Vittima,
per fecondare l’opera sua, e il Padre faceva sentire la sua voce, compiacendosi
del Figlio divino che lo amava, e amandolo nella fiamma dell’infinito Amore.
Fu
un momento solenne, nel quale la gloria della Santissima Trinità illuminò
nuovamente la terra; il Redentore si umiliò discendendo nell’acqua e, in
quell’atto di umiliazione, riconobbe la gloria di Dio, esaltandolo sopra tutte
le cose; alla voce del suo amore si aprirono i cieli, cioè sparirono quasi nella immensa
luce che si diffondeva, e dalle profondità luminosissime venne come una candida
fiamma che sembrava una colomba; era l’infinito Amore che rispondeva all’Amore
del Verbo Incarnato, era la compiacenza del Padre che spirava col Verbo
l’infinito Amore, era la testimonianza del Cielo che si univa a quella della
terra, e confermava la voce di Giovanni.
Si
deve notare che l’evangelista descrive la scena in poche parole, perché essa fu
quasi come un lampo di luce sfolgorante; in un attimo avvolse tutta la terra,
poiché per tutta la terra si diffuse la voce placida e potente della divina
Bontà che abbracciò le sue creature, rappresentate dal Redentore, oggetto della
sua infinita compiacenza.
Nel
mondo, però, satana non era stato ancora sconfitto, e nella gloriosa
manifestazione del Giordano aveva dovuto sogghignare beffardamente, perché
aveva ancora la preda fra gli artigli, e si riprometteva, nel suo orgoglio, di
non farsela sfuggire. Ecco perché subito lo Spirito Santo che aveva
santificato tutta l’umanità del Redentore con nuovi doni, lo spinse nel deserto
perché avesse dato a satana la prima sconfitta, digiunando e ricacciandolo
nell’abisso.
San Marco non racconta minutamente la tentazione
di satana: non aveva bisogno di farlo; gli importava opporre al primo Adamo il
secondo, al peccatore il Riparatore, al ricercatore del godimento il Penitente
divino che, spinto dall’amore per il Padre, va nel deserto invece che
nell’Eden; digiuna invece di appetire il frutto proibito; ricaccia satana che
lo tenta invece di farsi lusingare dalla sua voce infernale; rimane con le
fiere invece di cercare il seducente sorriso di Eva, come fece Adamo,
compiacendola, e fu servito dagli angeli, perché, proprio in questo, elevò la
natura umana, rendendola compagna degli angeli di Dio.
Ecco
tracciato il nostro cammino di resistenza allo spirito infernale. Dobbiamo
umiliarci, riconoscendoci peccatori, sottomettendoci agli altri, e cercando
unicamente la gloria di Dio. Dobbiamo offrire al Signore un cuore puro, perché
la grazia dello Spirito Santo lo inondi e lo renda compiacenza di Dio.
Quello
che impedisce l’effondersi della grazia in noi è proprio l’impurità, figlia
dell’orgoglio e l’orgoglio maledetto della carne. Non è necessario cadere nel
baratro per essere chiusi alla grazia, bastano anche quelle miserie volontarie
che distraggono vanamente l’anima nelle creature. La curiosità morbosa che ci
ferma esternamente nell’ammirazione della forma estetica, e che internamente ci
attrae al senso con vane compiacenze e con desideri di male spesso semicoscienti,
è una barriera che si frappone tra noi e la grazia, e può da sola renderci
infecondi spiritualmente, e sospingerci verso gli abissi del male.
Ritiriamoci
nel deserto con la modestia degli sguardi, e formiamo in noi la solitudine,
impedendo che il mondo ci si avvicini attraverso quegli spettri che si formano
in noi per gli sguardi dissipati. Non crediamo che sia poi un male, magari, il
non vedere un oggetto che ci può sembrare d’arte; non ci facciamo illudere
dalla necessità di osservare o dal bisogno di ammirare ciò che è bello; tutte
queste scuse non impediscono di respirare l’aria mefitica della carne, e ci attraggono
pesantemente nelle sfere dei sensi.
Quando
l’aeroplano gira su se stesso, si avvita – come si dice in termine tecnico –, e quando si avvita fa
precipitare nel vortice della morte; similmente, quando ci rivolgiamo su di noi
o sulle creature, la carne ci avvita, e precipitiamo facilmente nella
mota, dove la divina Colomba non può fermarsi.
Andiamo nella solitudine, appartandoci da tutto ciò che è
vano e curioso, da tutto ciò che ci distrae nell’ansietà di voler vedere,
osservare, ammirare; lo diciamo proprio per la salvezza e la santificazione
delle anime, e per renderle oggetto di compiacenza innanzi a Dio; amiamo la
solitudine interiore, facciamolo almeno per prova; rifuggiamo dagli sguardi che
fanno giungere a noi le voci di satana, alimentiamo l’anima nelle placide
visioni del Cielo, e sentiremo nel cuore e nei sensi una libertà dolcissima che
ci farà volare fino a Dio, e ci farà conversare con gli angeli. Padre Dolindo Ruotolo
Nessun commento:
Posta un commento