Commento
al Vangelo della XI Domenica del TO B (Mc
4,26-34)
Il
magistero della divina Parola
La fecondazione della Parola di Dio non è frutto di oratoria o di industria umana, ma è frutto della grazia che opera silenziosamente nei cuori ben disposti.
Il seminatore ha cura di preparare il terreno e di metterlo nelle
condizioni di prosperare; dopo che ha gettato la semente dorme
la notte,
cioè
si abbandona a Dio e confida in Lui nelle incertezze della stagione;
sorge,
poi, il giorno,
cioè
continua il suo lavoro nella terra per quanto gli sia possibile, e
cerca di aumentarne le fecondità. Egli aspetta dalla Provvidenza il
frutto, e la terra, benedetta da Dio, produce essa stessa l’erba,
la spiga e il frutto, aspettando, al tempo della messe, la falce.
Così
avviene nella Chiesa e nelle anime: l’apostolo getta la buona
semente nei cuori ben disposti, e confida nel Signore, implorando la
sua misericordia e la sua grazia perché la fecondi. La grazia
produce a poco a poco il frutto, e rende l’anima matura nelle vie
di Dio, preparandola al Giudizio finale che sarà il tempo della
messe di tutte le anime.
La
parabola del granello di senapa
Chi si
alimenta della Parola di Dio non deve preoccuparsi eccessivamente di
veder subito il suo frutto nel cuore, perché l’azione della grazia
è lenta e graduale. Chi si affanna e pretende di controllare
continuamente la semente che è stata posta nel suo cuore, finisce
per toglierla dal terreno e impedirne la germinazione. Occorre la
pazienza dell’attesa e la fiducia grande nel Signore tanto per
l’anima propria quanto per quello che si dona agli altri. Il lavoro
spirituale non è mai perduto, e dopo lunga attesa vengono fuori
germi insperati di vita, e il campo del Signore prospera e
fruttifica.
La Chiesa
non si dilata come i grandi imperi, a furia di armi e di spettacolose
parate; essa appare innanzi al mondo come un piccolo granello di
senape che sembra sproporzionato al suo sviluppo ma poi cresce in un
grande arbusto, sul quale possono nidificare gli uccelli. Nella
Chiesa poi, e nelle anime che ne fanno parte, il principio
fondamentale della prosperità non è ciò che appare grande, ma
l’umiltà che è piccolezza feconda. Non si raggiunge una meta
elevata, ingrandendosi, ma impiccolendosi; più l’anima si umilia,
più Dio la riempie di forza e di grazia; più s’impiccolisce e più
cresce nelle vie della santità. Non si può, quindi, aspirare nella
Chiesa a trionfi mondani o impressionanti, poiché il suo vero
trionfo sta nella fecondità spirituale che la rende albero fiorito
in mezzo alla sterilità universale. Gesù Cristo, parlando del
granello di senape, si rivolse specialmente a quelli che attendevano
il regno politico glorioso del Messia, e a quelli che, nei secoli
futuri, avrebbero sognato trionfi politici del suo regno. No, la
Chiesa non avrà mai questi trionfi che praticamente diminuirebbero
la sua vera vita; essa è pellegrina, naviga verso gli eterni lidi, è
combattente e, imbattibile, aspira alla vita eterna e non può
trovare sulla terra né la sua dimora né la perfetta calma né il
riposo.
Servo di Dio Don Dolindo Ruotolo
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