sabato 20 settembre 2014

Gli operai del regno di Dio

    Commento al Vangelo della XXV Domenica TO 2014 C (Mt 20,1-16)

Gli operai del regno di Dio
Gesù Cristo, parlando della mercede che avrebbero avuto i suoi fedeli seguaci, aveva detto che molti dei primi sarebbero stati gli ultimi, e molti degli ultimi i primi (19,30). Queste parole erano indirettamente la risposta a quella certa presunzione che aveva avuto san Pietro, domandando quale premio sarebbe spettato loro per aver lasciato tutto. San Pietro aveva parlato in quel modo per sconsideratezza, e Gesù, nella sua dolcezza, non lo aveva rimproverato, anzi gli aveva risposto secondo il suo desiderio; Egli, però, non poteva far passare senza una rettifica quella pretesa di avanzare un diritto di fronte alle elargizioni della grazia e, con una parabola, spiegò anche meglio come i primi potevano essere gli ultimi e gli ultimi – i quali, senza pretendere nulla, si rimettono con umiltà alla generosità del Signore –, potevano diventare i primi. Egli, così, rivelava un segreto dell’economia della grazia che è sempre misericordia, e della nostra corrispondenza che ha per fondamento l’umiltà e il servire al Signore per amore.
In tutte le parabole, Gesù Cristo utilizzava o un fatto realmente successo o le circostanze degli usi locali, in modo da presentarli con i caratteri psicologici di un fatto reale, e renderne più completa l’applicazione che voleva farne.
La parabola che raccontò per mostrare che gli ultimi sarebbero stati i primi e i primi gli ultimi forse ebbe come fondamento la scena reale di operai che attendevano lavoro su una delle piazze per le quali Egli passò.
Anticamente, infatti, gli operai si trattenevano in piazza con gli arnesi del loro mestiere, e si offrivano pronti a chi li avesse reclutati, dopo aver pattuito il prezzo della giornata. Gesù, nel vedere quell’assembramento, o riferendosi all’uso che vigeva, rivolto ai suoi cari, disse: Il regno dei cieli è simile ad un padre di famiglia, il quale uscì di buon mattino per assoldare lavoratori per la sua vigna. Trovò sulla piazza i primi che vi si erano radunati e, pattuita con essi la mercede di un denaro, cioè di circa 78 centesimi, li mandò nella sua vigna. La paga, per quei tempi, era normale e poteva dirsi anche vistosa. Non bastandogli ancora gli operai reclutati, uscì verso l’ora terza, cioè alle nove, per chiamare altri e, trovatili disoccupati, promise loro una giusta mercede, e li mandò nella sua vigna. Lo stesso fece all’ora sesta e nona, cioè alle dodici e alle tre. È evidente, dal contesto della parabola, che il padrone reclutò gli altri operai anche per un sentimento di misericordia, vedendoli disoccupati, e perciò verso l’undicesima ora, cioè un’ora prima del tramonto, ritornò in piazza e, visti degli operai che oziavano perché nessuno li aveva chiamati, li mandò nella sua vigna a fare almeno l’ultima ora di lavoro.
Venuta la sera, il padrone ordinò al suo fattore di pagare gli operai, cominciando dagli ultimi, e dando loro un denaro. Egli volle, in tal modo, aiutarli nella loro povertà, e supplire, con la sua generosità, al lavoro che essi non avevano potuto fare per non essere stati chiamati in tempo. I primi venuti si aspettavano una paga maggiore, ma ebbero anch’essi un denaro, secondo il patto stabilito. Ricevutolo, cominciarono a mormorare contro il padrone e lo tacciarono d’ingiustizia verso di loro, mentre egli era stato solo misericordioso verso gli altri. Ascoltando quelle mormorazioni, il padrone si rivolse a uno che forse parlava a nome di tutti, e gli fece riflettere che non aveva ragione di lamentarsi, avendo avuto quello che gli spettava né doveva essere cattivo solo perché il padrone era buono.
Gesù chiuse la parabola dicendo: Così gli ultimi saranno i primi, e i primi gli ultimi, poiché molti sono i chiamati ma pochi gli eletti. Queste ultime parole: molti sono i chiamati ma pochi gli eletti, mancano nei codici più antichi, e si trovano in altri. Alcuni credono che formino la conclusione di un’altra parabola (22,14) e che qui siano spostate; esse, invece, formano la chiusa logica del pensiero altissimo che Gesù intese dire nella parabola, come subito vedremo.
È evidente, infatti che la moralità del racconto del Redentore sta in quelle parole: Gli ultimi saranno i primi e i primi gli ultimi, e che l’accenno ai chiamati e agli eletti si riferisce al pensiero del Redentore che nella parabola esponeva l’ordine della divina provvidenza e della divina grazia nell’elezione delle anime.
    
Padre Dolindo Ruotolo

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