Vangelo
della XXXIV Domenica TO 2016 C (Lc
23,35-43)
Don
Dolindo Ruotolo
L’agonia
di Gesù
I sacerdoti soprattutto e gli
scribi ci tenevano a sfatarne il prestigio innanzi al popolo, e con i
loro insulti volevano farne rimarcare l’impotenza:
Ha salvato gli altri, salvi se stesso se Egli è il Cristo, l’eletto
di Dio. Ad essi
facevano eco i soldati, i quali, vedendo sulla croce la scritta
postavi da Pilato, dicevano: Se
Tu sei il re dei Giudei, salva te stesso. Lo
dicevano per prendersi beffe non solo di Lui che si era dichiarato re
innanzi a Pilato, ma anche per insultare il popolo ebreo in Lui.
Se Pilato aveva messo quella
scritta, era per essi evidente che il Crocifisso era veramente il re
spodestato; insultandolo e sfidandone la potenza, volevano far
constatare lo stato di soggezione piena nel quale era ridotto il
popolo che aveva il suo re in croce, senza dire neppure una parola di
protesta, anzi approvandone la condanna e la morte.
I biechi sacerdoti del tempio
non si erano accorti che, con quel delitto spaventoso, avevano
stretto di più le catene della loro schiavitù a Roma.
Il
buon ladrone
I due ladri che erano
crocifissi con Gesù, al principio si unirono tutti e due al coro di
quelli che insultavano Gesù (cf Mt
27,44), ma poi uno di essi, vedendo che il compagno insisteva nel
provocare il Signore a mostrare la sua potenza e la sua dignità,
liberando se stesso e loro dalla croce e notando la pazienza divina
di Lui, ne ebbe compassione e cominciò a sgridare il compagno.
Fu questo il primo anello di
grazia che doveva condurlo al possesso del Paradiso. Egli soffriva
terribilmente, aveva fastidio di sentire il vociare dei nemici del
Redentore, perché i suoi nervi erano spasmodicamente tesi e
contratti; considerò quanto doveva essere terribile per il Signore
quel coro d’insulti e di feroci ironie stando in quello stato e,
non osando rimproverare i sacerdoti, gli scribi e i farisei sgridò
il compagno, dicendogli: Neppure
tu temi Dio, trovandoti nel medesimo supplizio? cioè:
tu non compatisci, dunque, le sue pene, pur soffrendole tu stesso e
ancora lo provochi e lo insulti? Quindi, dando uno sguardo ai peccati
commessi, notandone forse le vestigia nel compagno e pentendosene di
tutto cuore perché vedeva e sentiva quanto era innocente Gesù,
esclamò: Per noi,
certamente è giusto,
perché riceviamo ciò che meritiamo per i nostri delitti; questi,
invece, non ha fatto nulla di male.
E, dicendo queste parole, lo
guardò.
La compassione per le sue pene
era diventata proclamazione della sua innocenza e, nel guardarlo di
nuovo in questa luce, notò che quell’innocenza non era umana, come
non era umana la pazienza che mostrava. Lo fissò, e gli venne una
grande pace; lo guardò ancora e anche Gesù dovette guardarlo,
alleggerendogli le atroci pene. Nel considerarlo, scorse la maestà
placida di quel volto, e dal volto spontaneamente passò a leggere la
scritta: Gesù
Nazareno, re dei Giudei. Aveva
un vero aspetto di Re, spirava maestà, spirava, anche così
contraffatto, ammirabile bellezza; era Re, ma non poteva esserlo di
questo mondo. Forse l’aveva sentito dire innanzi a Pilato
solennemente: Il mio
regno non è di questo mondo,
e quelle parole ora
gli ritornavano in mente. La fede nel Messia gli si rinnovò
nell’anima; lo guardò ancora, sentì che era Lui, credé, sperò,
gli si confidò, gli si abbandonò, esclamando: Signore,
ricordati di me quando sarai giunto nel tuo regno. La
sua fede era piena e completa; aveva confessato le proprie colpe e la
grazia l’aveva tutto avvolto e vivificato; si era pentito, aveva
amato il suo Redentore, aveva accettato come espiazione la pena che
soffriva, e Gesù, perdonandogli, esclamò: In
verità ti dico: Oggi sarai con me in Paradiso. Oggi
stesso, sarai con me
perché l’avrebbe
preceduto nella morte e, morendo, l’avrebbe redento, ridonandogli
l’adozione di Figlio di Dio e dandogli il possesso della felicità
eterna.
Fu un atto di misericordia
immenso, al quale non poté essere estranea la Vergine Santissima.
Nella sua materna misericordia, Ella pregò per tutti, e pregò molto
più per quelli che erano crocifissi col suo Figlio divino.
Pregò, e il meno ostinato e
cattivo raccolse i frutti della sua preghiera, compassionando Gesù e
pentendosi dei propri peccati. Quale fiume di grazia sarebbe disceso
su tutti i carnefici del Calvario, se avessero avuto un momento solo
di pentimento? Il buon ladro aprì la serie dei peccatori che ai
piedi del Crocifisso avrebbero trovato la luce, la misericordia e la
pace, e fu il primo a raccogliere il conforto e la tranquillità che
si diffondono dalla croce.
Quante volte la sua breve
preghiera è stata ripetuta dai peccatori, stretti dalle
tribolazioni: È giusto, Signore, ricevo ciò che merito per i miei
delitti, ricordati di me! E quante volte Gesù ha risposto nel
profondo del cuore pentito, dandogli la pace e promettendogli la vita
eterna! Sono peccatore, mio Dio, lo confesso, e tutte le pene della
mia vita sono un atto di giustizia, lo riconosco; ma la tua
misericordia ha le braccia aperte per accogliermi, e io mi rifugio
sul tuo Cuore, dicendoti: Ricordati
di me. Tu conosci
bene quello che io sono, e se tu volessi ricordarti delle mie colpe
dovresti scacciarmi da te; ma il tuo ricordo è misericordia e Tu mi
guardi per perdonarmi e per salvarmi.
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