Commento al Vangelo della XXVII Domenica TO 2014 A (Mt 21,33-43)
Gesù svela la cattiva disposizione dei suoi nemici
I
principi dei sacerdoti, cioè i capi delle 24 famiglie sacerdotali, e gli
anziani del popolo, cioè i membri del sinedrio appartenenti al popolo, erano
sommamente adirati nel vedere che Gesù insegnava, sembrando loro un arbitrio, e
perciò gli si avvicinarono, domandandogli con quale potestà compiva quel
ministero. Non glielo chiedevano per indagare, ma per dirgli, con quell’espressione,
che egli usurpava un potere che non aveva. Gesù Cristo non avrebbe potuto
rispondere loro che insegnava per propria divina autorità, perché essi ne
avrebbero preso motivo per tacciarlo di bestemmia; non poteva venire a discussione
con loro, perché erano mal prevenuti; Egli allora, per convincerli che erano
mossi da malafede, disse che voleva prima da loro una risposta precisa sulla
natura del battesimo di san Giovanni. Se avessero agito per vero zelo non
sarebbero dovuti ricorrere a sotterfugi, ma dire apertamente la verità; essi,
invece, risposero che non sapevano da dove provenisse il battesimo di san
Giovanni, e Gesù, di rimando, disse che neppure Egli avrebbe detto loro con
quale potestà operava.
Con delicata carità, volle richiamare la loro
attenzione sulle vere disposizioni della loro coscienza, e su quelle della
sinagoga, e volle indirettamente rispondere alla loro domanda; perciò propose
le parabole dei due figlioli e dei cattivi vignaioli. Essi si mostravano così
zelanti dell’osservanza della Legge, ma a parole soltanto; in pratica non ne
facevano nulla, mentre i peccatori e le meretrici, trasgressori della Legge,
ascoltavano la Parola di Dio, si pentivano, riparavano le loro pessime azioni,
e praticamente operavano il bene più di quelli che se ne mostravano zelanti.
Giovanni venne da parte di Dio a
richiamare i peccatori alla conversione, e ci riuscì, mentre essi, pur
protestandosi fedeli, rifiutarono di credergli, rinnegando così le medesime
Scritture che lo avevano annunciato. Si erano meravigliati che Egli insegnasse
senza la loro autorità, ma avevano dimenticato che in ogni tempo Dio aveva
mandato profeti straordinari, con autorità ricevute da Lui immediatamente?
Egli, allora, aveva inviato lo stesso
suo Figlio e, invece di congiurare contro di Lui, avrebbero dovuto ascoltarlo e
riverirlo più di qualunque profeta. In realtà, anch’essi seguivano l’esempio
dei loro padri che avevano perseguitato i profeti, e già si accingevano a
cacciare fuori di Gerusalemme Lui stesso e ad ucciderlo. Perciò sarebbero stati
puniti come vignaioli infedeli, sarebbero stati privati dei benefici divini,
mentre Egli, posto come pietra angolare del regno di Dio, sarebbe passato ai
pagani, fondando la Chiesa sulla ferma roccia, incrollabile edificio della nuova
alleanza.
Gesù Cristo parlò severamente ai suoi
oppositori, perché essi non cercavano la verità, e difatti, a conclusione dei
suoi discorsi, cercarono di mettergli le mani addosso. È vero che essi
si trovavano di fronte a un fatto nuovo e singolare che in quel caso appariva
loro come l’arbitrio di un uomo, ma si trovavano anche innanzi ad argomenti di
verità luminosissimi che avrebbero potuto e dovuto approfondire. Noi, troppo
abituati a vedere anime false o illuse, potremmo quasi trovare giustificata l’opposizione
degli scribi, dei farisei e dei sacerdoti; se vedessimo oggi un profeta forse
lo lapideremmo anche noi, e forse lo lapidiamo realmente; ma non dobbiamo
dimenticare che Gesù Cristo era Dio, e che, conversando con Lui, avendo solo un
po’ di rettitudine e d’umiltà, sarebbe stato impossibile non scorgere l’immensa
luce che da Lui emanava, e non sentirsi conquisi dal suo ineffabile amore.
Per la nostra vita spirituale
Noi
viviamo in un’epoca d’intensa persecuzione contro Gesù Cristo e la sua Chiesa;
ascoltiamo da ogni parte le grida frenetiche degli scalmanati che rifiutano il
regno di Lui, e che portano in trionfo il male e i più spregevoli fra gli
uomini. In tanta tempesta di apostasia e d’ingratitudini dobbiamo essere tutti
come asine e asinelli che portano in trionfo il Re d’Amore. Lasciamo ciò che è
terreno, rinneghiamo noi stessi, formiamo nel mondo stesso come un tappeto
d’onore al Re divino, spogliandoci di noi e, nonostante tutto, portiamo Gesù in
trionfo. I gloriosissimi martiri moderni ce ne danno l’esempio: Gesù avanza ed
essi hanno rinunciato alla loro vita e gli hanno formato, per così dire, con i
loro corpi e col loro sangue un cammino d’onore per farlo trionfare. In
un’atmosfera così calda, anzi arroventata, di sedizione e di orrori, eleviamo
anche noi le palme del trionfo sul mondo e su tutte le eresie moderne, e
gridiamo: Osanna al Redentore divino, benedetto colui che viene nel nome del
Signore. Osanna! S’impone al nostro cuore una fedeltà incrollabile, fino alla
morte, e diremo pure una serietà di vita, perché, in un ambiente di angustie e
di eroismi singolari, non possiamo rimpicciolirci in tante stupidaggini
d’interessi, di sport, di moda né possiamo eccessivamente preoccuparci delle
nostre velleità. Quello che deve preoccuparci veramente è il trionfo di Gesù
Cristo su tutte le miserie dell’apostasia moderna.
La
nostra fede sia piena, viva e ricca di opere; se siamo come il fico
infruttuoso, tutto apparenze, meritiamo la maledizione del Signore. Saremmo
pieni di foglie se ci contentassimo di un apostolato esterno e trascurassimo
quello interno, se fossimo osservanti di una disciplina organizzatrice e
trascurassimo quella della perfezione d’animo.
Tempio vivo di Dio siamo noi, e non
possiamo farci profanare dalle preoccupazioni della vita terrena. Chi non
conosce altra occupazione che quella riguardante i beni temporali – comprare,
vendere, possedere –, è tempio profanato. Come potrebbe esserci una Chiesa
senza la Santa Messa, l’Eucaristia, la preghiera, la Confessione? E come può vivere
un’anima, tempio di Dio, senza ascoltare la Messa, confessarsi, comunicarsi e
pregare? Una giornata, passata solo tutti intenti al lavoro materiale o agli
affari, rappresenta una giornata di profanazione per il tempio dell’anima.
In
questi tempi difficili e amarissimi, Dio ci chiama in tanti modi alla
conversione, e manda anche oggi, nella sua vigna, anime straordinarie per farci
risorgere a nuova vita cristiana; non siamo come i vignaioli infedeli! Non
ricacciamo sistematicamente tutto ciò che sa di straordinario e di
soprannaturale, perché, facendo così, ricacceremo anche Gesù Cristo che ci
visita.
L’infedeltà
ai doni del Signore può renderci indegni del regno di Dio, e può farlo passare
agli altri popoli, come già vediamo. Umiliamoci e riconosciamoci peccatori; convertiamoci
a Dio quando i santi ci richiamano a Lui; mostriamoci gelosi della ricchezza
della nostra fede che è un tesoro insostituibile, e siamo fieri del carattere
cristiano, senza cercare altre bandiere sotto le quali percorrere il nostro
cammino mortale. Persuadiamoci che Gesù Cristo è la pietra angolare del mondo,
e che Egli vive solo nella sua Chiesa e nel Papa; chi urta contro di Lui è
sfracellato, e chi presume di erigersi sopra di Lui è schiacciato dalla sua
maestà e potenza. È la storia di venti secoli che ce lo conferma, è la storia
contemporanea che noi stessi viviamo: tutto rovina in quel regno o in quella coscienza
dove Gesù Cristo è perseguitato e dove è disconosciuta la Chiesa e il Papa che
ne è capo; le nazioni decadono, s’imbarbariscono, sono rese schiave, muoiono;
gli individui si abbrutiscono, si sconvolgono, marciscono, rovinano; è la legge
della storia che non fallisce e non fallirà mai! Don Dolindo Ruotolo
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