domenica 8 gennaio 2017

Il Battesimo di Gesù

 Commento al vangelo di Matteo 3,3-4 S. Matteo 

 Il Battesimo di Gesù

Mentre Giovanni parlava, ecco Gesù venire verso di Lui per essere battezzato; veniva ammantato di umiltà, e perché caricato dei peccati di tutti, veniva per accomunarsi ai peccatori, meritando loro il perdono, ma dalla sua persona traspariva un raggio della divina Maestà, ed il Battista si rifiutò di battezzarlo, dicendogli che egli aveva bisogno di essere battezzato da Lui. Ma Gesù insistette, volendo adempire ogni giustizia, cioè volendo compiere la divina volontà e desiderando dare al popolo l'esempio di ogni virtù; insistette con tanta risolutezza che Giovanni lo battezzò. Allora si aprirono i cieli, lo Spirito Santo discese sul capo di Gesù come colomba luminosa, e la voce del Padre lo proclamò Figlio suo prediletto; era la luce della Santissima Trinità che illuminava la terra; il Padre si manifestava nella voce solenne, il Figlio Incarnato, e lo Spirito Santo nella colomba. Giovanni aveva ricevuto il segno certissimo della divinità di Gesù, e quel segno forse riservato a Lui solo, infiammò la sua parola di novello zelo nell'additare al popolo il Salvatore del mondo.
 Il cammino dell'anima e dell'apostolo: aprire il cuore alla grazia con la penitenza, purificarsi e rinascere
La nostra innocenza originale fu rovinata dal primo peccato, e l'innocenza riconquistata per il Battesimo fu rovinata dai nostri peccati; l'anima divenne un deserto, ed in questo deserto si levò la voce della grazia e della misericordia del Signore, Giovanni, per chiamarla a penitenza ed a vita novella. Le interne ispirazioni, la voce delle tribolazioni della vita, conseguenza del peccato, e la voce dei ministri del Signore rappresentano la misericordia che chiama e sono un dono della grazia che ci vuole rinnovare. Non si può presumere di rinascere senza preparare le vie al Signore, e bisogna ricevere prima il mistico Battesimo dell'umiliazione ed immergersi nei sentimenti di compunzione, per attrarre e rendere salutare la misericordia che ci rinnova. Nessuno si converte a Dio da una vita disordinata se non prepara il suo cuore, e se non trova chi lo esorta ad umiliarsi, e gli fa l'ufficio caritatevole di Precursore della misericordia.
L'apostolato laico e il ministero sacerdotale
Gli apostoli laici dell'Azione Cattolica sono come i precursori della grazia nelle anime: vanno nel deserto del mondo; non apportano la salvezza ma la preparano, non rinnovano le anime ma le umiliano salutarmente, facendo loro riconoscere l'abisso nel quale sono cadute,, e le esortano alla penitenza. Essi non possono presentarsi ammantati di mondo, non possono partecipare alla sua vita, ma nell'umile penitenza, nella preghiera e nel disprezzo delle cose terrene debbono rendere penetrante ed efficace la loro opera di richiamo.
Se questo si dice di un'anima che compie un apostolato, molto più deve dirsi di un sacerdote che è ministro della grazia. Se non è rivestito di preghiera e di penitenza, grida invano al mondo, e se non ha cinti i lombi di castità, come Giovanni li aveva cinti di cuoio, invano insinua la purezza della coscienza.
L'apostolato precursore della grazia e il sacerdote debbono cibarsi di penitenza e di dolcezza, per penetrare le anime ed attrarle a Dio. Non è senza ragione che è notato che san Giovanni si cibava di miele; la sua austerità era come temperata da quella dolcezza semplice, e il cibo della penitenza era condito di soavità. Chi zela la salvezza delle anime non può indulgere alla carne, non può cedere al mondo; deve andare contro corrente, ma deve pure condire con la dolcezza la sua severità, al fine di renderla salutare e penetrante.
Il cammino della rinnovazione interiore comincia al Giordano, che significa fiume del giudizio, che mostra e respinge il giudizio, la discesa.Precisamente: l'anima comincia col giudicare se stessa nel rimorso delle proprie colpe; mostra alla coscienza il giudizio di Dio, e respinge quello del mondo, discendendo nel pensiero della propria nullità. Dopo essersi esaminata immergendosi quasi nel pensiero delle proprie colpe, le confessa prima a se stessa, rifuggendo da qualunque scusa, e si prepara a confessarle al ministro di Dio. È importantissimo il riflettere che i penitenti del Giordano confessavano le loro colpe a san Giovanni, poiché anche nel preludio della redenzione le anime già si confessavano. Come possono dire i poveri protestanti che la confessione sia un'invenzione dei sacerdoti, e come possono pretendere di confessarsi solo a Dio?
Vennero sulle rive del Giordano anche i farisei, i separati, osservatori scrupolosi di precetti esterni, e i sadducei, i giusti, che pur menando una vita pagana, pretendevano di essere giusti. San Giovanni inveì contro di loro, chiamandoli razza di vipere, e li esortò a fare frutti degni di penitenza. Essi dunque nel movimento di generale rinnovazione e di salutare penitenza, rappresentavano i disturbatori, come sono un disturbo ed un ostacolo al ritorno sincero al Signore sia gli scrupoli farisaici, sia la presunzione di essere giusti e di non avere nulla da riformare nella propria vita. Bisogna porre la scure alla radice dell'albero, e sradicare dal proprio cuore ogni cattivo germe per rendersi capaci di essere accolti nel regno dell'eterna gloria.
Quando l'anima si umilia nel riconoscimento sincero delle proprie colpe, allora viene a lei Gesù Cristo, come andò sul Giordano, e compie Egli la penitenza dell'anima, perché in realtà la nostra rinnovazione si compie per i suoi meriti e per la sua espiazione. Può dirsi veramente che Egli si fa battezzare nella penitenza, rinnovando nelle anime le misericordie del Calvario, e per Lui viene a noi la grazia dello Spirito che ci rende nuovamente figli di Dio ed oggetto delle sue compiacenze. Il cammino dell'anima peccatrice non potrebbe essere meglio tracciato: grida una voce nel deserto del suo cuore, una voce austera, quasi Giovanni rivestito di peli di cammello, la voce della grazia che si fa sentire attraverso le tribolazioni della carne, figurate in quel rozzo vestito stretto ai lombi; le tribolazioni la richiamano alla penitenza, ed essa prepara la via alla rinnovazione interiore umiliandosi. Corre al Giordano da Gerusalemme e dalla Giudea, cioè innanzi alla visione della pace eterna ed al dovere che ha di lodare Dio l'anima si giudica e s'immerge nella considerazione delle proprie colpe. Il demonio cerca di turbarla o con le minuzie dell'esame di coscienza, o con la presunzione di non avere colpa; la illude con una falsa speranza, come illude i poveri protestanti, che sperano la salvezza dalla semplice loro qualità di cristiani, o dal semplice fatto di discendere dal Cristo; ma l'anima retta ascolta il richiamo di Dio, confessa le sue colpe, brucia la paglia delle sue miserie nel fuoco del dolore, ed allora Gesù Cristo viene a lei, la giustifica, le dona i suoi meriti, le attira la grazia e la rende nuovamente figlia di Dio.
Quello che Dio fa con le anime lo fa anche con le nazioni quando vuole richiamarle alla vita cristiana: le tribolazioni le scuotono, la voce degli apostoli della verità le illuminano, ed esse, strette dalle angustie terribili che loro cagiona il male, sentono il bisogno di ritornare alla Chiesa. A noi sembra oggi di vedere tutte le nazioni in gravissimi dissesti ed è vero, ma questi dissesti le preparano a poco a poco a riconoscere la loro miseria morale; forse le nazioni che più sembrano confuse dal regime di barbara oppressione sono quelle che sono più vicine ad essere rinnovate dalla misericordia, e il battesimo di umiliazione e di dolore che le tormenta è forse il primo passo negativo verso un ritorno del Redentore in mezzo a loro. Invece di turbarsi bisogna pregare, e invece di credere fallita l'azione della Chiesa, bisogna sperare, e preparare la rinascita con le nostre preghiere e la nostra penitenza.
Non c'è opera di Dio che non abbia un periodo di preparazione, e questa preparazione è proporzionata ai fini del Signore. Certi avvenimenti penosi della vita possono sembrare un'oscura fatalità, ed invece sono la voce che grida nel deserto del cuore per prepararlo alla missione che Dio esige da lui. Umiliamoci e rispondiamo alla voce del Signore, offrendoci sempre pronti alla sua volontà. Voci che gridano nel deserto sono quelle che contrastano con la nostra natura e ci costringono ad aspirare a Dio: le incomprensioni, le piccole o le grandi tempeste della vita familiare, le croci giornaliere, i disinganni dell'amicizia, tutto ci grida che siamo del Signore e dobbiamo preparare la via alla sua grazia perché ci faccia veramente santi. Se il Signore ci chiama ad una missione più grande, la preparazione è più ardua, ed allora capitano nella vita quegli eventi che sembrano strani: persecuzioni, angustie di spirito, umiliazioni terribili; bisogna in questi casi operare, amare, umiliarsi e lasciarsi condurre dal Signore per cooperare all'avvento del suo regno ed alla sua glorificazione nel mondo. Tante vocazioni sublimi ed opere grandi di bene falliscono quando non si ascolta la voce che chiama e prepara; perciò è necessario lasciarsi condurre con mano dalla volontà di Dio, e vivere con pieno abbandono alle sue disposizioni, anelando solo alla sua gloria, e guardando la meta finale del nostro angoscioso cammino, che è la gloria e la felicità eterna.
Padre Dolindo Ruotolo

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