Commento
al Vangelo della XXI Domenica TO 2015 B (Gv
6,60-69)
L’impressione
del discorso di Gesù
Cristo sui
suoi discepoli
Molti dei
discepoli di Gesù Cristo, ascoltando il suo discorso, dissero fra
loro stessi: Questo
discorso è duro o,
secondo il testo greco, è
aspro, è crudele, e chi può ascoltarlo? Avrebbero
dovuto dire semplicemente che era assurdo, avendolo preso in senso
materiale di un corpo fatto in pezzi e dato a mangiare, e di un
sangue bevuto nell’uccidere il corpo, ma era tanto l’accento di
verità delle parole di Gesù che non poterono dirlo.
Essi
inconsciamente sentivano che era vero e, non intendendone il senso,
lo dichiaravano duro, aspro, crudele. Gesù Cristo, conoscendo i loro
pensieri e le loro mormorazioni, disse: Voi
vi scandalizzate di quello che vi ho detto? E
se
vedrete salire il Figlio dell’uomo dov’era prima? Lo spirito è
quello che vivifica, la carne non giova a nulla; le parole che io vi
dico sono spirito e vita. Egli
rispondeva alla loro interpretazione antropofaga delle sue parole, e
faceva notare che il suo corpo non aveva bisogno di essere diviso per
darsi. Essi lo avrebbero visto salire dove era prima, cioè al cielo,
e avrebbero osservato, ancora una volta, che quel corpo poteva
sottrarsi alle leggi della materia ascendendo, mentre il suo peso
l’avrebbe portato in basso.
Egli
parlava del suo Corpo e del suo Sangue non come materia stretta dalle
dimensioni, non come carne determinata dalla quantità, divisa in
pezzi, ma come sostanza vivificata dall’anima e terminata dalla
Persona divina.
Una carne
divisa in pezzi e morta a che cosa poteva giovare? Tutt’al più a
nutrire il corpo per un po’; ora questo nutrimento non sarebbe
stato utile all’anima. Egli parlava di un cibo che doveva essere
spirito e vita che doveva alimentare l’anima, non il corpo, e che
doveva dare all’anima la vita soprannaturale del suo stesso
spirito, la vita della glorificazione e dell’amore di Dio.
Voi non
capite il mio discorso – soggiunse Gesù –, perché
non credete;
non
credete che io sono veramente il Figlio di Dio, non credete che il
mio Corpo e il mio Sangue sono divini e vivificano, non credete alla
mia onnipotenza che può darvelo come cibo dell’anima. Mi
riguardate come uomo, ed è logico che come uomo io non potrei darvi
la carne e il sangue quale cibo dell’anima. Il Sacro Testo
soggiunge che Gesù parlava così perché
sapeva fin dal principio coloro che non credevano, e chi stesse per
tradirlo. Questo
ci fa capire che uno di quelli ai quali il discorso di Gesù fu più
ripugnante, fu proprio Giuda.
Tutto
rivolto ad aspirazioni terrene, e tutto teso col desiderio al
guadagno materiale non poteva capire una promessa d’infinita
carità, e ne mormorò. Fu il primo protestante che con gli altri
giudicò duro e inaccettabile il cibo della vita che Gesù
prometteva.
I
poveri protestanti che pretendono di trovare la loro origine nei
primi secoli della Chiesa, possono andare un po’ oltre e fermarsi a
Giuda e a quelli che protestarono contro la promessa dell’amore.
Questi
sì, furono i loro precursori ma, dolorosamente, precursori che Gesù
Cristo dichiarò rigettati dal Padre per il loro orgoglio, incapaci
di andare a Lui, privi di fede perché privi di grazia e di amore.
Non si
può andare da Gesù Cristo con le proprie forze: occorre la grazia
di Dio, e le sue parole non possono intendersi col proprio criterio,
ma con la luce di Dio che passa per Gesù Cristo stesso e ci
raggiunge per la Chiesa. Rigettare l’Eucaristia, quindi, secondo le
stesse parole di Gesù, significa non credere in Lui, tradirlo, ed
essere già rigettati da Dio. È terribile! I protestanti dovrebbero
riflettere per convertirsi sinceramente.
Dolorosamente
l’incomprensione e
l’ingratitudine
umana non si smentiscono mai!
Il
discorso della promessa dell’Eucaristia avrebbe dovuto suscitare un
delirio di entusiasmo da parte di tutti, se avessero ponderato il
dono che era stato loro annunciato; ma dolorosamente l’incomprensione
e l’ingratitudine umana non si smentiscono mai e, come tutta
risposta, molti dei discepoli che seguivano Gesù se ne andarono e
non lo seguirono più.
Se Gesù
avesse parlato in senso figurato o simbolico avrebbe dovuto
certamente dichiararsi per impedire agli altri discepoli di
andarsene. Egli, invece, rivolto ai dodici apostoli, disse: Volete
andarvene anche voi?
Il suo
dolcissimo Cuore che pur li amava d’intensissimo amore, preferiva
perderli anziché averli vicino senza fede nel dono più bello che
voleva loro fare. Egli fece loro questa domanda perché in realtà la
fede che avevano non era ancora piena, e volle suscitare nel loro
cuore una salutare reazione.
San
Pietro, infatti, nell’impeto del suo amore, prendendo la parola a
nome di tutti disse: Signore,
da chi andremo noi? Tu hai parole di vita eterna. E
noi
abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio.
Alla
domanda recisa di Gesù, san Pietro rifletté di più che le parole
che Egli aveva detto erano spirito e vita; il solo pensiero di poter
abbandonare un Maestro così buono lo angustiò e, supponendo anche
negli altri lo stesso sentimento, parlò pure in loro nome. Non
avevano essi visto i miracoli da Lui compiuti? Non avevano ascoltato
le sue profonde parole di vita?
Essi,
dunque, avevano creduto
per
fede e conosciuto
dalle
opere che Egli era il Figlio di Dio e, pur non intendendo il discorso
che aveva fatto, non avevano ragione di allontanarsi da Lui. San
Pietro credé di parlare a nome di tutti, e protestò la loro fedeltà
come una decisione da essi medesimi presa; ma Gesù lo corresse,
esclamando: Non
sono stato io che ho eletto voi dodici? Eppure uno di voi è un
demonio. Egli
–
soggiunge
l’evangelista –, alludeva
a Giuda figlio di Simone Iscariota, poiché questi stava per
tradirlo, pur essendo uno dei Dodici. Io
vi ho eletti – voleva dire Gesù –, e se rimanete fedeli è per
mia misericordia; ma, nonostante questo, potreste pure abbandonarmi
di vostra volontà, perché la mia grazia non vi forza. Tu, Pietro,
parli in nome di tutti, ma non sai che c’è tra voi uno che è un
demonio, e che non divide i tuoi sentimenti di fede. In tal modo,
dolorosamente, Giuda fu presente alla promessa eucaristica e al suo
compimento, rappresentanza tristissima di quelli che avrebbero
disturbato nei secoli con la loro perfidia le divine espansioni
dell’amore di Gesù Sacramentato.
Don Dolindo Ruotolo
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