Commento
al Vangelo: II domenica di Quaresima 2015 B (Mc
9,2-10)
La
trasfigurazione di
Gesù Cristo
La
confessione solenne fatta da san Pietro, per lume divino, della
divinità di Gesù Cristo, aveva bisogno di una conferma solenne
almeno per gli apostoli che un giorno avrebbero potuto maggiormente
illuminare gli altri, e Gesù volle darla con grande solennità, e
nello stesso tempo con grande riserbo. Egli condusse con sé, dopo
sei giorni, Pietro, Giacomo e Giovanni su di un monte che la
tradizione identifica nel Tabor, e si trasfigurò innanzi a loro. Era
rivestito di carne umana e di umili vesti, e apparve rifulgente,
essendo Dio da Dio, luce
da luce,
Dio
vero da Dio vero, e con le vesti, rese, per la luce medesima che le
inondava, di un bianco così intenso da non potersi paragonare con
qualunque candore terreno. Vi erano con Lui Mosè ed Elia che
rappresentavano la Legge e i Profeti, i quali discorrevano con Lui.
Quello
spettacolo grandioso colmò di timore i tre apostoli, i quali non
sapevano più dove fossero; era un timore però calmo e solenne che
dava loro, nel medesimo tempo, un senso di felicità incomparabile,
per cui san Pietro esclamò che era buona cosa per loro stare in
quell’immensa felicità, e propose di elevare là tre tabernacoli,
senza capire quel che dicesse. Egli era come trasognato; sentiva la
maestà del Signore, e non avrebbe voluto più distaccarsi da Lui.
Dio, però, che è infinita Bontà, raccolse anche quel desiderio e
subito, rivelandosi da una nube, gli additò il cammino per il quale
avrebbe potuto raggiungere eternamente la gloria del suo Figlio
esclamando: Questi
è il mio Figlio carissimo: ascoltatelo.
Era
necessario non elevare su quel monte tre tabernacoli, ma elevarli
nell’anima: al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo; era
necessario trasfigurarsi sull’esempio del Redentore, rivestendosi
di splendore con la grazia e di candore nel santo Battesimo, era
necessario che si trasfigurasse la mente con la luce della fede, e il
cuore con la rettitudine delle aspirazioni.
La
vita del cristiano dev’essere
una
trasfigurazione continua
La vita
del cristiano è, infatti, una continua ascesa e una continua
trasfigurazione; non può rimanere nelle bassezze terrene: deve
ascendere più alto, fino a Dio; non può contentarsi di una bontà
naturale ma deve rivestirsi di virtù celestiali. La Legge di Dio è
la sua luce, e i Libri Santi sono l’oggetto dei suoi discorsi
spirituali, poiché egli deve meditarli e formare la sostanza della
sua vita. Dolorosamente gli uomini, molto spesso, si deturpano nel
male, si ricoprono di tenebre, si ammantano di peccato, e si rendono
obbrobriosi innanzi a Dio, si trasfigurano a rovescio, e precipitano
nell’abisso.
Eppure il
Signore ci ha dato tanti mezzi per trasfigurarci in splendore e luce!
Ai piedi del sacerdote è presentata l’anima appena inizia il suo
pellegrinaggio: è macchiata della colpa originale, e subito,
attraverso l’acqua salutare, diventa candida; è senza luce
interiore e riceve il dono della fede; è in una valle di lacrime e
riceve il dono della speranza; è circondata di cose mortali e riceve
il dono della carità che la fa tendere all’oggetto infinito del
suo amore.
L’anima
debole, che incomincia a operare nella vita, riceve lo Spirito Santo
ed è trasfigurata in creatura nuova, dai suoi doni.
L’anima
esausta corre alla fonte della vita, si ciba del Pane degli angeli, è
posseduta da Gesù Cristo, ed è come trasfigurata in Lui.
L’anima
caduta, macchiata di colpe, si umilia, confessa i suoi peccati, si
pente, propone di non peccare mai più, ed è nuovamente imbiancata
dalla grazia santificante.
Negli
ultimi momenti dalla vita riceve un dono di fortezza speciale; nelle
ascensioni del suo amore e della sua dedizione a Dio può essere
rivestita del carattere sacerdotale, e se non può raggiungere
quest’altezza per la sua condizione o perché non chiamata, può
ammantarsi di splendore nella fecondità benedetta, e di candida
veste nella verginità consacrata al Signore.
Nella
preghiera, nel sacrificio, nella carità
L’anima
cristiana può trasfigurarsi continuamente; nella preghiera sale sul
monte delle elevazioni spirituali, nel sacrificio s’illumina degli
splendori della Passione; nella carità riveste la placida luce della
divina bontà, nei cui raggi si muove, e dalla quale è vivificata.
Perché,
potendoci trasfigurare così in luce d’amore, tante volte ci
trasfiguriamo in tenebre infernali? Una povera creatura segnata dal
mondo è ammantata di turpitudine e crede di essere rivestita di
eleganza, spira fetore e crede di diffondere profumi di attrazioni,
corrompe e crede di vivificare, rovina e crede di edificare. O Gesù
vita nostra, non permettere che siamo preda di satana, e che siamo
abbrutiti dalle sue maligne suggestioni!
La
venuta di Elia
Gesù
Cristo proibì ai suoi tre apostoli di parlare della trasfigurazione
prima della sua risurrezione, anche perché sapeva bene che non solo
le turbe ma gli altri apostoli medesimi non vi avrebbero creduto.
Essi avevano allora lo spirito annebbiato; consideravano tutto sotto
la luce umana, e avrebbero svalutato il fatto come un’illusione,
come tentarono svalutare così, poco tempo dopo, la testimonianza che
le pie donne diedero della risurrezione. Pietro, Giacomo e Giovanni
mantennero il segreto, benché essi stessi avessero capito ben poco
di ciò che era avvenuto; scendendo dal monte si domandavano che cosa
volesse significare quel che aveva detto loro il Signore: quando
sarò risuscitato da morte;
non
sapevano concepire l’idea della morte e della risurrezione perché
non avevano un concetto chiaro dello svolgimento della missione del
Messia. Questo, però, non osarono domandarlo a Gesù; essi lo
interrogarono invece sulla venuta di Elia che i farisei e gli scribi
dicevano dovesse precedere quella del Messia. La trasfigurazione era
un argomento troppo eloquente per dire che il Messia era proprio
Gesù; ora Elia non l’aveva preceduto, ed era appena per poco tempo
apparso sul monte; come si spiegava questo? Gesù rispose,
distinguendo una doppia venuta di Elia: una personale, alla fine dei
tempi, nella quale egli sarà tormentato a somiglianza del Figlio
dell’Uomo, e una figurativa nella quale non Elia precede il
Redentore, ma uno che cammina nel suo spirito; questi era Giovanni
Battista, già venuto, e già martirizzato dalla perfidia di quelli
che gli fecero tutto il male che vollero.
Gli
apostoli non interrogarono oltre Gesù; forse la loro mente si
confondeva, non sapendo ancora discernere le vie di Dio che sono
misteriose e tanto lontane dai nostri comuni apprezzamenti. Chi
avrebbe mai potuto supporre che quell’Elia del quale parlavano gli
scribi e i farisei era Giovanni? E chi non avrebbe detto fallita la
profezia, mentre invece si era realizzata nel suo senso mistico, e si
doveva realizzare alla fine dei tempi nel suo senso reale?
Quante
cose non intendiamo noi nelle vie di Dio, perché le giudichiamo col
criterio umano!
Quante
cose ci possono sembrare fallite nei suoi disegni, mentre sono solo
realizzate in un piano diverso dalla nostra povera comprensione!
Non siamo
facili a giudicare ciò che il Signore opera nei santi; non guardiamo
da un lato solo le manifestazioni del suo amore: umiliamoci alla sua
presenza e confidiamo in Lui, rimettendogli interamente il nostro
povero giudizio e la nostra volontà!
Don Dlindo Ruotolo