sabato 14 dicembre 2013

L'ambasciata di san Giovanni Battista

Commento al Vangelo III Domenica di Avvento 2013 (Mt 11,2-11)

L’ambasciata di san Giovanni Battista
        Gesù Cristo era andato ad annunciare la buona novella nelle città della Galilea, accompagnando la sua predicazione con strepitosi miracoli, e raccogliendo sempre più, intorno a sé, un gran numero di seguaci. Questo dovette urtare la suscettibilità dei discepoli di san Giovanni Battista, i quali credevano di vedere in Gesù Cristo quasi un emulo del loro maestro.
        Il santo Precursore si trovava imprigionato a Macheronte nella Perea, per aver rimproverato Erode del suo adulterio e, non potendo sfatare personalmente le idee dei discepoli, pensò d’inviarli a Gesù perché la stessa parola viva del Messia li avesse convinti. Che sia stata questa l’intenzione di san Giovanni risulta chiaramente dal contesto e dall’elogio che di lui fece Gesù.
        Per la relativa facilità con la quale allora i prigionieri potevano corrispondere con le persone care, e per la maggiore libertà che gli dava Erode stesso, san Giovanni fu informato delle grandi opere che Gesù compiva, e questo accrebbe la sua fede in Lui, e gli fece desiderare maggiormente di glorificarlo dinanzi al popolo. Era stato mandato per annunciarlo e aprirgli la strada, e volle compiere, anche dal carcere, la sua missione, rendendo testimoni del Messia i propri discepoli. Questi andarono da Gesù in un momento nel quale Egli faceva molti miracoli e, parlando in nome di san Giovanni, dissero: Sei tu colui che deve venire, o ne dobbiamo aspettare un altro? La stessa domanda dimostrava la stima che il Precursore aveva di Gesù Cristo, poiché si rimetteva a Lui per una risposta come la più autorevole e santa che potesse avere.
        Gesù Cristo rispose con la testimonianza dei fatti che rispondevano alle profezie fatte sul Messia (cf Is 35,5ss e 61,1): I ciechi recuperano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono mondati, i sordi odono, i morti risorgono, i poveri sono evangelizzati.
        Era l’argomento più adatto a convincere i discepoli di san Giovanni, poiché il loro Maestro non aveva fatto miracoli e non poteva essere lui il Messia, come forse essi ammettevano, o per lo meno sospettavano. Ad essi sembrava che il loro maestro avesse un aspetto più austero e venerando e che il fare semplice e cordiale di Gesù fosse inconciliabile con la dignità di Messia, per questo il Redentore soggiunse: Beato chi non prenderà in me motivo di scandalo. Egli voleva dire: le opere parlano di me, ma io non cesso di essere ammantato di umiltà, e beato colui che, nonostante questo, mi segue e ascolta la mia parola.

Gesù Cristo elogia san Giovanni Battista
        La domanda fatta da san Giovanni per mezzo dei due discepoli, mandati per far loro toccare con mano la verità, poteva sembrare come un atto di sfiducia nella realtà del Messia da parte del Precursore. Per dissipare questo equivoco, Gesù ne fece l’elogio più bello, e lo fece dopo che gli ambasciatori di lui se ne andarono, perché il suo elogio non fosse apparso come una lusinga o un’adulazione. Le turbe erano andate dietro a san Giovanni, attratte dalla sua fama, e lo avevano seguito anche nel deserto dov’egli si ritirava; ora, che cosa erano andati a vedere? Forse un uomo incostante che, quasi come una canna sotto la raffica del vento, si lascia inclinare laddove il vento soffia?
        Egli, invece, era stato fermo contro la stessa perversità di Erode, e aveva compiuto con ferma fede la sua missione di Precursore, senza esitare un momento, come sarebbe potuto apparire dall’ambasciata da lui mandata.
        Che cos’erano andati a vedere? Un uomo vestito mollemente? Ma chi veste così sta nella casa dei re, dove la vita è spesso sensuale e leggera. Egli, invece, era l’esempio dell’austera penitenza, e col suo esempio insegnava a preparare l’anima alla redenzione, rinnegandosi. Egli non era solo un profeta, come lo stimavano le turbe, era più di un profeta, era colui che fu preannunciato da Malachia (3,1), come l’angelo, cioè il nunzio che doveva preparare le anime alla venuta del Messia, era l’ultimo e più grande rappresentante dell’Antico Testamento, il quale non annunciava o figurava il Messia futuro, ma lo additava presente. Per questa grande missione, da lui compiuta con fedeltà incrollabile, egli era il più santo di tutti i profeti e aveva una dignità che li superava tutti.
        Gesù Cristo conferma questa superiorità del Precursore sui profeti con gli effetti della sua missione: i profeti suscitarono la fede e la speranza nel futuro Messia; Giovanni, invece, attirò le turbe e le indirizzò verso il compimento delle antiche promesse, lo fece con tanto ardore che, dopo la sua predicazione, il regno dei cieli è diventato non un termine di aspirazione ma di conquista reale, e il desiderio della salvezza quasi una gara e una ressa per conseguirla.
        Il popolo, infatti, accorse sulle rive del Giordano, dove Giovanni predicava, domandò il battesimo di penitenza; cominciò a prepararsi a partecipare al regno di Dio, e letteralmente fece ressa e quasi violenza per avere il segno della penitenza. Giovanni, più che profeta, annunciava e cominciava a mostrare il compimento di quello che annunciava e di quello che era stato annunciato da tutti i profeti.
        Se Giovanni è più grande di tutti i profeti per aver attratto le turbe al regno di Dio, è evidente che il più piccolo di quelli che partecipano al regno dei cieli e ne vivono è maggiore di lui.
         Gesù non parla della santità di san Giovanni ma dell’ufficio che compiva, com’è evidente dal contesto; nelle sue parole c’è questa gradualità di dignità: il profeta che annuncia di lontano il regno di Dio; il Precursore che prepara le turbe perché vi entrino, e suscita il desiderio di farne parte; il cristiano che vi entra e fa parte dell’ordine nuovo, non solo desiderandolo, ma vivendolo. San Giovanni morì prima che la redenzione fosse compiuta, e la sua vita, benché santa, non ebbe i caratteri di quella grandezza che solo il Sangue e il sacrificio del Redentore poteva comunicarle. Se si pensa che il più piccolo fedele della Chiesa partecipa al Corpo e al Sangue di Gesù Cristo, s’intende perché è maggiore di Giovanni come dignità di carattere.
Don Dolindo Ruotolo

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