Commento
al
Vangelo
della
XXV
Domenica
TO
2014
C
(Mt
20,1-16)
Gli
operai del regno di Dio
Gesù
Cristo, parlando della mercede che avrebbero avuto i suoi fedeli
seguaci, aveva detto che molti dei primi sarebbero stati gli ultimi,
e molti degli ultimi i primi (19,30). Queste parole erano
indirettamente la risposta a quella certa presunzione che aveva avuto
san Pietro, domandando quale premio sarebbe spettato loro per aver
lasciato tutto. San Pietro aveva parlato in quel modo per
sconsideratezza, e Gesù, nella sua dolcezza, non lo aveva
rimproverato, anzi gli aveva risposto secondo il suo desiderio; Egli,
però, non poteva far passare senza una rettifica quella pretesa di
avanzare un diritto di fronte alle elargizioni della grazia e, con
una parabola, spiegò anche meglio come i primi potevano essere gli
ultimi e gli ultimi – i quali, senza pretendere nulla, si rimettono
con umiltà alla generosità del Signore –, potevano diventare i
primi. Egli, così, rivelava un segreto dell’economia della grazia
che è sempre misericordia, e della nostra corrispondenza che ha per
fondamento l’umiltà e il servire al Signore per amore.
In tutte
le parabole, Gesù Cristo utilizzava o un fatto realmente successo o
le circostanze degli usi locali, in modo da presentarli con i
caratteri psicologici di un fatto reale, e renderne più completa
l’applicazione che voleva farne.
La
parabola che raccontò per mostrare che gli ultimi sarebbero stati i
primi e i primi gli ultimi forse ebbe come fondamento la scena reale
di operai che attendevano lavoro su una delle piazze per le quali
Egli passò.
Anticamente,
infatti, gli operai si trattenevano in piazza con gli arnesi del loro
mestiere, e si offrivano pronti a chi li avesse reclutati, dopo aver
pattuito il prezzo della giornata. Gesù, nel vedere
quell’assembramento, o riferendosi all’uso che vigeva, rivolto ai
suoi cari, disse: Il
regno dei cieli è simile ad un padre di famiglia, il quale uscì di
buon mattino per assoldare lavoratori per la sua vigna. Trovò
sulla piazza i primi che vi si erano radunati e, pattuita con essi la
mercede di un denaro, cioè di circa 78 centesimi, li mandò nella
sua vigna. La paga, per quei tempi, era normale e poteva dirsi anche
vistosa. Non bastandogli ancora gli operai reclutati, uscì verso
l’ora terza, cioè alle nove, per chiamare altri e, trovatili
disoccupati, promise loro una giusta mercede, e li mandò nella sua
vigna. Lo stesso fece all’ora sesta e nona, cioè alle dodici e
alle tre. È evidente, dal contesto della parabola, che il padrone
reclutò gli altri operai anche per un sentimento di misericordia,
vedendoli disoccupati, e perciò verso l’undicesima ora, cioè
un’ora prima del tramonto, ritornò in piazza e, visti degli operai
che oziavano perché nessuno li aveva chiamati, li mandò nella sua
vigna a fare almeno l’ultima ora di lavoro.
Venuta la
sera, il padrone ordinò al suo fattore di pagare gli operai,
cominciando dagli ultimi, e dando loro un denaro. Egli volle, in tal
modo, aiutarli nella loro povertà, e supplire, con la sua
generosità, al lavoro che essi non avevano potuto fare per non
essere stati chiamati in tempo. I primi venuti si aspettavano una
paga maggiore, ma ebbero anch’essi un denaro, secondo il patto
stabilito. Ricevutolo, cominciarono a mormorare contro il padrone e
lo tacciarono d’ingiustizia verso di loro, mentre egli era stato
solo misericordioso verso gli altri. Ascoltando quelle mormorazioni,
il padrone si rivolse a uno che forse parlava a nome di tutti, e gli
fece riflettere che non aveva ragione di lamentarsi, avendo avuto
quello che gli spettava né doveva essere cattivo solo perché il
padrone era buono.
Gesù
chiuse la parabola dicendo: Così
gli ultimi saranno i primi, e i primi gli ultimi, poiché molti sono
i chiamati ma pochi gli eletti. Queste
ultime parole: molti
sono i chiamati ma pochi gli eletti,
mancano
nei codici più antichi, e si trovano in altri. Alcuni credono che
formino la conclusione di un’altra parabola (22,14) e che qui siano
spostate; esse, invece, formano la chiusa logica del pensiero
altissimo che Gesù intese dire nella parabola, come subito vedremo.
È
evidente, infatti che la moralità del racconto del Redentore sta in
quelle parole: Gli
ultimi saranno i primi e i primi gli ultimi,
e
che l’accenno ai chiamati e agli eletti si riferisce al pensiero
del Redentore che nella parabola esponeva l’ordine della divina
provvidenza e della divina grazia nell’elezione delle anime.
Padre Dolindo Ruotolo
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