La Cananea
Commento al Vangelo della XX Domenica TO 201 A (Mt 15,21-28)
La Cananea
Gli scribi e farisei, nelle loro opposizion
i al Redentore, non si contentavano solo di parole, ma tentavano passare ai fatti e ordivano congiure contro di Lui, per liberarsene. Gesù Cristo, per impedire una recrudescenza del loro odio, si allontanò dalla pianura di Genesaret, dove si trovava, e passò nelle parti di Tiro e Sidone, cioè tra gente cananea. Egli annunciava così, con i fatti, che la parola della verità, rigettata dal popolo ebreo, sarebbe passata ai pagani; non andò in quei luoghi per evangelizzarvi il popolo, ma per indicare quello che sarebbe avvenuto in futuro e, conoscendo tutto, vi andò per mostrare con un esempio pratico agli apostoli, disorientati dalla propaganda farisaica che cosa significasse aver fede. È evidente dal contesto che Egli stesso attrasse a sé la povera Cananea che andò a supplicarlo per la figlia indemoniata; anzi può dirsi che sia andato esclusivamente per lei in quelle contrade, non avendovi operato altro.
La fama dei suoi miracoli si era sparsa in ogni luogo, e forse la Cananea aveva tante volte desiderato incontrarsi con Lui, per supplicarlo in favore della figlia. Forse aveva pregato con viva fede, credendolo il Messia; di fatto avvenne che, appena saputo della sua presenza, gli corse incontro, chiamandolo Figlio di Davide e Signore, e rivelandolo come Colui che doveva venire.
La sua preghiera fu semplicissima: ella espose il suo caso doloroso, e lasciò a Lui la cura di pensarci.
Pregò con fede nel chiamarlo Figlio di Davide, con umiltà nell’implorarne pietà e con fiducia, esponendogli il suo caso doloroso tra grida di suppliche. Gesù non le rispose nulla: sembrò insensibile a quell’angoscia materna, Egli che aveva un Cuore infinitamente tenero.
La donna non si scoraggiò ma continuò a gridare e gli apostoli, presi dalla compassione, lo supplicarono di accontentarla. Egli rispose che non era stato mandato che alle pecore perdute della casa d’Israele.
Con queste parole non intese dire di non voler esaudire la preghiera di quella donna, ma volle mostrare agli apostoli, con una durezza che li addolorava, quanto era contrario alla carità la crudeltà di chi s’irrigidiva in una legge esteriore, senza tener conto del suo spirito.
Dal suo Cuore, però, partivano raggi di carità invisibili che colpirono la donna, la resero più ardita e la fecero avvicinare a Lui, implorando aiuto. Gesù rispose che non era bene prendere il pane dei figli per darlo ai cani. Chiamò cani i pagani, non perché il suo amore li stimasse tali, ma perché così li riguardavano gli scribi e i farisei.
Intenzionalmente volle far sentire agli apostoli, in un contrasto con una madre supplicante, quanto fosse ingiusto il disprezzo che gli Ebrei avevano dei pagani. Essi, vedendo quel disprezzo in confronto con Lui, Carità per essenza, ne distinguevano di più l’orrore. Egli, poi, dicendo una parola così dura alla povera Cananea, le fece sentire, contemporaneamente, con quale carità la riguardava; il suo Cuore divino la provava e le dava la grazia per resistere alla prova. La Cananea, infatti, rispose con maggiore fede che anche i cagnolini mangiavano le briciole che cadevano dalle mense dei loro padroni. Era indegna del pane dei figli, e come cagnolina voleva raccogliere solo una briciola di quella potenza taumaturga con la quale Egli colmava di benefici tanti poveri infelici. Questa era la più grande espressione di una fede umile e sincera, e Gesù, mutando d’un tratto atteggiamento, ed elogiando tanta fede, la esaudì e, a distanza, con una parola d’onnipotenza, le sanò la figlia.
La lezione era tutta rivolta agli apostoli titubanti; essi dovettero riconoscere che non avevano quella fede profonda che sa resistere alle prove; dovettero capire quanto superiore agli scribi e farisei era quell’umile donna che aveva nel cuore un tesoro di fede sul Messia, e si sentirono rinfrancati nello spirito. Gesù, poi, partito di là, e andato verso il mare di Galilea, cioè sulla riva orientale del lago di Genesaret, vi operò moltissimi strepitosi miracoli, confermando così la fede dei suoi apostoli.
Muti, ciechi, zoppi, storpi e molti altri infermi sperimentarono la sua potenza e ne furono consolati spiritualmente e corporalmente.
Quante volte, pregando, ci sembra che Gesù Cristo, la Madonna e i santi non ci ascoltino, e l’anima si disorienta, a volte, fino a sentir venir meno la fede! Quante volte, in questi momenti di tenebre, satana ci suggerisce che è vano pregare e ci getta in una cupa disperazione che è forse il tormento maggiore della vita! Eppure, in quei momenti di oscurità, proprio allora, dobbiamo intensificare la preghiera, perché la fede esca ingigantita dalla prova e ottenga grazie maggiori di quelle che ha richieste. Si può dire, con assoluta certezza, che nessuna preghiera è vana, e che quando non ci vediamo esauditi ci si prepara una consolazione più grande, temporale ed eterna. Non siamo degli abbandonati nel mondo, non siamo dei reietti: siamo figli del Padre celeste, ed Egli ci riserba il suo pane, cioè la ricchezza delle sue misericordie.
Padre Dolindo Ruotolo
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