Commento
al
Vangelo:
VI
Domenica
del
TO
2015
B
(Mc
1,40-45)
Il
lebbroso
guarito
e
la
Confessione
sacramentale
Dopo
la giornata laboriosa passata nella casa di san Pietro, Gesù Cristo,
riposatosi un po’, di buon mattino si ritirò in un luogo solitario
per pregare. Non fece sapere dove andava, per essere lasciato
tranquillo. Com’è solenne quest’orazione di Gesù al Padre! Egli
aveva visto tanti languori e tante infermità nel popolo che gli si
era affollato d’intorno, e il suo Cuore era rimasto profondamente
addolorato. L’amore verso i sofferenti gli aveva troncato il riposo
e, poiché Egli era il Mediatore tra l’uomo e Dio, era andato a
pregare per gli uomini.
Dal
contesto si rileva che l’afflizione del Sacro Cuore di Gesù fu
concentrata sulle infermità spirituali della moltitudine, e che Egli
pregò per implorare a tutti la grazia della luce divina e della
salvezza. Solo, con le braccia in croce, rifulgente di arcano
splendore, acceso d’amore, con lo sguardo al Padre, Egli pregava e
cercava di supplire, con la sua preghiera, l’insufficienza umana
alle divine grazie.
Il
popolo, dal canto suo, passata la notte, si affollò nuovamente in
casa di san Pietro, per domandare nuovamente grazie temporali a
favore degli infermi. Pietro e gli altri apostoli, non sapendo dove
fosse andato Gesù, si misero a cercarlo e, trovatolo, gli
manifestarono il desiderio della moltitudine. Ma Gesù li esortò a
seguirlo per i villaggi e per le città, dove voleva annunciare la
Parola di Dio, poiché per questo Egli era principalmente venuto in
terra.
I
benefici temporali, le opere di carità, e i medesimi miracoli non
potevano assorbire il suo tempo, perché il beneficio della divina
Parola superava qualunque altro dono. Egli volle che i miracoli
fossero un insegnamento, e operò quelli che avevano un germe di
verità da poter trasmettere alla Chiesa; non volle rendere
l’apostolato del suo amore una semplice elargizione di beni
temporali, a scapito di quelli spirituali.
Il
beneficio spirituale porta con sé quello corporale, perché porta la
benedizione di Dio anche nella vita presente, ma il beneficio
corporale, di per sé, non porta quello spirituale; la carità
spirituale, perciò, è immensamente più bella di quella temporale,
e deve comprendere tutta la vita di quelli che hanno la grazia di
dedicarvisi per vocazione divina.
Gesù
andò, difatti, nelle sinagoghe della Galilea, predicando e
scacciando i demoni, annunciando così la divina Parola e liberando i
poveri ossessi dal dominio di satana. In una di queste escursioni di
zelo e d’amore, un povero lebbroso gli si presentò e gli disse,
supplicandolo: Se
vuoi, puoi guarirmi! Era
così certo della potenza di Gesù e così sicuro della sua bontà
che gli si affidò interamente perché l’avesse mondato. Gesù,
mossosi a compassione, stese la mano, lo toccò e, con un atto della
sua volontà, lo purificò dalla lebbra, ingiungendogli di tacere e
di mostrarsi al principe dei sacerdoti per far constatare la
guarigione e fare l’offerta prescritta. Negli altri miracoli Gesù
si appellava alla fede di quelli che glieli chiedevano; in questo
volle mostrare il dominio pieno della sua volontà sul malanno,
perché esso era figura del peccato che deturpa l’anima.
Il
nostro
abbandono
alla
divina
volontà
Ogni
colpa è un contrasto con la divina volontà, è un arresto di vita
spirituale che produce nell’anima una piaga ributtante. Il
peccatore è veramente un lebbroso che non può sanarsi con le sue
industrie, ma ha bisogno di ridonarsi alla divina volontà, e di
avere contatto con Gesù Cristo, offrendosi a Lui nella stessa
miseria che lo deturpa. È vano sperare di poter risorgere dal male
se non si va ai piedi di Gesù Cristo, vivente nel sacerdote, e non
gli si dona la volontà, confessando e riconoscendo le proprie colpe,
e implorandone la liberazione col contatto della grazia, attraverso
la mano del sacerdote che, levandosi sul peccatore, lo tocca in nome
di Gesù Cristo.
La
guarigione del lebbroso doveva essere constatata dal sacerdote, e
Gesù mandò l’infermo risanato dal sacerdote, proprio per indicare
che nella purificazione della lebbra spirituale si deve ricorrere al
sacerdote. San Marco dice che Gesù mandò il lebbroso dal principe
dei sacerdoti mentre
gli altri evangelisti dicono semplicemente dal sacerdote;
per
legge bastava che l’infermo risanato si fosse presentato a
qualunque sacerdote, ma san Marco specifica che quella volta il
Redentore mandò il lebbroso dal principe dei sacerdoti, forse per
completare il significato mistico di quella guarigione, e indicare
che la giurisdizione per la remissione dei peccati è un atto solenne
che spetta alla suprema potestà, e che deriva necessariamente da
essa.
Il
lebbroso di spirito si presenta a Gesù per essere mondato, gli dona
la volontà perché la rettifichi, si rimette alla sua misericordia
perché lo risani, riconosce la potestà del sacerdote che lo
rappresenta, riconosce che questa potestà è disciplinata nella
giurisdizione dal sommo sacerdote, cioè dal Papa e dai vescovi che
ricevono dal Papa, a loro volta, la missione di regolarla; offre poi
il dono della purificazione, compiendo la penitenza che gli è
imposta, e rientra nel consorzio dei santi con la grazia. Come si
vede, in questo miracolo c’è tutto quello che si avvera nella
Confessione, in questo mirabile Sacramento dove l’anima si
riconoscere lebbrosa e riceve la purificazione delle sue miserie.
Nelle vie
dello spirito, quello che ci riempie di lebbra è la nostra volontà,
quando si distacca dalla volontà di Dio; è questa l’origine di
ogni peccato e di ogni imperfezione. Offriamoci alla divina volontà,
specialmente quando siamo turbati dalle passioni, o afflitti dalle
sventure; diamoci a Dio interamente, perché in questo soave
abbandono in Lui c’è il segreto di ogni pace e di ogni
santificazione.
Gesù
Cristo proibì al lebbroso di divulgare il miracolo ricevuto; glielo
proibì per delicata carità, non volendo che gli altri ne avessero
avuto ribrezzo, benché già guarito, e glielo proibì ancora per
evitare un nuovo affollamento di popolo per ottenere benefici
temporali.
Ma chi
poteva frenare l’impeto della gratitudine del povero infermo che si
vedeva prodigiosamente guarito? Egli non seppe tacere e divulgò
talmente il miracolo che Gesù dovette celarsi in luoghi solitari,
per ricevere comodamente quelli che andavano a Lui per beneficio
dell’anima.
Padre Dolindo Ruotolo
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