Commento al Vangelo – V Domenica del T.O. C 2013 (Lc 5,1-11)
La barca di Pietro
Dio è mirabile nel suo linguaggio, e sotto umili cose
esprime disegni grandiosi di sapienza e di amore. Chi non direbbe più solenni e
stupende le scene del Pentateuco, di fronte alle parabole e ai racconti del
Vangelo? Eppure quelle scene erano una figura mentre il Vangelo è la realtà;
non solo, ma è l’annuncio di più grandi cose, è il quadro del mirabile sviluppo
della redenzione. Per questo è chiamato Vangelo, annuncio della buona
novella.
Se si può
dire una frase ardita, nell’Antico Testamento Dio ha lasciato alle sue parole
un carattere più umano, e per questo a noi sembra grandioso; nel Nuovo, un
carattere più divino, e per questo a noi sembra più semplice e meno grandioso.
Siamo lontani dal divino, i nostri pensieri non sono quelli di Dio, e per
questo valutiamo molto un monte di marmo e poco una gemma preziosa estratta
dalla miniera.
La scena di
Gesù che insegna dalla barca di Pietro, sembra la più semplice e la più
normale; innanzi, per esempio, al passaggio del Mar Rosso e al cantico di Mosè
sembra piccola cosa, eppure è l’espressione di un’immensa grandezza, del
Magistero divino affidato alla Chiesa e al Papa, come subito vedremo. Non è il
passaggio di un popolo da una riva all’altra, ma il passaggio della luce divina
della verità dal mare infinito alla nostra piccolezza; non è la figura della
liberazione dal peccato nel Battesimo, com’era il passaggio del Mar Rosso, ma è
la sintesi e come la semente feconda della più grande misericordia fatta
all’uomo libero e intelligente: il Magistero infallibile della Chiesa e del Papa.
I poveri
critici e ipercritici, questi pigmei di fronte al pensiero di Dio, si affannano
a scrutare la lettera, e credono di aver scoperto il sole quando hanno esumato
uno scartafaccio antico, o hanno fatto l’anatomia naturale di un Testo Sacro;
si affannano a colmare – dicono essi –, le lacune del Testo, e qua ne vedono
uno corrotto, là uno monco, altrove uno che a fatica si armonizza. Scavano a
tutta forza gli antri morti della storia, ostruiti da macerie, e credono di
aver fatto tutto, quando hanno potuto raccattare una notizia più o meno dubbia
da mettere insieme al Sacro Testo, senza pensare che uniscono la gemma falsa
alla vera, e che si sforzano di mettere in evidenza quello che Dio ha voluto
eclissare, perché inutile o dannoso allo scopo che Egli ha nel parlarci.
I poveri
critici e ipercritici non si accorgono di frustrare, con le loro piccole o
false luci, lo scopo che Dio ha avuto nel lasciare certe oscurità nel Testo e
nel tacere certe notizie. Sono riflessioni importantissime queste che debbono
profondamente umiliarci innanzi a Dio, e abituarci a trattare la sua Parola con
vero spirito di fede.
Gesù
Cristo, quando andò a predicare nella Galilea, chiamò una prima volta alla sua
sequela Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni, com’è raccontato in san Matteo
(4,18ss) e in san Marco (1,16ss). Egli li incontrò sul lago di Genesaret quando
gettavano le reti in mare, e
li chiamò per farli pescatori di uomini. Alla sua voce, essi subito
abbandonarono le reti e lo seguirono, ma è evidente dal contesto che non lo
seguirono definitivamente; anzi, dopo poco,
ritornarono alle reti e alle barche, pensando che era per loro
necessaria la loro arte e professione per vivere. Seguirono Gesù, e quando
videro che era povero e viveva di elemosine, pensarono che non potevano
ragionevolmente prescindere dal loro guadagno, e ritornarono alla pesca. Questo
si rileva dalla ricostruzione psicologica dell’atteggiamento di san Pietro
nella pesca miracolosa, come subito vedremo.
Nel chiamare
i quattro pescatori, Gesù li avrebbe voluti tutti per l’opera sua, ed essi in
un primo momento vi si prestarono; ma dopo pensarono, magari anche a scopo di
bene, di non dovergli esser di peso, giudicarono che le elemosine che riceveva
Gesù non potessero bastare loro, e ritornarono al lago per pescare di notte,
sperando di guadagnare almeno qualcosa. Gesù li trovò dopo questa notte di
pesca che fu infruttuosa, mentre lavavano le reti. C’erano ferme due barche,
una apparteneva a Simone e l’altra a Giovanni, ossia a suo padre Zebedeo.
La folla che
seguiva Gesù si accalcava sulle rive del lago, ed Egli, per parlare meglio e
farsi sentire da tutti, salì sulla barca di Simone, e lo pregò di allontanarsi
un po’ da terra. Stando a sedere sul pontone della barca, ammaestrava il
popolo. Non era un gesto vano né era un atteggiamento accidentale
quell’insegnamento; Egli guardava lontano, al compimento dell’opera sua, ai
secoli perenni nei quali avrebbe insegnato al mondo dalla sede di san Pietro, e
avrebbe ammaestrato le genti dalla sua barca, ossia dalla Chiesa. Quel suo
gesto era divino, e come tale era semplicissimo, e segnava in eterno il diritto
della Chiesa cattolica e del Papa ad ammaestrare le genti.
Tutti i
sofismi delle eresie e tutte le violenze dei tiranni non hanno potuto e non
potranno mai cancellare questo diritto. La barca di Pietro diventava, in quel
momento, granitica, diventava una sede di bronzo, un monumento immortale. Il
gesto di Gesù l’aveva come consacrata, mutandone la natura, e l’aveva resa
conquistatrice di anime nel suo adorabile Nome.
Essa ha
attraversato i mobili secoli e
li attraversa ancora fra le più fiere tempeste, ma non è mai sommersa e
continua a raccogliere anime nella sua rete, anche quando par che le sfuggano e
che non ne prenda più per l’apostasia universale.
La pesca miracolosa
Gesù
Cristo volle mostrare a Simone e agli altri tre apostoli, chiamati sulle rive
del lago che Egli era Provvidenza bastevole a sostentarli, e volle, nel
medesimo tempo, preannunciare la pesca miracolosa di anime che avrebbe fatta la Chiesa nel grande trionfo
del suo regno, e perciò ingiunse a Simone di prendere il largo e gettare le
reti. Da esperto nella sua arte, Pietro sapeva che non c’era speranza di
pescare nulla, dato che per tutta la notte, ossia nelle ore più propizie, aveva
invano gettato le reti; però la sua fede si era rinnovata per la vicinanza di
Gesù e alla luce dei suoi insegnamenti, e senza esitare, nel suo Nome, gettò le
reti.
Immediatamente
i pesci riempirono la rete in così grande quantità che quasi si rompeva; ed
egli che era forse in compagnia di Andrea, fece con lui segno all’altra barca
dov’erano Giacomo e Giovanni, perché li avesse aiutati; essi, remando a gran
forza, si accostarono e, raccolti i pesci, riempirono le due barche che quasi
affondavano.
La fede
di Simone a quel miracolo si risvegliò in pieno; egli era ritornato alla barca
e alle reti perché aveva creduto imprudente non avere un cespite certo di
guadagno, ed ora constatava che Gesù poteva non solo sopperire alle sue
necessità, ma poteva farlo con abbondanza; sentì tutta la propria ingratitudine
e la propria miseria e, gettatosi alle ginocchia di Gesù che era seduto sulla sponda della barca,
e aveva i piedi nascosti dai pesci che la colmavano, esclamò: Allontanati da
me, perché io sono uomo peccatore. E voleva dire: Tu mi hai chiamato, mi
hai promesso di alimentarmi anche corporalmente, e io ho dubitato di te, ed ho
creduto che valesse più il mio posto di pescatore che la tua provvidenza;
lasciai tutto per te, e con volubilità sono ritornato non tanto alla mia barca,
quanto al mio mestiere, rifiutando praticamente la tua chiamata; non sono degno
che Tu mi accolga con te, allontanati, stai in cattiva compagnia: io non sono
che un peccatore. Anche gli altri compagni di Pietro furono presi dai medesimi
sentimenti, perché anch’essi avevano diffidato della divina provvidenza. Ma
Gesù, pieno di bontà, rivolto a Pietro singolarmente perché a lui
principalmente aveva voluto dare la lezione, e perché egli era il più addolorato,
disse: Non temere d’ora innanzi sarai pescatore di uomini. Tutti,
allora, tirate a secco le barche, abbandonata ogni cosa, lo seguirono definitivamente
Padre Dolindo Ruotolo
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