Commento
al Vangelo – III Domenica di Avvento 2015 C (Lc
3,10-18)
Maestro, che cosa dobbiamo fare?
San Luca
ci dà qualche esempio sintetico della predicazione di san Giovanni a
varie categorie di persone, per mostrare il fascino che esercitava su
tutte le classi. Le turbe, ascoltando le parole di minaccia rivolte
ai farisei e ai sadducei, furono atterrite del giudizio di Dio, e
domandarono ansiosamente che cosa dovessero fare per evitarlo.
La parola
del Precursore, infatti, vivificata dalla grazia, aveva una potenza
che penetrava il fondo del cuore. Egli rispose loro, esortandoli alla
carità con due opere di misericordia corporale: vestire i nudi e dar
da mangiare agli affamati.
Era come
un’anticipazione della grande legge della carità, la
quale,
per divina clemenza, copre la moltitudine dei peccati. I farisei
smungevano il popolo angariandolo, e con questo allontanavano da loro
la misericordia di Dio; ora, la via per meritarla era perfettamente
l’opposto: vestire e non spogliare la gente, alimentarla e non
affamarla.
L’appello
alla carità rendeva pensosi i pubblicani, perché essi, quali
esattori fiscali, non potevano fare a meno di esigere le imposte;
domandarono pertanto come dovessero regolarsi, e Giovanni disse loro
di non richiedere più di quello che era fissato dalla Legge. Gli
esattori, infatti, erano abituati alle più esose sopraffazioni,
rubavano con destrezza come potevano e si rendevano incapaci del
regno di Dio.
I
pubblicani erano assistiti nelle loro funzioni dalla forza pubblica
e, parlando ai soldati, suscitarono in loro il desiderio di
migliorarsi; andarono pertanto anch’essi da Giovanni, e gli
domandarono come dovessero regolarsi nelle loro funzioni; egli
rispose che dovevano star attenti a non far ingiusta violenza a
nessuno, a non calunniare e a contentarsi della paga che ricevevano.
Probabilmente si trovavano tra le turbe anche i soldati mandati da
Erode o a spiare quello che diceva il Battista, o per ordine
pubblico, data la ressa che faceva il popolo.
Giovanni
rende testimonianza a Gesù
La vita
del Battista rappresentava per il popolo un prodigio e, benché egli
non facesse mai alcun miracolo, molti pensarono che fosse il Cristo,
l’atteso Redentore.
Questo
sospetto, lungi dal rappresentare una lusinga per Giovanni, fu per
lui una pena, e perciò si affrettò con tutte le sue forze a
dissipare l’equivoco, stabilendo nei termini precisi la verità.
Egli
battezzava con l’acqua, cioè con un semplice simbolo di penitenza
e di umiliazione, mentre il Redentore, più forte di lui perché Dio
e al quale si dichiarava indegno di sciogliere i legacci dei calzari,
avrebbe battezzato effondendo la grazia dello Spirito Santo
e il fuoco dell’amore; il suo battesimo sarebbe stato, perciò, una
vera rigenerazione.
Egli
minacciava magari i castighi di Dio, ma non aveva alcun potere sulle
anime, il Redentore, invece, avrebbe
avuto il ventilabro nella sua mano,
cioè
sarebbe stato giudice delle anime, avrebbe purificato il suo popolo,
e avrebbe salvato i giusti e condannato i reprobi come inutile
paglia, nel fuoco eterno dell’Inferno. Non si poteva dunque
scambiare il simbolo per la Realtà né il servo per il padrone.
Padre Dolindo
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