Commento
al Vangelo – I Domenica di Avvento B 2015 (Lc
21,25-28.34-36)
La fine del mondo
Egli aveva detto che
Gerusalemme sarebbe stata calpestata dai pagani, fino al compimento
del loro tempo,
cioè
fino a che anch’essi avrebbero avuto il castigo delle loro
iniquità; e, siccome questo avverrà alla fine del mondo, accennò
subito ai segni caratteristici e specifici che l’avrebbero
annunciata. Oltre ad una nuova e più spaventosa conflagrazione delle
nazioni, infatti, che desolerà la terra, vi
saranno dei segni nel sole,
nella
luna e nelle stelle cioè,
com’è detto in san Matteo (24,29) e in san Marco (13,24), il sole
si oscurerà, e conseguentemente la luna apparirà rossa di sangue, e
l’universo sarà scosso e perturbato. Sulla terra vi saranno
violentissimi terremoti, aeromoti, e maremoti, e i popoli ne saranno
costernati, non sapendo quello che potrà accadere in mezzo allo
sconvolgimento delle potenze dei cieli.
Nello
sconquasso spaventoso di tutte le forze della creazione la terra sarà
distrutta e periranno tutte le opere che l’uomo vi compì,
staccandosi da Dio e inorgogliendosi miseramente. Comparirà allora
Gesù Cristo su di una
nube del
cielo, cioè in un nembo di gloria, con grande potenza e maestà e
verrà a giudicare tutti gli uomini, per dare a ciascuno quello che
avrà meritato.
Dopo
il terribile annuncio della distruzione di Gerusalemme e della fine
del mondo Gesù Cristo si rivolge ai suoi uditori e agli uomini tutti
del mondo, per indicare loro quale dev’essere l’atteggiamento che
devono avere nelle grandi tribolazioni delle quali saranno testimoni.
Il primo atto da compiere sarà quello di elevare gli occhi al cielo
e confidare in Dio, aspettandosi le sue misericordie spirituali:
Mirate
in alto e alzate le vostre teste perché
si
avvicina la vostra redenzione. Ogni
castigo ha un fine di misericordia nelle vie di Dio e il castigo
finale preluderà al regno del Signore e al trionfo pieno della
Chiesa; dunque, quando incominceranno a verificarsi le parole divine
di Gesù, l’anima deve confortarsi e sperare nel regno di Dio.
Questa
dev’essere la nostra vita nei momenti delle grandi tribolazioni che
incombono già sulla terra e che incomberanno alla fine del mondo:
dobbiamo levare lo sguardo a Dio, sospirando al suo regno; dobbiamo
zelare la gloria del Signore e il bene delle anime e, senza farsi
trascinare dai sensi, dobbiamo mortificarci e pregare. Non si può
rimanere indifferenti quando Dio chiama, e se in
ogni tempo
–
come
disse Gesù –,
è necessario pregare, nel tempo della tribolazione è necessario
farlo senza intermissione per il proprio bene e per quello degli
altri.
Gesù
disse di vigilare,
pregando di essere fatti degni di schivare tutte le cose terribili
che dovranno avvenire;
dunque,
certe tribolazioni possono evitarsi o per lo meno attenuarsi con la
preghiera.
Se
nei momenti di sconvolgimenti le nazioni pensassero a promuovere la
preghiera pubblica, quanto gioverebbero di più ai popoli anziché
con le loro preveggenze materiali, i loro armamenti e la loro
tirannica disciplina!
E
se le anime consacrate a Dio pensassero specialmente alla loro
responsabilità innanzi al popolo, con quanta cura baderebbero a
conservarsi sante, mortificate, e in continua preghiera!
Non
si provvede al bene comune con le chiacchiere, ma levando le mani
supplichevoli a Dio e implorando la sua misericordia.
Padre Dolindo Ruotolo
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