domenica 17 novembre 2013

La rovina di Gerusalemme

Vangelo della XXXIII Domenica TO 2013 C (Lc 21,5-19)

La rovina di Gerusalemme
        Gesù Cristo insegnava ogni giorno nel tempio e i discepoli ebbero occasione così di osservarne la magnificenza. Nei primi giorni non vi badarono troppo, perché attratti dalle parole del Maestro divino; ma, rivedendo il maestoso edificio e stando naturalmente un po’ più distratti dalla divina Parola per l’abitudine quotidiana di ascoltarla, ne notarono la bellezza e la segnalarono al Maestro con quel senso naturale di compiacenza e di orgoglio che si ha per una gloria nazionale.
        Gesù Cristo, lungi dal fermarsi sulla magnificenza dell’edificio, col suo sguardo divino ne guardò il dissolvimento e la rovina che l’avrebbero colpito a causa dei peccati del popolo e del delitto immane del deicidio che si accingeva già a consumare. Vide in quel tempio l’immagine del suo Corpo che sarebbe stato colpito dalla morte violenta e vide il castigo che avrebbe colpito il popolo con la rovina della città e del grandioso edificio; vide in questa rovina la figura e l’immagine della catastrofica fine del mondo, a causa dei delitti consumati nei secoli contro Dio, il suo Cristo e la Chiesa, suo Corpo mistico, e rispose annunciando le due catastrofi ed esortando i discepoli e i popoli sull’atteggiamento che dovevano avere in quelle immani sventure. Cominciando dal tempio e annunciando nella sua rovina quella di Gerusalemme, esclamò: Giorno verrà che di tutto questo che vedete non rimarrà pietra su pietra che non sia distrutta.
        Disse queste parole con tale accento di verità che nessuno di quelli che le ascoltarono osò dubitarne, e perciò gli domandarono quando sarebbe avvenuta quella rovina e da quali segni sarebbe stata preceduta. Facendo questa domanda, vollero inconsciamente assicurarsi se essi sarebbero stati travolti dalla catastrofe e sperarono di non esserne testimoni. Era troppo vivo il loro amore per la patria e per il tempio per non riguardare come suprema sventura il vederne la rovina; Gesù rispose a questa intima preoccupazione, disingannando essi e quelli che sarebbero venuti dopo di loro, perché la Chiesa che Egli fondava sarebbe stata esposta in ogni tempo alle persecuzioni, e nel mondo sarebbero successe in ogni tempo rovine.
        Pensare di non trovarsi presenti ad un cataclisma era speranza inattuabile per quelli che dovevano peregrinare combattendo e che in ogni tempo si sarebbero trovati di fronte ai disseminatori di errori, causa vera e prossima delle persecuzioni e dei castighi che ne sarebbero stati conseguenza.
        Perciò col suo parlare divinamente sintetico, rispose: Badate di non essere sedotti, poiché molti verranno sotto il mio nome, cioè come messia e come realizzatori di una rinnovazione universale, e diranno sono io, e il tempo è vicino.
        Molti falsi profeti crederanno di essere essi i dominatori universali, e annunceranno il tempo della prosperità del mondo, come anche molti, di fronte ai mali incalzanti in ciascun secolo, crederanno prossima la fine del mondo. Ma erreranno e saranno solo annunciatori di errori.
        Tanto il regno di Dio quanto la fine del mondo saranno preceduti da guerre e da rivoluzioni, ma queste non saranno un segno immediatamente prossimo, tanto della fine del dominio degli empi, quanto della fine del mondo; ne saranno solo una preparazione ed avverranno per purificare la terra e raccogliere gli eletti. Non saranno segni esclusivi di questi due grandissimi eventi della storia del mondo, perché in ogni tempo vi saranno guerre e sedizioni. La caratteristica delle guerre e delle rivoluzioni del tempo precedente il regno di Dio e la fine del mondo sarà l’universalità del flagello, accompagnato da pestilenze, carestie, segni spaventevoli nel cielo, e grandi prodigi sulla terra; cioè, probabilmente, grandi invenzioni che stupiranno il mondo. Perciò Gesù, dopo aver detto che vi saranno sempre guerre e sommosse, pur non essendo ancora la fine, accenna specificatamente ai caratteri di quelle che preluderanno alla fine dell’iniquità e alla fine del mondo: Si solleverà nazione contro nazione, e regno contro regno, cioè vi sarà una conflagrazione universale, una guerra universale, caratteristicamente tale per lo schieramento simultaneo di gruppi di nazioni contro gruppi di nazioni, e di gruppi di regni contro regni, coinvolgendo, quindi, repubbliche e monarchie.
        Questo cataclisma sociale sarà accompagnato da grandi terremoti, da pestilenze e da carestie. In ogni tempo vi sono stati terremoti, pestilenze e carestie, ma questi flagelli, nella grande conflagrazione, saranno simultanei alla spaventosa guerra universale.
        È una caratteristica che non potrà essere confusa con le solite perturbazioni del mondo e sarà tale da far capire che qualche cosa di eccezionale sopravverrà alla terra.
        Gesù determina anche meglio la natura delle due conflagrazioni finali, annunciando grandi persecuzioni contro la sua Chiesa e grande messe di martiri. E poiché Egli parlava ai suoi apostoli e discepoli che sarebbero stati i primi ad incontrare la persecuzione, trascinati avanti alle sinagoghe ed ai re della paganità, li esorta a non temere e ad affidarsi completamente allo Spirito Santo nelle contese che avrebbero avuto nei tribunali.
        Gesù Cristo promette loro una sua assistenza particolare specialmente nelle discussioni, assistenza che si è constatata sempre nella passione dei martiri, a cominciare dai primi fino a quelli gloriosissimi della Spagna, dei quali, può dirsi, siamo stati testimoni noi stessi.
        Gesù Cristo accenna alle persecuzioni che i suoi seguaci avrebbero subito persino da parte delle persone più care della famiglia, i genitori, i fratelli, i parenti e gli amici, a causa del suo Nome, e soggiunge che neppure un capello del loro capo sarebbe perito.
        L’espressione sembra a primo aspetto che contraddica quello che dice al versetto 16, poiché è evidente che, se dovevano essere uccisi, sarebbe perita tutta la loro vita corporale. Gesù, però, voleva dire che ogni tormento avrebbe prodotto un frutto di vita eterna e che neppure un capello del capo sarebbe perito inutilmente. I suoi martiri avrebbero poi riacquistato il loro corpo nella risurrezione e avrebbero riavuto tutto quello che avrebbero perduto per rendere testimonianza alla verità, e perciò soggiunse: Con la vostra pazienza salverete le anime vostre. La costanza nel patire per Dio, la pazienza nelle sofferenze, il sacrificio generoso di ciò che avevano di più caro avrebbe loro dato un godimento eterno nel cielo, e allora tutte le pene sofferte sarebbero sembrate nulla, e tutto ciò che avrebbero perduto sarebbe sembrato un guadagno inestimabile.

Siamo al periodo storico predetto da Gesù?
        Questo ha promesso Gesù ai suoi seguaci e, nonostante abbia inalberato il vessillo sanguinoso della croce, ne ha avuti un numero immenso. È la caratteristica della verità. I mestatori o fanatizzano o promettono gloria e vantaggi terreni; Gesù Cristo, invece, dà ai suoi un sentiero di spine e di sacrifici in una grande pace e serenità, di modo che essi percorrono un cammino doloroso non solo senza agitarsi, ma senza pensare neppure alle risposte da dover dare ai persecutori. È la caratteristica di quelli che, con calma, si affidano a Dio e che non fanno gare di inconsulti ardimenti ma, consci della propria debolezza, si abbandonano alla misericordia di Dio e alla forza soprannaturale che viene loro dallo Spirito Santo.
        Possiamo dire noi che siamo già al periodo storico della vita della Chiesa predetto da Gesù? Tutto lo fa supporre, poiché, in mezzo alle guerre e alle rivoluzioni dei popoli, noi abbiamo assistito e assistiamo ad una grande fioritura di martiri. La guerra, poi che è scoppiata dolorosamente il 3 settembre di questo anno 1939 comincia già ad avere un carattere universale, e il modo col quale disgraziatamente oggi si combatte è precisamente quello di popolo contro popolo e nazione contro nazione.
         Non sono solo gli eserciti che irrompono, è tutto il popolo e tutta la nazione, trasformata in un cantiere di armi e in un campo di battaglia. Il modo, poi, com’è condotta una guerra universale fa già intravedere che essa avrà come conseguenza le epidemie e la fame, poiché oggi si giunge all’inaudita barbarie di avvelenare le città con i gas e di mandarvi giù dagli aeroplani palloncini carichi di microbi pestilenziali. Inoltre, quando la conflagrazione sarà nel pieno sviluppo, sarà arrestato ogni commercio e la fame per necessità si farà sentire spaventosamente per tutta la terra. Non saranno le solite carestie, ma sarà una fame generale, perché una guerra generale distruggerà in ogni parte la produzione e la ricchezza. È necessario pregare, pregare, e se ci dovessimo trovare sino al fondo di queste tribolazioni, dovremo sollevare gli occhi a Dio solo, convertirci sinceramente a Lui, e sospirare alla vita eterna.
Servo di Dio Don Dolindo Ruotolo

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