Commento al Vangelo della XXVIII
Domenica TO 2014 A (Mt 22,1-14)
I nuovi
chiamati nel regno di Dio
Gesù
Cristo volle, con un’altra parabola, annunciare il passaggio del regno di Dio
ai popoli pagani e, nello stesso tempo, proclamò questa legge provvidenziale
che concede ai poveri e agli abbandonati le ricchezze spirituali rifiutate dai
primi chiamati. La fondazione e lo sviluppo della Chiesa possono paragonarsi
veramente alle nozze del Figlio del gran Re eterno, di Dio, poiché egli così ha
sposato l’umanità che vuol congiungersi a Lui, per essere fecondata dalla sua
grazia e dai suoi meriti.
Secondo
gli usi orientali, le nozze si celebravano col banchetto nuziale, e a quelli
che vi erano stati invitati in un primo momento veniva rinnovato l’invito, poco
prima del banchetto, dai servi del capo di casa. Se le nozze erano regali, i
servi portavano a ciascuno un abito di circostanza, per accrescere splendore
alla festa.
Il
Signore aveva invitato gli Ebrei alle nozze del proprio Figlio, eleggendoli
come prima famiglia della sua Chiesa; ad essi sarebbe spettata per diritto di
elezione questa santa eredità e, per raccoglierla, avrebbero dovuto prepararsi
al dono di Dio con una vita profondamente spirituale. Invece si concentrarono
tutti nella vita corporale e materiale e, venuto il tempo, non solo non si
curarono dell’invito ricevuto, ma disprezzarono i servi del Signore che li
chiamavano, e giunsero fino ad ucciderli. I profeti, e particolarmente san
Giovanni, avevano parlato chiaramente del Redentore, ma gli Ebrei non li
ascoltarono e rifiutarono la grazia. Allora il Signore punì gl’ingrati per
mezzo delle milizie romane, disperdendoli; e mandò i suoi servi, cioè gli
apostoli ai crocicchi delle vie,
ossia nei principali centri del mondo, affinché avessero chiamato
alle nozze ogni genere di persone, buoni e cattivi, cioè preparati e impreparati
alle nozze, invitandoli al banchetto già pronto.
Gesù
Cristo esprime nella parabola, come un fatto già avvenuto, quello che doveva
ancora avverarsi dopo la sua Ascensione al cielo. Quando gli apostoli si
sparsero per il mondo, infatti, tutto era già preparato: era immolato l’Agnello
divino, erano istituiti i Sacramenti, erano comunicati i doni dello Spirito
Santo, e si attendevano solo quelli che avrebbero dovuto usufruire di tante ricchezze
di grazia.
Gli
apostoli andarono per tutta la terra, e chiamarono le genti al banchetto di
vita, dando loro, con la grazia, quella veste nuziale di santificazione che
doveva renderle capaci di poter comparire al cospetto del Signore.
L’invitato
mancante della veste nuziale figurava e rappresentava quelli che avrebbero
preteso far parte della Chiesa senza mutare abito, cioè senza uniformarsi allo
spirito nuovo che il Signore voleva come caratteristica del cristiano e, di
conseguenza, sarebbero stati cacciati fuori del banchetto, nelle tenebre
esteriori cioè nelle tenebre della vita naturale, estranea alla vita della
grazia, legati mani e piedi,
ossia privi di libertà vera, tra gli orrori e il pianto causati
dalla pretesa civiltà senza-Dio, infelici, e ripudiati.
Gesù
Cristo concluse la sua parabola dicendo che molti sono i chiamati al regno di
Dio e pochi gli eletti. Questa sentenza non può riferirsi, evidentemente, a colui
che era stato escluso dal banchetto, perché egli rappresentò anzi un’assoluta minoranza,
una minima percentuale di fronte a quelli che avevano partecipato al banchetto.
Le parole di Gesù sono una sentenza generale che riguarda l’economia della
salvezza eterna in quelli che sono chiamati al regno di Dio. Molti furono
chiamati al banchetto, ma si rifiutarono di parteciparvi; moltissimi furono
nuovamente chiamati e vi parteciparono per misericordia, rivestiti della veste
nuziale donata dal re; uno solo fu escluso perché non si curò di vestirsi di
quell’abito nuziale. Gli eletti non furono quelli che parteciparono al
banchetto che furono molti, e riempirono la sala nuziale; gli eletti sono
quelli che, tra gl’invitati, diventano gli amici del re e i privilegiati della
sua corte, ossia i santi e le anime privilegiate. Non ci sembra che si possa
contorcere la frase di Gesù per discutere sul poco numero degli eletti, perché
il suo senso genuino è proprio l’opposto, come si rileva dal contesto.
Gli
Ebrei erano stati chiamati per essere i privilegiati del nuovo patto, e
avrebbero dovuto essere grandi santi; invece si rifiutarono di far parte della
Chiesa, e fra essi furono pochi gli eletti, i santi che ne fecero parte e la
fondarono. I pagani, e con essi la massa dell’umanità, furono chiamati e
parteciparono in massa al banchetto, ma tra essi, relativamente al loro immenso
numero, furono e sono pochi gli eletti, cioè quelli di vita veramente santa. La
misericordia di Dio, in tal modo, chiama tutti al suo regno, e non c’è popolo o
anima che non sia capace di farne parte; sono esclusi quelli che non vi
vogliono entrare positivamente, e quelli che ne rifiutano le grazie. Il numero dei
chiamati, cioè di
quelli che per misericordia raggiungeranno la Patria eterna è immenso, è tanto
grande che può dirsi la maggioranza degl’invitati al banchetto della vita.
Se
si pensa a quelli che solo in punto di morte ricevono i Sacramenti e fanno con
Dio una pace affrettata, poggiata unicamente sulla generosità divina, e se si riflette
che la Chiesa
medesima li riguarda come salvati e li benedice fin nella tomba, si deve dire
che, per divina bontà, non sono molti quelli che si perdono, e che il Signore
ha mille porte di misericordia per salvare anche quelli che sembrano perire
come disgraziati, nei flagelli comuni che colpiscono l’umanità.
La
salvezza è espressa sotto il simbolo di un banchetto, proprio per indicarne la
relativa facilità, perché non ci vuol molto a rispondere ad un invito, quando
si trova già tutto pronto. Il Banchetto eucaristico che è la vera tavola
imbandita per farci partecipare alle nozze del Re divino e darcene la vita, è
di per sé già colmo di ogni bene spirituale, e chi vi si accosta vi trova
quanto gli serve per sostentarsi spiritualmente e per poter raggiungere la
Patria eterna. La vera sventura delle anime è sempre e solo il distaccarsi dal
Banchetto eucaristico, con la scusa delle occupazioni materiali della vita; la
mancanza di Cibo eucaristico porta immediatamente il rilassamento interiore ed
esteriore della vita cristiana, e riduce le anime nelle tenebre degli errori e
negli abissi delle passioni. Le vertiginose e fatue attività della civiltà moderna,
rendendo più comune la scusa di non poter partecipare al Banchetto della vita,
hanno ridotto l’umanità nello stato degradante e penosissimo nel quale la
vediamo. Per risorgere, non ci vogliono riforme e tanto meno nuove forme di
pretesa civiltà: bisogna tornare in massa al Banchetto eucaristico e
partecipare così, intimamente, alla vita di Gesù Cristo. In questo sta la
salvezza del mondo.Padre Lino Pedron
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