Commento
al Vangelo della XXIII Domenica del TO 2012 B (Mc
7,31-37)
Gesù
guarisce il sordomuto
Partito di nuovo dai confini di
Tiro, Gesù ritornò in Palestina per la via più lunga,
attraversando il territorio della Decàpoli. In questo territorio gli
presentarono un uomo sordo e muto, pregandolo di guarirlo. Il
Redentore lo trasse in disparte dalla folla perché fosse stato più
attento a quello
che voleva fargli per eccitargli in cuore la fede.
Il sordomuto, infatti, per la sua
stessa infelicità, ha uno sguardo mobilissimo, e scruta quello che
lo circonda e quelli che gli vogliono far intendere il loro pensiero.
Ha sempre il timore di poter essere ingannato o deriso. Trattolo in
disparte, Gesù gli mise le dita nelle orecchie, per fargli sperare
la guarigione e per prepararla col suo contatto divino; poi, per la
stessa ragione, gli toccò la lingua con la saliva, alzò gli occhi
al cielo, e sospirò, pregando e dicendo: Effatà
che
in lingua aramaica significa: Apriti.
Immediatamente
il sordomuto ascoltò e parlò, tra l’ammirazione degli astanti,
invano esortati da Gesù a tacere sul fatto.
Gesù Cristo, sospirando ed
elevando gli occhi al cielo, volle farci intendere a che cosa debbono
servirci la lingua e l’udito. Egli sospirò – come dicono i Padri
–, per l’abuso che se ne fa, e volle dirci che l’udito deve
servire ad ascoltare le parole di Dio e la lingua deve servirci a
lodarlo e benedirlo in ogni momento della vita.
Agli occhi del mondo quel povero
infermo sembrava un infelice; ma se egli avesse volto lo sguardo al
Cielo, avrebbe ascoltato parole arcane di vita, e avrebbe conversato
unicamente col Signore. È questo l’atteggiamento che debbono avere
tutti quelli che sono privati dell’uso di qualche senso: il cieco
vede in Dio una luce che non può paragonarsi a nessun sole; il sordo
ascolta la sua parola, il muto conversa con lui senza distrarsi con
le creature terrene. L’infelicità, in fondo, diventa felicità,
perché non siamo per questa terra ma per Dio.
La Chiesa, nel santo Battesimo,
rinnova il gesto di Gesù: tocca gli orecchi del battezzando e lo
unge con la saliva, perché quella creatura si apra a Dio, e passi la
vita ascoltandolo, lodandolo, e diventando buon odore del Redentore.
Come possiamo noi, toccati da Gesù attraverso il sacerdote, aprire
gli orecchi a tutte le parole stolte della vanità e della pretesa
sapienza umana? Come possiamo aprire la bocca, consacrata alla lode
di Dio, per fare discorsi vuoti o, peggio, per profanare il Nome del
Signore? Gesù Cristo sanò un muto che non parlava, ma non impedì,
a quelli che lodavano Dio per le opere che Egli compiva, di parlarne.
Lo proibì loro, è vero, per non suscitare nel popolo false
aspirazioni ad una regalità tutta temporale, ma non chiuse le bocche
che ne parlavano, perché esse lodavano Dio nelle sue opere.
Diciamo anche noi, a queste
nostre orecchie che non percepiscono la voce di Dio: Apritevi!
Siamo sordi
spiritualmente e, benché circondati da mille voci di verità e di
amore, rimaniamo ottenebrati e freddi. In quanti modi ci parla Dio
nell’interno del cuore, e noi seguiamo sempre le voci delle
passioni, credendole voci di verità e di felicità! In quanti modi
Dio ci richiama al suo Cuore, e noi non distinguiamo quelle voci,
rimanendo assonnati e muti nelle nostre miserie! Andiamo da Gesù
Sacramentato: Egli ci tocchi col suo Corpo eucaristico; Egli ci dia
l’unzione che viene dalla fede, Egli sciolga la nostra lingua alla
lode di Dio!
Servo di Dio Don Dolindo Ruotolo
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