Commento
al
Vangelo
della
XIV
Domenica
TO
2014
C
(Mt
11,25-30)
Santa
Maria Goretti
Il
privilegio dei piccoli di spirito
Perché
le anime non corrispondono alle grazie del Signore? Perché presumono
di se stesse, si gonfiano vanamente, indagano con superba tracotanza
quello che dovrebbero adorare e praticamente rifiutano la luce delle
divine misericordie. Il Vangelo non si può intendere dai cosiddetti
“grandi” del mondo, perché essi hanno la testa come intontita
dalle loro meschinità, e sono avvolti dalla fitta cortina delle loro
idee.
Gesù, perciò, si compiace dei
piccoli di spirito che, in realtà, sono grandi, e ringrazia il Padre
di aver loro rivelato i misteri della verità e dell’amore celati
ai cosiddetti sapienti della terra. La sapienza e la prudenza umana è
come nebbia che si leva all’orizzonte e impedisce il diffondersi
dei raggi del sole; gli uomini la credono sapienza ma, in realtà, è
stoltezza innanzi a Dio. Ne sa più un umile contadino, pieno dello
spirito del Signore che un dotto filosofo, il quale si perde nei
vortici delle sue fantasie. Questo è un punto importantissimo e
fondamentale per andare a Dio, e Gesù mostra in se stesso la
grandezza di questo principio: Egli si è umiliato e fatto piccolo
per amore, e tutto gli è stato dato dal Padre; è povero innanzi al
mondo, ma è ricchissimo innanzi a Dio, perché il tutto donatogli
dal Padre è il suo Verbo che termina la natura umana.
Il Verbo è la conoscenza del
Padre ed è la Sapienza infinita che lo conosce; il Verbo e il Padre
sono perfettamente uguali, benché realmente distinti.
Il Padre conosce se stesso e
genera il Verbo nella sua infinita semplicità, e il Verbo,
Conoscenza del Padre, lo glorifica in una luce infinitamente
semplice.
È dunque la semplicità che
trionfa nell’oceano della luce infinita ed è attraverso la
semplicità che questa luce si comunica. Il Padre la comunica ai
piccoli, e il Figlio la comunica a
chi vuole;
siccome la sua
volontà è fonte di bene, così è chiaro che la comunica non a
capriccio, ma diffondendo il bene con la sua volontà, salvando e
redimendo. Il bene raggiunge la creatura nel sacrificio e il
sacrificio avvicina la creatura al sommo Bene, e per questo Gesù
invita a sé tutti i sofferenti per ristorarli col dono della luce e
dell’amore di Dio.
Imparate
da me che sono mansueto e umile di cuore
Per ricevere la luce di Dio,
bisogna appartenere al Redentore, e sottoporsi al suo giogo, cioè al
suo dominio che è soave e dolcissimo, e bisogna imparare da Lui come
da Maestro. Non basta ascoltare i suoi precetti per intenderli,
bisogna prima sottomettervisi ed accettarne la pratica perché i
precetti di Gesù non sono teorie filosofiche ma sono via, verità e
vita. Bisogna imparare da Lui che è mansueto e umile di cuore, nella
mansuetudine che si sottomette al giogo; e nell’umiltà che sa
rinunciare ai propri pensieri; bisogna imparare dal Maestro divino la
mansuetudine e l’umiltà del suo Cuore che sono i segreti della sua
intimità col Padre, poiché Egli si sottomette alla sua volontà che
lo immola e, umiliandosi fino alla croce, ne glorifica la grandezza e
la maestà.
Gli esegeti moderni sostengono
che Gesù Cristo nel dirci: Imparate
da me che sono mansueto e umile di cuore,
non abbia voluto
proporsi come maestro di queste due virtù ma abbia voluto dire che
Egli è un maestro che non fa paura che è mansueto e umile
nell’insegnare, e lo è non a fior di labbra ma profondamente nel
cuore. A noi, questa spiegazione sembra non solo monca nel contesto,
ma contraria allo spirito stesso della Chiesa. Gesù, infatti, ci
esorta a prendere il suo giogo e ci mostra il suo Cuore per mostrarci
che cos’è questo giogo, tutto amore, tutto pace, e tutto bontà.
Se il Re è amore, mansuetudine e umiltà, è logico che anche i
sudditi lo siano, poiché i sudditi debbono imparare da Lui. Gesù
vuole, proprio perciò – come è chiaro dal contesto –, che
s’impari da Lui la mansuetudine e l’umiltà del suo Cuore.
La vita eterna consiste nel
conoscere il Padre e il Figlio, come il Figlio Incarnato conosce il
Padre e lo glorifica; Egli si sottomette alla sua volontà e si
umilia fino alla croce; accetta con mansuetudine il giogo come
Vittima e si offre alla croce. I suoi seguaci debbono fare lo stesso
e poiché l’amore di Dio include quello del prossimo, debbono
essere mansueti e umili anche nelle relazioni con i propri fratelli.
Padre Dolindo Ruotolo
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