Commento
al Vangelo – XXXIII Domenica del TO 2015 B (Mc 13,24-32)
La fine
dei tempi sarà caratterizzata da tribolazioni sociali che imporranno
di fuggire precipitosamente; le guerre che si succederanno saranno
guerre di sterminio e, per mettersi in salvo, occorrerà fuggire
senza indugio in luoghi deserti.
Questo,
oggi si capisce bene, quando si pensa alle incursioni degli
aeroplani, alle bombe incendiare o asfissianti, e alla guerra
cosiddetta batteriologica, fatta con la diffusione di microbi
pestilenziali. Vi saranno, inoltre, mestatori di popoli, falsi
profeti di nuove ideologie che cercheranno di indurre all’apostasia
tutti, anche i più fedeli cristiani. Di questi falsificatori della
vita noi vediamo già come le avanguardie, nei pretesi creatori di
nuovi ordini sociali. Negli ultimi tempi, questi scellerati si
moltiplicheranno e culmineranno nell’anticristo, il più perfido e
il più astuto di tutti.
L’ultima
parte del discorso di Gesù riguarda solo la distruzione del mondo
mediante lo sconvolgimento di tutte le forze della creazione: il
sole si oscurerà, forse
perché comincerà a raffreddarsi; la
luna non darà la sua luce perché
non la riceverà dal sole e avrà solo riflessi e bagliori di sangue;
cadranno
le stelle dal cielo, cioè
si sconvolgeranno, e faranno cadere bolidi infiammati sulla terra,
consumandola col fuoco. Allora avverrà la risurrezione dei morti,
verrà dal Cielo il Redentore con grande potenza e gloria per
giudicare tutti gli uomini e, con l’ultima sentenza di benedizione
o di condanna eterna, terminerà la scena di questo mondo.
Gli
apostoli avevano domandato a Gesù quando sarebbero avvenute la
distruzione del tempio e la fine del mondo; ma il Redentore, a questa
domanda, non rispose, dicendo che il giorno e l’ora di quelle
catastrofi erano noti solo al Padre. È evidente che Egli, come Dio,
lo sapeva, essendo una sola cosa col Padre, ma come uomo poteva dire
d’ignorarlo, perché il computo del tempo della giustizia finale
non sta nelle possibilità umane, dipendendo dall’intreccio di
tutte le responsabilità occulte dell’umana coscienza e dell’umana
libertà. Solo Dio che guarda dall’alto, e al quale tutto è
manifesto, può valutare quando le iniquità umane raggiungono
l’estremo limite, e fanno traboccare il peso della giustizia.
La
libertà umana, infatti, può influire sugli eventi della storia e
può affrettarli o ritardarli; una sola azione buona può arrestare
un castigo, e una sola iniquità può darvi l’ultima spinta; ciò
che succederebbe in quest’anno può essere trasportato in un altro
o in tempi lontani per l’intreccio di un’azione libera che
interferisce gli eventi.
Ora, se
si tiene presente il numero stragrande degli uomini dal principio del
mondo ad oggi, e gl’innumerevoli intrecci della loro azione, delle
loro responsabilità, e dei loro meriti, se si pensa al coordinamento
di queste azioni con tutto l’ordine morale e fisico dell’universo,
si capisce che il calcolo del giorno e dell’ora di avvenimenti
definitivi nella storia di un popolo o in quella del mondo può farlo
solo Dio.
I segni
prossimi o remoti della fine del mondo in particolare, possono
distare anche secoli dall’evento, quando qualche anima
privilegiata, controbilancia con azioni sante il tracollo della
giustizia.
È uno
dei tratti delicati della divina provvidenza.
Così si
spiega come, in tante epoche della storia, si è creduto di veder i
segni della fine del mondo, senza che nulla sia avvenuto dopo. È
impressionante che, fin dai tempi di san Gregorio Magno, si parlasse
della fine del mondo come di evento vicino, ed è impressionante che
lo stesso santo ne parlasse con convinzione; non è improbabile che
allora gli eventi realmente precipitassero, e che le preghiere della
Chiesa l’abbiano ritardato. Non è cosa che può sembrare strana,
ma è cosa che deve farci essere pensosi, considerando che noi
abbiamo sul capo questa spada di Damocle.
Gesù
Cristo ci esorta ad
essere attenti, a vigilare e a pregare perché
questo interessa all’anima nostra. Gli eventi li regola il Signore,
e conoscerli anticipatamente con certezza potrebbe anche essere per
la nostra malizia un pretesto o un’occasione di maggiore
spensieratezza. L’incertezza angosciosa che in ogni secolo può
determinarsi sull’imminenza della fine può spingerci più
facilmente a pensare ai beni eterni, e a distaccare l’anima da
tutto quello che è vana illusione della vita del mondo.
Chi può
convergersi, fino a dimenticare l’anima nelle stesse discipline
della vita presente che appaino ideali? Arte, scienze, lettere,
dominio, monumenti grandiosi che cosa sono di fronte all’eternità?
Vale la
pena affannarsi tanto nelle cose della vita, quando si sa che esse
periscono? Dobbiamo, sì, compiere la missione che Dio ci ha
assegnata, dobbiamo operare per la sua gloria, ma non possiamo farci
assorbire talmente dalle idealità terrene da trascurare quelle
eterne.
Chi
potrebbe essere così stolto da consumarsi per fare un’opera d’arte
con una materia che si disfa? Le opere dello spirito rimangono in
eterno; quelle della materia periscono, e quelle del tempo fugace
sono vanità; dobbiamo, dunque, nell’operare, tener presente la
fine di tutto, per fissare il nostro pensiero al Fine ultimo della
nostra vita.
Don Dolindo Ruotolo
Nessun commento:
Posta un commento