Commento
al
Vangelo
della
XXVI
Domenica
TO
2014
A
(Mt
21,28-32)
I
due figlioli e i cattivi vignaioli
I principi
dei sacerdoti, cioè i capi delle 24 famiglie sacerdotali, e gli
anziani del popolo, cioè i membri del sinedrio appartenenti al
popolo, erano sommamente adirati nel vedere che Gesù insegnava,
sembrando loro un arbitrio, e perciò gli si avvicinarono,
domandandogli con quale potestà compiva quel ministero. Non glielo
chiedevano per indagare, ma per dirgli, con quell’espressione, che
egli usurpava un potere che non aveva. Gesù Cristo non avrebbe
potuto rispondere loro che insegnava per propria divina autorità,
perché essi ne avrebbero preso motivo per tacciarlo di bestemmia;
non poteva venire a discussione con loro, perché erano mal
prevenuti; Egli allora, per convincerli che erano mossi da malafede,
disse che voleva prima da loro una risposta precisa sulla natura del
battesimo di san Giovanni. Se avessero agito per vero zelo non
sarebbero dovuti ricorrere a sotterfugi, ma dire apertamente la
verità; essi, invece, risposero che non sapevano da dove provenisse
il battesimo di san Giovanni, e Gesù, di rimando, disse che neppure
Egli avrebbe detto loro con quale potestà operava.
Con
delicata carità, volle richiamare la loro attenzione sulle vere
disposizioni della loro coscienza, e su quelle della sinagoga, e
volle indirettamente rispondere alla loro domanda; perciò propose le
parabole dei due figlioli e dei cattivi vignaioli. Essi si mostravano
così zelanti dell’osservanza della Legge, ma a parole soltanto; in
pratica non ne facevano nulla, mentre i peccatori e le meretrici,
trasgressori della Legge, ascoltavano la Parola di Dio, si pentivano,
riparavano le loro pessime azioni, e praticamente operavano il bene
più di quelli che se ne mostravano zelanti.
Giovanni
venne da parte di Dio a richiamare i peccatori alla conversione, e ci
riuscì, mentre essi, pur protestandosi fedeli, rifiutarono di
credergli, rinnegando così le medesime Scritture che lo avevano
annunciato. Si erano meravigliati che Egli insegnasse senza la loro
autorità, ma avevano dimenticato che in ogni tempo Dio aveva mandato
profeti straordinari, con autorità ricevute da Lui immediatamente?
Egli,
allora, aveva inviato lo stesso suo Figlio e, invece di congiurare
contro di Lui, avrebbero dovuto ascoltarlo e riverirlo più di
qualunque profeta. In realtà, anch’essi seguivano l’esempio dei
loro padri che avevano perseguitato i profeti, e già si accingevano
a cacciare fuori di Gerusalemme Lui stesso e ad ucciderlo. Perciò
sarebbero stati puniti come vignaioli infedeli, sarebbero stati
privati dei benefici divini, mentre Egli, posto come pietra angolare
del regno di Dio, sarebbe passato ai pagani, fondando la Chiesa sulla
ferma roccia, incrollabile edificio della nuova alleanza.
Gesù
Cristo parlò severamente ai suoi oppositori, perché essi non
cercavano la verità, e difatti, a conclusione dei suoi discorsi,
cercarono
di mettergli le mani addosso. È
vero che essi si trovavano di fronte a un fatto nuovo e singolare che
in quel caso appariva loro come l’arbitrio di un uomo, ma si
trovavano anche innanzi ad argomenti di verità luminosissimi che
avrebbero potuto e dovuto approfondire. Noi, troppo abituati a vedere
anime false o illuse, potremmo quasi trovare giustificata
l’opposizione degli scribi, dei farisei e dei sacerdoti; se
vedessimo oggi un profeta forse lo lapideremmo anche noi, e forse lo
lapidiamo realmente; ma non dobbiamo dimenticare che Gesù Cristo era
Dio, e che, conversando con Lui, avendo solo un po’ di rettitudine
e d’umiltà, sarebbe stato impossibile non scorgere l’immensa
luce che da Lui emanava, e non sentirsi conquisi dal suo ineffabile
amore.
Padre Dolindo Ruotolo
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