Commento al Vangelo di Don Dolindo Ruotolo
I Domenica di Avvento:
Gesù soggiunse: Non passerà questa generazione prima che siano successe tutte queste cose, intendendo parlare della generazione a Lui contemporanea, che avrebbe visto la distruzione dì Gerusalemme, come di fatto avvenne, e del terzo periodo della vita dei mondo, che non sarebbe trascorso senza che tutto si fosse avverato. Egli aveva inaugurato il Nuovo Patto e il periodo storico nel quale doveva svilupparsi, ed Egli doveva conchiuderlo per sempre con una manifestazione solenne di potenza. Lo inaugurò con l'umiliazione del Calvario, e lo compirà con la glorificazione del giudizio universale. Questo è certissimo, soggiunse il Redentore, ma in quanto al giorno ed all'ora in cui avverrà, cioè in quanto al tempo preciso, nessuno lo sa, eccetto il Padre; Egli voleva dire che era un segreto di Dio che neppure il Figlio sapeva per comunicarlo agli uomini. Egli lo conosceva certamente in quanto Dio e in quanto uomo, ma non potendolo comunicare poteva dire di non saperlo neppure Lui, quasi ambasciatore legato dal segreto.
Avverrà come al tempo del diluvio; gli uomini spensierati continuarono nella loro vita e nei loro peccati, nonostante le esortazioni di Noè, e non credettero al flagello che quando ne furono colpiti. Così avverrà che di due persone che sono nel medesimo campo, o al medesimo lavoro, una sarà salva ed una sarà perduta, perché quella che è buona non sospetterà la fine e non penserà a convertire l'altra, e quella che è cattiva continuerà nelle sue occupazioni materiali e nei suoi peccati. Occorre dunque vigilare e vivere come se fosse imminente sempre il giorno del giudizio. Bisogna vigilare come un padre di famiglia che teme in qualunque ora l'assalto del ladro, e come servo fedele che, in attesa del suo padrone, si comporta bene e quando egli ritorna riceve il premio della sua fedeltà. Chi credendo lontano il giorno di Dio si dà bel tempo, e maltratta gli altri, è simile al servo infedele che è sorpreso nel mal fare dal padrone, ed è diviso, cioè è puniti, scacciato e tagliato in due, come si usava fare con gli schiavi ribelli, precipitando così nell'eterna perdizione.
Un'appassionante questione: siamo vicino alla fine del mondo?
Benché Gesù Cristo abbia detto che nessuno sa il tempo e l'ora della fine del mondo, pure in tutte le età gli uomini si sono sforzati d'indagarlo con congetture, e si sono creduti prossimi alla fine. San Gregorio stesso affermava questo al suo tempo, e gli sembrava imminente la fine. Premettiamo che è presunzione il voler determinare l'anno della catastrofe universale, non è contrario alle parole di Gesù l'indagare sui segni che li precederanno, anzi è opportuno per eccitarsi maggiormente a non attaccarsi al mondo ed a vigilare per la salvezza dell'anima. Che noi viviamo in un tempo di eccezionale sconvolgimento e di singolare empietà, questo non puó negarsi, e fa pensare seriamente ad una fine non estremamente lontana; potremmo dire che molti l'aspettano. Cosi per esempio, nell'aprile del 1937 la regione del Dniester ed altre dell'infelicissima Russia bolscevica erano percorse da processioni di contadini, che invitavano i compagni a non lavorare e pensare solo all'anima, essendo prossima la fine del mondo. La stessa incommensurabile e quasi irreparabile scelleratezza degli uomini ci fa pensare che non vi sia altro rimedio che la rovina di tutto. l mezzi di corruzione, infatti, sono tali e tanti, che non si vede come possano eliminarsi senza una catastrofe. Il cinema, la radio, la televisione, la velocità con la quale si comunica con le varie nazioni, costituiscono, assai più della stessa stampa, tali mezzi di propaganda del male, che non se ne può trovare il rimedio. L'impurità dilaga peggio che ai tempi del diluvio, la mania omicida non ha più confini, il capovolgimento dei più elementari valori della vita non fanno sperare più ad un ritorno sulle vie del bene; si attende la catastrofe, e diremmo pure si spera nella catastrofe. Certo alcuni dei segni precursori della fine ci sono, ma noi non sappiamo quali altre sorprese potrà darci l'umana delinquenza, resa più letale dalle scoperte stesse della cosiddetta scienza. La beata Anna Katharina Ernmerick dice nelle sue rivelazioni che la nascita dell'anticristo sarà nel 1956. Data la precisione impressionante delle sue visioni, è una data che non può ritenersi come una fiaba. L'apostasia universale e la lotta feroce contro Dio, Gesù Cristo e la Chiesa, lotta che non ha avuto mai la tracotanza moderna, ci fa pensare già ai prodromi del maledetto regno dell'anticristo. Si dovrà avere un periodo di trionfo per la Chiesa, una prima risurrezione di tutto in Gesù Cristo, e questo si rileva dall'Apocalisse, ma questo periodo sarà quasi come un giorno sereno per la semina e la raccolta di novelli fiori per il cielo. Il male terribile che già ci soffoca rimarrà come incatenato, ed avrà poi una recrudescenza anche più terribile al tempo dell'anticristo. Non si può dire nulla di preciso, perché i segni che ora vediamo come caratteristici potrebbero essere seguiti da altri più terribili. Quando si combatté la guerra universale, si credette quasi impossibile andar più oltre nei mezzi di distruzione e nelle scene apocalittiche dei campi di battaglia; eppure oggi quei mezzi già sembrano quasi primitivi. La famosa Berta tedesca, il cannone che tirava a cento chilometri, sembrò un prodigio di balistica, eppure oggi c'è già il cannone che tira a mille chilometri, senza dire che non sappiamo se i segreti militari delle nazioni nascondano altre sorprese. I segni che vediamo e l'incertezza che sempre ci prende debbono farci solo star vigilanti e spingerci a vivere cristianamente, anzi da santi. Oggi noi viviamo come sull'orlo di un vulcano; tutto è precario per noi, tutto è causa di opprimente dolore e di cupa tristezza e non ci rimane che abbandonarci a Dio ed amarlo sopra tutte le cose. Viviamo nell'atmosfera ammorbata dei senza Dio, di quelli che, come nella povera Spagna calcata dal tallone rosso, si salutavano turpemente: Sin Dios, cioè: senza Dio, invece di dire: a Dio! In questa pestifera atmosfera che certo è già anticristianesimo, dobbiamo tener ferme le nostre posizioni di fede, e non farci vincere né dal rispetto umano né dalla vilissima apostasia; dobbiamo portare alto il nostro nome di cristiani, senza cedere al mondo neppure un pollice delle nostre posizioni. Se in ogni tempo è un male cedere al mondo, in questi momenti è un delitto di diserzione. Non si può aver nulla di comune con l'empietà, neppure nelle forme esterne degli usi mondani; bisogna tenersi fermamente uniti alla Chiesa, e quasi attaccati alle sue vesti benedette, come figli alla madre. Dobbiamo soprattutto vivere cristianamente nella pratica dei Sacramenti e nella vita, affinché l'atmosfera del mondo non ci soffochi, e dobbiamo tener cara la fede come un preziosissimo tesoro. Niente ci faccia vacillare, niente ci affascini, niente ci tragga fuori di Gesù Cristo e della Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana. Non crediamo ai falsi profeti, e ce ne sono tanti, che pretendono predicare nuove religioni, nuove morali, e nuovi ordinamenti sociali; questi, come diceva Pio XI, sono spacciatori di chimere, destinati alla più amara delusione. Ascoltiamo la voce della verità che è nella Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana, e persuadiamoci che mai come in questi momenti di confusione si sente il bisogno di tendere l'orecchio alla verità e le mani alla Madre!