Commento
al Vangelo: Corpus Domini 2015 B (Mc 14,12-16.22-26)
L’Eucaristia
Il grande
segreto del regno di Dio
Gesù
Cristo scelse una grande solennità, la Pasqua, per istituire il
Sacramento del suo amore che era il compimento mirabile delle figure
e delle profezie che lo preannunciavano. Nella Pasqua si riunivano le
famiglie in maggiore intimità, e mangiavano l’agnello dopo averlo
immolato al tempio; era il rinnovarsi del ricordo della liberazione
dall’Egitto, ed era il sospiro alla liberazione che doveva
apportare la redenzione; era un sacrificio di ringraziamento, e una
solenne invocazione al Re atteso da secoli. Gesù Cristo volle unire
la figura alla Realtà, e proprio nella Cena pasquale si donò come
Agnello di vita e di liberazione.
Nel primo
giorno degli Azzimi, cioè della solennità pasquale nella quale si
mangiava il pane non fermentato, gli apostoli domandarono a Gesù
dove volesse che preparassero il banchetto. Essi erano pellegrini
nella Giudea, e avevano necessità di essere ospitati da qualche
persona amica. Gli Ebrei, infatti, avevano, nelle case, delle stanze
più ampie dove avvenivano le riunioni familiari e la preghiera
comune, e le cedevano volentieri a quelli che peregrinavano per la
Pasqua.
Gesù
Cristo, conoscendo già l’imminente tradimento di Giuda, non volle
che egli sapesse in anticipo il luogo del suo convegno pasquale,
affinché non avesse potuto ordire una congiura con i principi dei
sacerdoti, e disturbare la festa del suo amore. Ordinariamente era
proprio Giuda che si occupava delle necessità temporali degli
apostoli, ma questa volta Gesù incaricò Pietro e Giovanni di
trovare un cenacolo ospitale e preparare la Pasqua. Egli li mandò,
dando loro delle indicazioni per rintracciare la persona amica, e
fece così perché Giuda non avesse potuto conoscerla
precedentemente.
Le
indicazioni che Gesù diede a Pietro e a Giovanni, per quanto
semplici, mostravano che egli conosceva tutto antecedentemente; essi
avrebbero incontrato un uomo che portava una anfora d’acqua;
dovevano dunque dirigersi verso la fontana pubblica. Il Redentore
sapeva che avrebbero trovato non un uomo qualunque, ma il servo di
una famiglia conosciuta e amica. Forse il cenacolo era di proprietà
di uno dei suoi amici occulti, forse di Nicodemo, ed Egli,
delicatamente, non volle comprometterlo. Giuda avrebbe potuto
denunciarlo, e se avesse ordito la cattura proprio nel cenacolo,
avrebbe causato un disturbo grandissimo al padrone del luogo.
La
delicata, divina signorilità di Gesù gli faceva evitare qualunque
penosa sorpresa a colui che l’avrebbe ospitato.
L’immediata
condiscendenza del padrone della casa mostra che egli era generoso e
affezionato al Redentore, e perciò gli apostoli poterono preparare
sollecitamente quanto occorreva alla cena.
L’annuncio
del tradimento addolorò immensamente gli apostoli, e li predispose
indirettamente ad un maggiore raccoglimento interiore. Li concentrò
nel divino Maestro con un amore più tenero, e li raccolse in un
certo esame di coscienza sulle responsabilità che potevano avere;
questo concorse a prepararli al gran dono che Gesù stava per fare
loro. Con la semplicità che il Signore ha in tutte le sue grandi
opere, il Redentore prese il pane e, dopo averlo benedetto, lo spezzò
e lo diede a tutti, pronunciando una parola onnipotente che lo
transustanziò nel suo Corpo divino: Questo
è il mio Corpo. Poi
prese il calice col vino, rese grazie a Dio per il beneficio che
concedeva a tutti, e lo distribuì a tutti perché lo bevessero,
dicendo: Questo
è il mio Sangue del Nuovo Testamento, il quale sarà sparso per
molti.
Poche
parole, pochi momenti, bastarono a creare il miracolo più grande di
amore.
Gli
apostoli quasi non se ne accorsero, ma non poterono non sentire in
loro una nuova vita. Erano tutti congiunti al loro Maestro come un
solo corpo e un’anima sola; erano il Corpo mistico di Lui, avendo
in loro la sua vita; erano innanzi al Padre celeste come creature
nuove, illuminate dalla presenza del loro Redentore. Egli era a mensa
come tutto trasfigurato, ineffabile nel suo sguardo di infinita
carità, Sole divino che irradiava nei suoi cari! Quali momenti!
Nessuna madre ha avuto mai simile tenerezza per i suoi figli, e li ha
sentiti così carne della sua carne e sangue del suo sangue. Nessuna
effusione d’amore ha potuto raggiungere questa che dona la vita del
Redentore come vita nostra!
Servo di Dio Don Dolindo Ruotolo
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