Commento
al Vangelo della XXIII Domenica TO 2013 C (Lc
14,25-33)
Gli
inviti di Dio
È
penosissimo vedere deserto l’altare, banchetto di immensa felicità,
ed è penosissimo vedere le povere creature perdersi miseramente
nelle stupidissime e molte volte mortali gioie terrene! Quando si
pensa al movimento della vita c’è davvero da piangere, pensando
agl’innumerevoli infelici che in essa si agitano e si dilaniano.
Quanti uomini sono lontani dai Sacramenti, quanti cercano come
conforto della vita quello che la dilania, quanti vivono da disperati
nel tempo e nell’eternità! Noi, che abbiamo la sorte di servire il
Padre celeste, non dobbiamo mai stancarci d’invitare le anime al
Banchetto della vita, e non dobbiamo mancare mai all’invito
giornaliero alla Mensa celeste, per poter un giorno partecipare alla
Mensa eterna nella gloria.
Gesù
uscì dal banchetto del fariseo accorato, pensando alla diversità
dei pensieri degli uomini dai suoi pensieri e alla causa per la quale
tanti non rispondono agl’inviti di Dio. Perciò, essendosi radunata
gran turba di popolo intorno a Lui, cominciò a dire apertamente che
era impossibile conciliare i propri pensieri e i propri interessi con
i pensieri di Dio e con gl’interessi eterni, ed esclamò:
Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i
figli, i fratelli, le sorelle e persino la sua vita, non può essere
mio discepolo. E chi non porta la sua croce e mi segue, non può
essere mio discepolo.
È
evidente che Gesù Cristo non insinua d’odiare
i
propri cari, ma di avversarli completamente quando si oppongono o ci
sono di ostacolo alle vie del Cielo. Egli parla delle parentele più
strette e persino della propria vita, per parlare degli interessi che
ci sono cari, come può esserci caro il padre, la madre, ecc., e
persino la nostra vita. Nel medesimo senso, Egli disse altra volta
che bisognava strapparsi l’occhio, la mano, il piede, ecc., se sono
causa di scandalo.
Può
avvenire che i genitori stessi e le persone più care siano contrarie
agl’interessi di Dio, e allora è per noi necessario odiarli,
cioè
stare ai loro antipodi, e seguire una via perfettamente opposta alla
loro; ma Gesù vuol dire, in generale che quello che ci è caro o a
cui siamo attaccati in opposizione ai precetti o alla volontà di
Dio, dev’essere da noi rifiutato e avversato come chi odia un
altro.
L’odio,
infatti, stabilendo una divisione completa fra due persone e
rendendole inconciliabili, è l’espressione più efficace della
nostra divisione dal mondo, dallo spirito del mondo e da tutto quello
che ci attrae, in opposizione ai precetti e all’amore di Gesù.
È
necessario rinnegarsi, e persuadersi che non si può abbracciare la
Legge del Redentore, senza abbracciare la propria croce e seguirlo
nelle vie dell’immolazione e del Calvario. È questo un fondamento
imprescindibile per chi vuole veramente essere perfetto e raggiungere
il Paradiso.
La risposta attenta e seria all’invito di Dio
Con
due parabole, Gesù mostra che cos’è la vita cristiana, e con
quanta ponderazione e serietà debba abbracciarsi: chi edifica una
torre, calcola prima, seduto
al tavolo,
e
quindi con ogni attenzione, le spese che sono necessarie per
completarla, per non esporsi alla derisione degli altri,
cominciandola e non terminandola. Un re che vuole muovere guerra ad
un altro re si raccoglie prima per vedere se le sue forze sono
sufficienti per vincere; diversamente cerca di venire a trattative di
pace. La vita cristiana è, dunque, un edificio che s’innalza ed
una guerra che s’ingaggia; richiede grande ponderazione e grande
forza d’animo, ponderazione e forza che si ottengono dalla divina
bontà, rinnegandosi e rinunciando a tutto ciò che trae l’anima
alla terra.
Chi
non si distacca da tutto e non persevera nel combattere il mondo, il
demonio e la carne, diventa come sale scipito che non è buono né
per la terra né per il concime,
cioè
che non può essere neppure utilizzato come i rifiuti, per ingrassare
la terra direttamente o per essere mescolato al concime, ma è
gettato via, è
riprovato da Dio e perde la vita eterna. Gesù soggiunge: Chi
ha orecchi per intendere intenda,
rivolgendosi
specialmente ai suoi discepoli che dovevano edificare la Chiesa e
combattere la grande battaglia col mondo, col demonio e con la carne;
essi più di tutti dovevano rinnegarsi e rinunciare a tutto per amore
di Dio.
Gli
apostoli non potevano pretendere di conquistare dei posti nel mondo
né potevano aspirare alla sistemazione delle loro famiglie;
l’apostolato comportava una completa rinuncia ad ogni vincolo
familiare e ad ogni interesse materiale, perché essi dovevano andare
per il mondo a predicare la buona novella fra grandi tribolazioni, e
rimetterci anche la loro vita. Dicendo Gesù: Chi
ha orecchi per intendere intenda,
forse
si rivolse in modo particolare a Giuda, il quale già cominciava ad
avversare la compagnia del Signore e, portando la borsa delle
elemosine, pensava solo a trarne profitto per assicurarsi una vita
indipendente e provvista del necessario senza preoccupazioni.
Anche
la nostra via è via di abnegazione e di rinunce, quando vogliamo
seguire Gesù e lavorare per la propagazione del suo regno. Quasi
sempre avviene che quelli che meno intendono le nostre grandi
aspirazioni sono proprio i parenti più stretti, ed è per noi una
necessità contrastarne le idee o le vedute, per poter seguire
fedelmente Gesù.
Non
siamo per questa terra, e non dobbiamo avere come meta i beni
materiali, la sistemazione, gli onori, i posti, e tanto meno i
divertimenti e i bagordi della vita. Abbandoniamoci a Dio, cerchiamo
la sua volontà e la sua gloria, seguiamo Gesù fedelmente e
perseveriamo nel servirlo sino alla fine, per raggiungere la felicità
eterna.
Servo di Dio Don Dolindo Ruotolo
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