Commento
al
Vangelo
della
XIX
Domenica
TO
2014
A
(Mt
14,22-33)
La
tempesta
del lago e Cristo Gesù
Al
miracolo grandioso della moltiplicazione dei pani – come si rileva
da san Giovanni (6,15) –, il popolo fu preso da tale entusiasmo che
pensò di proclamare Re Gesù Cristo. L’idea di un Messia
politicamente potente, radicata nella mente di tutti, e il pensiero
di un re che avrebbe potuto provvedere alle necessità temporali
della vita senza sforzo eccitarono il popolo a voler senza indugio
inaugurare un regno di benessere materiale.
Il
popolo, in quel momento, faceva capo agli apostoli che allora non
erano immuni dal comune pregiudizio di un Messia glorioso, e perciò
Gesù ordinò loro di passare all’altra riva del lago, mentre Egli
licenziava le turbe. L’amor suo non poteva non rispondere agli atti
di fiducia e di riconoscenza delle turbe, e chissà quante parole
dolcissime dovette dire, e quante benedizioni dovette dare a ciascuno
di quelli che gli tendevano le mani. Egli doveva anche sentire
compassione per quella gente che si entusiasmava tanto per un
beneficio temporale. Mai, come in quel momento, avevano avuto una
manifestazione di fede più clamorosa, e mai questa fede era stata
più meschina, tutta ristretta nelle cose fugaci della terra!
Licenziato
il popolo, Gesù salì sopra un monte per pregare, mentre annottava;
era la seconda sera. Gli apostoli erano lontani nel lago e, poiché
il vento era contrario, la loro barca, sbattuta dai flutti, non
riusciva ad approdare. Era la quarta vigilia della notte, cioè erano
le tre del mattino.
Gli
apostoli erano stati quasi tutta la notte alle prese con la tempesta,
e forse avevano rivolto il pensiero a Gesù, per implorarne il
soccorso. Gesù ascoltò il loro gemito e venne in loro soccorso,
camminando sulle acque. Discendeva dal monte dove aveva pregato tutta
la notte e, in quella sublimissima orazione il suo corpo attratto
dall’estasi dell’anima, s’era fatto leggerissimo, molto più di
quello che non avvenga nei santi, rapiti in alto. Scese dal monte,
dunque, come in volo, e camminò sulle acque non rendendole solide
con un miracolo, ma sorvolandovi sopra per l’altissima estasi della
sua orazione. La sua andatura veloce, quasi come nube che passa,
giustificò l’impressione degli apostoli che lo crederono un
fantasma. Essi gridarono per lo spavento, ma Gesù li rassicurò,
dicendo: Abbiate
fiducia, sono io, non temete.
Era distante dalla barca, com’è chiaro dal contesto, e forse il
medesimo vento contrario sospingeva lontano il suo corpo, fatto
leggero.
Lo
slancio di san Pietro
Nell’impeto
dell’amore, san Pietro gridò: Signore,
se sei tu, comandami di venire da te sulle acque.
Non voleva far saggio di un’acrobazia marina, in quel momento di
angosciosa tempesta; gridò, per assicurarsi della verità; sentì
che egli doveva confermare nella verità i suoi compagni. Gesù gli
disse: Vieni.
Pietro, a quella parola di comando che ordinava il mare ai suoi passi
e ne formava per lui una via, si gettò dalla barca senza pensare più
a quel che faceva. L’impeto dell’amore lo aveva tratto in estasi,
e il suo corpo s’era fatto leggero come quello di Gesù. Dio non fa
opere superflue, e negli stessi miracoli usa un’economia mirabile,
utilizzando le cause seconde da Lui create. Non c’era bisogno di
solidificare le acque, quando Gesù, attraendo l’anima di Pietro
nel suo amore, poteva, con un’estasi, renderlo leggero. Il contesto
medesimo ce lo fa arguire.
Nelle
estasi, infatti, si sa che il corpo, elevato da terra, è così
leggero che un soffio può farlo dondolare nello spazio. San Pietro,
fatto leggero dall’amore, si slanciò ma, vedendosi investito dal
vento e come travolto proprio per la sua leggerezza, temette, si
concentrò in sé, uscì dall’estasi d’amore, ridiventò pesante,
cominciò a sommergersi. Vedendosi in pericolo, gridò a Gesù:
Salvami!
E Gesù, stesa la mano, lo prese, lo rimproverò dolcemente della sua
poca fede, e con lui salì nella barca. Subito il vento si quietò e
gli apostoli, stupefatti, adorarono Gesù, confessandolo per vero
Figlio di Dio. Approdarono così facilmente sul far del mattino alla
terra di Genesar o
Genesaret,
dove concorse gran turba di ammalati che, al solo toccare il lembo
della sua veste, furono sanati.
Allora
Pietro riconosce il Signore
È Pietro
che riconosce il Signore; è il Papa che in un atto di umile fiducia
intende che non è un
fantasma,
cioè
un frutto di pericolose fantasie l’opera dell’amore, e per primo
si slancia verso Gesù, domandandogli il segno della verità nel
poter Egli stesso superare la tempesta. Il Papa, benché con
quell’esitazione gli darà quasi l’impressione di inabissarsi in
un gorgo d’illusioni, farà conoscere la grande manifestazione
dell’amore di Gesù, e allora la Chiesa approderà nel lido della
pace, e i popoli infermi, al contatto con la sua vita, che è come
l’inconsutile veste del Redentore, saranno risanati. Prima la
moltiplicazione del Pane eucaristico, fatta dall’amore di Gesù,
poi la tempesta spaventosa, poi il riconoscimento di Gesù da parte
di san Pietro, e subito la tranquillità, il sereno, la guarigione
delle infermità del mondo al contatto della Chiesa.
Gesù
Cristo moltiplicò i pani, dandoli agli apostoli perché li avessero
distribuiti al popolo; era logico che avesse fatto così, data la
grande calca di gente. Nella Chiesa, Egli opera alla stessa maniera,
moltiplicando il Pane eucaristico; lo dà col suo amore, e ne affida
ai sacerdoti la distribuzione. Dopo la moltiplicazione del pane
materiale, il popolo pensò di proclamare Re Gesù Cristo, ed Egli si
appartò sul monte, solo; ma, dopo la moltiplicazione del Pane
eucaristico, non si apparta, anzi si mostra e trionfa, perché allora
è acclamato Re di tutte le genti. Nella tempesta, la Chiesa griderà
a Lui ed Egli, sedatane la furia, approderà a Genesar, all’orto
del Principe,
cioè
alle nazioni prima apostate da Lui, e le risanerà al contatto della
sua vita eucaristica, attraverso le sante Specie che, quasi come
vesti, lo avvolgono e lo nascondono.
Giovanni
fu decapitato da Erode, sobillato da Erodiade; Erode ed Erodiade,
rappresentanze della carne che insorge contro lo spirito e perde la
testa.
Padre dolindo Ruotolo
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