Commento
al Vangelo – IV Domenica di Avvento 2016 A (Mt
1,18-24)
La
nascita di Gesù Cristo
La Vergine Santissima fu
sposata a san Giuseppe per obbedienza, perché, come si usava presso
gli Ebrei, il matrimonio veniva trattato dai genitori o dai parenti
più prossimi della fanciulla, a volte senza che ella lo sapesse.
Giunta all’età da marito che
era quasi sempre al dodicesimo anno, veniva promessa al giovane che
ne faceva richiesta, e celebrava gli sponsali, prendendo impegno con
giuramento, ella e lo sposo, di contrarre le nozze.
Il periodo degli sponsali
durava un anno per le vergini e un mese per le vedove e, in questo
tempo, benché dimorassero ognuno a casa propria, i promessi sposi si
riguardavano legittimamente coniugati, e un figlio che fosse stato
generato in questo periodo era riguardato come legittimo anche
legalmente. Nel tempo degli sponsali, gli sposi corrispondevano fra
loro per un intermediario di fiducia che era chiamato amico
dello sposo. Dopo un
anno si celebravano le nozze, e la sposa veniva accompagnata
solennemente in casa del marito. Maria Santissima era stata sposata a
san Giuseppe, giovane di circa ventisei anni, modello di virtù che
il Vangelo caratterizza con una sola parola chiamandolo giusto,
ossia santo.
Probabilmente fu san Zaccaria che trattò il suo matrimonio sia
perché sacerdote e sia perché i genitori della Vergine Santissima
dovevano essere già morti.
Sposata, non era stata ancora
accompagnata a casa dello sposo. Ella aveva promesso a Dio con voto
di conservarsi vergine, e aveva consentito alle nozze per obbedienza,
confidando che il Signore l’avrebbe custodita, e confidando anche
nella virtù dello sposo che doveva esserle nota, essendo egli suo
cugino.
Raccolta nella preghiera,
umiliata profondamente innanzi a Dio, aspettava che la Provvidenza
avesse pensato alla sua situazione. È evidente che non manifestò a
nessuno, e neppure a san Giuseppe il voto che aveva fatto, ma aveva
la certezza che il Signore sarebbe intervenuto con uno dei suoi
tratti di misericordia, per liberarla dalle sue angustie. Fu in
questo periodo di attesa e di preghiera che si trovò incinta del
Verbo eterno per opera dello Spirito Santo.
San
Matteo non racconta i precedenti di questa concezione miracolosa:
presenta il fiore verginale già fecondo senza opera umana, intatto e
purissimo, e dice solo che Maria fu trovata feconda senza che
convenissero insieme Ella e san Giuseppe, per mostrare che si era
verificata la profezia di Isaia sul parto verginale della Madre del
Redentore.
San Giuseppe si accorse di
questo per le mutate condizioni dell’aspetto di Maria; forse fu
attratto a considerarla perché sentì da Lei una santità arcana;
egli non poté pensare male di una Vergine che conosceva illibata, ma
non osò contravvenire alla Legge che comandava di rimandare col
libello del ripudio la consorte che fosse venuta meno alla fedeltà.
Ciò che si manifestava in Maria, la quale stava già al quarto mese
dalla concezione del Verbo, era umanamente inspiegabile, e legalmente
poteva solo apparire come una trasgressione.
Fu un momento terribile di
angustia nel quale il santo dovette pregare ardentemente. La Vergine
Santissima, dal canto suo, non osò rivelargli il mistero avverato in
Lei, e si rimise al Signore, sembrandole che poteva essere
incredibile senza una luce speciale di Dio. Il Signore intervenne e,
attraverso il ministero di un angelo, illuminò l’afflitto Giuseppe
sulla concezione miracolosa del Redentore. Il santo patriarca,
semplice, silenzioso, umile, purissimo, compiva in sé la figura
dell’antico Giuseppe, e il Signore gli si rivelò nel sonno, forse
nella veglia, un’apparizione lo avrebbe troppo spaventato, forse
avrebbe potuto anche soffrirne per la sua profonda umiltà; il fatto
è che il Signore stimò più proporzionato a lui parlargli nel
sonno.
Il messaggio dell’angelo era
eccezionalmente straordinario, ma san Giuseppe vi prestò piena fede,
e vide in esso, con esultanza, il compimento delle antiche promesse.
Capì perfettamente che egli era scelto come custode del Figlio
divino di Maria, e dell’illibata verginità di Lei. Le parole di
Isaia, citate dall’evangelista, furono luminosissime nell’anima
sua, ed egli obbedì al Signore con piena sottomissione.
Con ogni probabilità e
verosimiglianza san Giuseppe celebrò il matrimonio con Maria
Santissima per obbedienza, avendo anch’egli il fermo proposito di
conservarsi vergine. Non è solo una supposizione questa, ma è
consono al modo di operare di Dio che volle il matrimonio per celare
il mistero ai profani e non esporlo alla profanazione, ma che non
poté non affidare, ad un purissimo giglio, il giglio immacolato dal
quale sbocciò il Redentore.
Spira, dal racconto evangelico,
un tale profumo di purezza che non può supporsi in nessun modo che
san Giuseppe si sia sposato con un ideale umano. Egli capì di
compiere la divina volontà, ed aspettò le disposizioni del Signore,
consacrandosi tutto a Lui. Forse per questo, dopo che furono
celebrate le nozze, non condusse ancora Maria a casa sua, ma lo fece
solo al ritorno di Lei dalla casa di santa Elisabetta, dopo la
rassicurazione dell’angelo.
Il
Vangelo insiste sulla verginità di san Giuseppe, facendo rilevare
che non fu insieme con la consorte in nessun modo né quando Ella
concepì il Redentore né dopo che l’ebbe partorito. L’espressione:
ed egli non la conobbe
fino a quando partorì il suo figlio primogenito (che egli chiamò
Gesù),
ha questo preciso
valore nel Testo e nel contesto. L’evangelista usa
quell’espressione proprio per insistere sulla concezione miracolosa
del Redentore, e per escludere che nella sua nascita vi sia stato
alcun concorso umano. Egli chiama Primogenito Gesù Cristo non per
far supporre che sia stato il primo di una serie, ma per determinare
le sue prerogative di primogenito che gli spettavano pur essendo
Unigenito, e per designare soprattutto il Primogenito della nuova
generazione dei figli di Dio, e del nuovo patto. Gesù Cristo è il
Primogenito di Maria, noi siamo i secondogeniti. Se l’espressione
del Vangelo sembra oscura – tanto da far disorientare i poveri
protestanti e quelli che non concepiscono le arcane bellezze della
verginità –, la sua oscurità è solo apparente, e serve a farci
confessare per fede quello che è evidente perché è una realtà
storica.
Don Dolindo Ruotolo
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