Commento
al Vangelo della XXIV Domenica TO C 2016
L’infinita
misericordia di Dio
Sono
i tre grandi momenti della divina misericordia: il Signore chiama
l’umanità peccatrice come pecorella smarrita, la redime pagando il
prezzo del suo riscatto, e l’accoglie in un amore paterno immenso
che la ridona alla primitiva grandezza. Accolse Israele e lo cercò
nel deserto del mondo come pecorella smarrita, portandolo Egli stesso
per le vie della vita come un pastore porta sulle spalle la sua
pecorella. Venne dal cielo in terra e fece luce per cercare l’umanità
perduta e ridonarle il valore perduto col peccato; aspetta al suo
Cuore l’umanità traviata ed apostata, immersa nelle sozzure
dell’impurità e ridotta ad uno stato di estremo squallore, e
l’accoglie con amore paterno, riabilitandola.
La
misericordia di Dio è sempre ricerca amorosa, valutazione divina di
un’anima, e amore immenso nell’accoglierla, ma si può dire che
le tre parabole proposte da Gesù riguardassero le tre grandi
manifestazioni della misericordia di Dio Uno e Trino: quella fatta al
popolo eletto, pecorella sua, il Padre; quella fatta nella
redenzione, pagando il prezzo del nostro riscatto, il Figlio, e
quella che fa ogni giorno nella Chiesa, e farà in modo meraviglioso
alla fine dei tempi, accogliendo al suo Cuore i figli traviati,
corrotti e apostati dal suo paterno amore, lo Spirito Santo.
Gesù
parla della gioia del pastore nel ritrovare la pecorella smarrita,
della gioia della donna nel rintracciare la dramma perduta, e della
gioia del padre nel riabbracciare il figlio traviato, non per dire
che Dio ama più i peccatori che i giusti, ma per dire che è così
piena e completa la sua misericordia che Egli accoglie i peccatori
pentiti come se fossero giusti. Egli parla della
festa che si fa nel cielo per
un peccatore che si converte, per dirci che è più grande la gioia
attuale dei Beati per un’anima che si salva che per quelle che sono
già salve o giuste; anche un padre gode più attualmente
della guarigione di
un figlio infermo che della sanità degli altri, il che non significa
che egli apprezza più i malati che i sani, ma proprio perché
apprezza la salute, gode che il figlio infermo l’abbia recuperata.
Nei
peccatori che si convertono c’è poi sempre una ricchezza di
umiltà, di riconoscenza e di amore che li rende più cari al
Signore, e facilita in loro l’efflusso della grazia.
Il
peccato è un male orribile che Dio aborre sempre; ma la vera
penitenza può far fiorire il cuore dei peccatori anche più di
quello dei giusti, e la tenerezza di Dio riguarda proprio questa
fioritura d’amore e di virtù.
Si
deve notare che Gesù accennò semplicemente le parabole della
pecorella smarrita e della dramma perduta, mentre raccontò con
minuti e bellissimi particolari quella del figliol prodigo, per dare
maggiore risalto all’amore col quale Dio accoglie come padre i
peccatori che vanno a
Lui, pentiti.
Il
suo Cuore divino
non ebbe confini nella tenerezza quando parlò di ciò che l’anima
fa per cercare Dio e, nell’esuberanza della parabola, rivelò
l’esuberanza dell’amore di Dio. Si direbbe che la sua delicata
carità abbia voluto dare più risalto al bisogno che il peccatore
sente di Dio che a quello
che Dio fa per un peccatore; l’amor suo nel cercarci è infinito,
ma l’amor suo nell’accoglierci è tenerissimo, ed è divinamente
psicologico che il Redentore si sia trattenuto di più sulla parabola
del figliol prodigo. L’ampiezza di questa parabola, poi, può anche
farci intendere quanto sarà esuberante la misericordia che Dio farà
negli ultimi tempi ai figli apostati che ritorneranno al suo Cuore.
(Don Dolindo Ruotolo)
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