Commento
al Vangelo della XIX Domenica TO 2016 C (Lc
12,32-48)
Riguardarsi
pellegrini sulla terra
Gli
antichi, usando vesti lunghe, quando viaggiavano o lavoravano le
raccoglievano con una cintura attorno ai lombi, per essere più
spediti nei movimenti. Quando camminavano, poi, per andare ad una
festa di nozze, celebrandosi essa nella notte, portavano le lampade
accese. Gesù vuole che noi viviamo sulla terra con
i lombi recinti,
cioè
come pellegrini, e che siamo come servi che aspettano il padrone che
torna dalle nozze e che, non sapendo a che ora viene, stanno
vigilanti nella notte.
La vita è
una continua aspettazione della morte, e la morte è il momento
solenne nel quale Gesù, Sposo della Chiesa, viene a prendere l’anima
nostra per introdurla alle nozze eterne. Egli verrà improvvisamente
e quando meno lo aspettiamo, perché nessuno sa il momento della
morte.
La vita
terrena è come una notte, perché non ha la vera luce della gioia,
ed è una prova. Essa può riguardarsi quasi divisa in tre vigilie,
come gli antichi dividevano la notte: la gioventù, la virilità, la
vecchiaia. Il Signore può venire in ciascuna di queste vigilie, e
bisogna che noi siamo vigilanti per accoglierlo, se vogliamo che Egli
ci partecipi l’eterna gloria, quasi come un padrone che si cinge,
fa sedere a mensa i suoi servi fedeli, e somministra loro il cibo. Il
Signore, nella gloria, ci comunica la sua stessa felicità, e può
dirsi veramente che Egli si
cinge e ci alimenta,
perché,
nella sua grandezza, si proporziona a ciascun’anima e, secondo la
capacità di lei, l’alimenta di beni eterni.
Nella
notte della vita possono venire anche i ladri a rubarci l’anima,
poiché i demoni stanno sempre in agguato, ed è necessario vigilare
per non farsi derubare dei beni eterni. Viene il Signore
improvvisamente e, come si sta vigilanti per attenderlo, bisogna
anche vegliare contro le incursioni dei demoni che tentano di
compromettere il momento dell’incontro dell’anima con Dio.
Ecco una
visuale della vita che non può lasciar adito ad illusioni e non può
rendere titubante il cristiano di fronte ai propri doveri: se egli è
pellegrino, sta in una posizione provvisoria, nella quale non può
estremamente interessarlo ciò che è temporale e tanto meno può
interessarlo fino a compromettere i beni eterni.
Egli è
pellegrino che aspetta Gesù nell’ultima ora della vita e l’aspetta
senza sapere quando venga. Deve dunque essere pronto a riceverlo,
facendosi trovare fedele, poiché tutta la vita è vana, anzi è
perdizione se non risponde alla sua divina volontà. Viene la
persecuzione, viene il ladro che vuole rubarci i beni eterni, e
l’anima rimane incrollabile e salda, pensando alla venuta del Re
immortale, al Giudizio e alla sentenza che Egli pronuncerà per noi.
Pietro,
ascoltando questa istruzione, domandò al Maestro se l’aveva detta
per tutti o solo per i suoi apostoli; egli avrebbe voluto intendere
meglio che cosa significava per loro essere vigilanti e attenderlo, e
domandò chiarimenti. Forse pensò che parlasse del suo regno
temporale da essi atteso. Gesù Cristo non gli rispose direttamente,
perché era chiaro che quell’istruzione riguardava tutti; ma gli
rispose aggiungendo al suo discorso quello che riguardava in modo
particolare gli apostoli, e in generale i ministri di Dio. Questi,
infatti, non debbono vigilare solo per loro, ma anche per gli altri,
dovendo essere dispensatori fedeli e prudenti dei doni di Dio alle
anime.
Gesù
Cristo esprime questo pensiero con un’interrogazione: Chi
credi tu che sia il dispensatore fedele e prudente?,
ecc.
Lo esprime così perché era circondato dagli scribi e farisei,
dispensatori infedeli e violenti. Egli voleva dirgli: «Credi tu che
ci siano dispensatori fedeli e prudenti che diano a ciascuno quello
che Dio elargisce per il bene delle anime?». E, senza scendere a
particolari rimproveri, insiste sul dovere che un ministro di Dio ha
di vigilare sulle anime e di compiere con grande accuratezza gli
uffici che ha dal Signore verso di loro, pensando al rendiconto
finale. Chi crede che la vita sia un divertimento o una ricerca dei
propri comodi e, lungi dal curare le anime le maltratta, dandosi ad
una vita disordinata, nel Giudizio sarà considerato come un infedele
e sarà punito.
Con uno
sguardo divino che abbraccia il futuro, Gesù guarda tutti i suoi
sacerdoti e li paragona a quelli dell’antico patto; questi possono
trovare un’attenuante nelle loro miserie, ma quelli, avendo
conosciuto la volontà di Dio e avendo avuto molto di più, saranno
puniti molto più severamente nel Giudizio, se avranno avuto la
sventura di essere infedeli. Il forte carattere di un sacerdote,
perciò, dipende dal concetto che egli si forma della missione che
riceve da Dio. Tutti sono pellegrini sulla terra e debbono essere
vigilanti, nell’attesa dell’ora di Dio; ma il sacerdote, oltre ad
essere pellegrino, è anche dispensatore dei beni celesti ed è
responsabile delle anime che gli sono affidate; egli, quindi, meno
degli altri fedeli può considerare la sua vita con leggerezza, o
condurla disordinatamente, quasi non avesse da renderne conto; egli
ha ricevuto più di tutti, e più di tutti sarà punito nelle sue
infedeltà.
Servo di Dio don Dolindo Ruotolo
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